La Cascina Cuccagna compie 10 anni. Un'isola felice o un format economico e di politica mista?
Risale alla metà del 1600, ora è a quindici minuti a piedi da piazza Duomo. È un modello sostenibile?
Gran festa della Cuccagna, per un nome che sa di Bengodi e per un luogo per certi versi unico (ecco, appunto, la domanda: è ripetibile?) di Milano. Gran festa per i dieci anni della Cascina Cuccagna, da oggi a domenica 19. Il nome viene probabilmente, non dall’albero ma “dalla coincidenza urbanistica del vicolo Cuccagna”, spiega al Foglio Andrea Di Stefano, presidente dell’Associazione Consorzio Cantiere Cuccagna. Una storia di pubblico-sociale che ha fatto da apripista ed esperimento per Milano. Un’antica struttura agricola rimasta imprigionata dietro a Porta Romana, e la prima fra quelle di proprietà del demanio recuperate tramite un bando del Comune – oltre 3 milioni di euro investiti per il restauro dall’Associazione, di cui circa 250 mila euro raccolti in fundraising. E oggi si tirano le somme di dieci anni di attività, aprendo anche un nuovo vivaio e una libreria.
E’ una specie di miracolo, la Cuccagna, un colpo di fortuna destinato a poche repliche, o è un modello di investimento urbano e sociale riproducibile? E in che modo? Lo chiediamo a Andrea Di Stefano. “Tutto parte proprio dal bando, il Comune per la primissima volta metteva a disposizione un bene dell’amministrazione con l’obiettivo di far realizzare a dei privati una ristrutturazione di un bene pubblico per restituirlo alla città”. C’era anche la richiesta di una componente di progettualità sociale che dava diritto a un punteggio ulteriore, ma l’elemento innovativo, si parla del 2009, “era quello dell’amministrazione che si poneva un interrogativo su un suo immobile inagibile, e faceva un appello a quelli che avremmo poi chiamato gli stakeholder territoriali. Affinché presentassero un progetto che si facesse carico della ristrutturazione conservativa e della sua riattivazione”.
Cascina Cuccagna risale alla metà del 1600, ora è a quindici minuti a piedi da piazza Duomo. Era stata l’officina botanica dei frati del Fatebenefratelli, poi una stazione di posta e una drogheria. Poi la cattiva gestione, una serie di crolli. Ma non era mai stata completamente abbandonata, anzi fu la sede di uno dei primi ristoranti di cucina giapponese in città e per un lungo periodo ci fu L’osteria dei naviganti e suonatori”. Ma il Comune – si era già in epoca di spending review e la rigenerazione urbana non era ancora diventata un “albero della cuccagna” del Pnrr – soldi per investire direttamente non ne aveva. Così che nasce un nuovo modello. “L’allora Consorzio Cascina Cuccagna vinse il bando con un primo finanziamento molto consistente da parte di Fondazione Cariplo, senza il quale non sarebbe stato possibile avviare la ristrutturazione durata oltre tre anni e lavori per 3 milioni di euro”. Ci ha guadagnato in primis l’amministrazione “che ora ha un bene ristrutturato, efficiente, molto frequentato e famoso anche da un punto di vista architettonico. Il restauro è stato firmato dall’architetto Dezzi Bardeschi, uno dei luminari per i beni storici”.
E poi ci ha guadagnato l’economia della città, spiega Di Stefano. “Facendo un calcolo approssimativo e considerando la movimentazione economica che produciamo, i posti di lavoro che abbiamo creato, più di 80, riteniamo che in questi dieci anni, tra 80 e 100 milioni di euro di pil in più siano arrivati proprio da Cascina Cuccagna”.
E’ un modello sostenibile? “Certo, ovunque. E poi abbiamo scoperto che abbiamo dei ‘parenti’ in giro per l’Italia e in Europa. La Cascina Mirafiori a Torino, Hackney City Farm a Londra. A Milano c’è qualche cosa di simile nell’esperienza di Mare Culturale Urbano a Trenno, e in parte anche Base che nasce dalla stessa matrice culturale. Noi la vediamo come una sorta di flagship dimostrativo che potrebbe essere utilizzato per interventi simili su tutto il territorio”. Un meccanismo che ha dato frutti. “Ci hanno creduto cittadini singoli e imprese che negli anni hanno scelto Cascina Cuccagna e hanno dato contributi importanti”. Ogni anno circa 600 persone transitano dalla Foresteria, e sono 15 le borse lavoro attivate a favore di donne detenute, mentre un’altra decina di progetti riguarda l’inserimento professionale di persone svantaggiate. Si stanno raccogliendo fondi (già 25 mila euro) per il progetto di Falegnameria. Ciò che non può più fare il welfare comunale, può rinascere in luoghi di cuccagna.