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Gran Milano

Milano pesante e in frenata mentre Bergamo vola. Due modelli

Daniele Bonecchi

Tra le due città lombarde non c'è competizione, ma complicità. Sono due esempi di sviluppo urbano diverso, pur essendo così vicine da influenzarsi a vicenda

I detrattori da campagna elettorale, in servizio permanente effettivo, lo chiamano il sindaco della Ztl, ma Beppe Sala è riuscito a far ripartire la macchina del Pil (gli uffici si riempiono fino a nuovo ordine e le aziende ci provano, gas permettendo) portando tra l’altro a Milano, nel periodo estivo, oltre un milione di visitatori stranieri e facendo l’ennesimo en plein degli hotel nel weekend del GP di Monza e di Jovanotti a Bresso. Però il modello Milano, e metropolitano, non manda soltanto segnali positicia. Anzi. La città è schizzata al primo posto nel costo della vita, abitarci ormai un puro lusso (studenti fuori sede compresi), mentre le periferie – lungi dall’essere una priorità – soffrono il degrado di sempre. Lo psicoanalista e sociologo Luigi Zoja – intervistato da Repubblica – ha scattato questa istantanea di Milano: “E’ una città del lavoro dove si viene a guadagnare e dove a trent’anni si fatica a ritmi vertiginosi. Uno se vuole figli ne fa più avanti e magari altrove”.

  

Intanto a una manciata di chilometri dal capoluogo lombardo, Bergamo, guidata dal sindaco che veste gli stessi colori Giorgio Gori, offre una qualità della vita davvero molto diversa, e soprattutto dà maggiori segnali di progettualità. Certo, ovvio, il confronto è anomalo, perché Milano cuba un po’ più di un milione e 300 mila abitanti, mentre Bergamo ne ospita 120 mila. le necessità anche sociali sono paragonabili solo con misure di scala. E anche i rispettivi hinterland pesano diversamente, seppure la Bergamasca non sia un giardino. Ma mentre Milano pare moltiplicare i suoi problemi, la seconda migliora a vista d’occhio.

 

Per Sergio Cavalieri, rettore dell’università degli studi di Bergamo – che si è formato al Politecnico di Milano e ha alle spalle un percorso straordinario anche come ricercatore  – “la città sta vivendo una ripresa che mette in luce le caratteristiche del nostro territorio, mostrando la capacità di rigenerarsi, superando i momenti più bui. La società bergamasca – famiglie, imprese, giovani – ha reagito trovando le motivazioni per rigenerarsi. Lo si vede dalle presenze in città, dal fermento culturale, dalla presenza di turisti stranieri: Bergamo ha assorbito la multiculturalità tipica di Milano che oggi viene valorizzata con la voglia di essere coinvolti in un clima estremamente positivo. Bergamo poi è diventata la porta della Lombardia grazie all’aeroporto di Orio al Serio. Prima i turisti e gli uomini d’affari, arrivati allo scalo bergamasco, andavano direttamente a Milano. Adesso invece vengono in città e spesso ci restano per vivere la città. Così un’area che aveva e mantiene forti radici industriali ha scoperto il turismo”.

 

Il rettore dell’ateneo bergamasco parla anche della sua università: “Negli ultimi dieci anni abbiamo quasi raddoppiato il numero degli studenti, con la metà che arriva da fuori regione o dall’estero. Siamo una porta d’ingresso al mondo del lavoro – la disoccupazione qui in molti settori è al 3 per cento – dunque c’è fame di giovani specializzati. Qui si vive bene, e c’è un costo della vita competitivo: il posto letto per gli studenti è la metà di Milano. Riusciamo a garantire una sostenibilità economica ai nostri giovani”. All’orizzonte c’è il grande evento “Bergamo e Brescia città della cultura”. “L’evento dell’anno prossimo non è il futuro ma già il presente. Archiviato il campanilismo abbiamo stretto i tempi di un dialogo estremamente produttivo, una scelta essenziale per dare unicità al nostro territorio e alle nostre valli. Il Pnrr poi ci ha aiutato a mettere assieme realtà molto simili che sia nella valorizzazione turistica che nella vocazione industriale”, conclude Sergio Cavalieri.

 

Vivibilità, costo della vita e capacità di costruire un futuro per i giovani sono determinanti. Poi ci sono le grandi infrastrutture. Milano, che col traffico ha sempre dovuto fare i conti, si giova di una seconda tangenziale e di una rete autostradale moderna. Il sistema aeroportuale milanese punta su Malpensa, in provincia di Varese. E poi c’è Linate, fiore all’occhiello della città, verso il quale sta per essere aperta e completata la M4. Ma voli e passeggeri faticano a ritornare ai livelli pre Covid, mentre il più snello Orio corre.

  

Al punto che l’Anac, nel più recente Piano per gli aeroporti, ha previsto di ridimensionare il city airport di Linate, a favore di una ottimizzazione di Malpensa. Scelta, dal punto di vista imprenditoriale, ineccepibile e condivisa dalla Sea, ma che si materializza proprio ora che per arrivare a Linate i milanesi ci metteranno dieci minuti. Invece l’aeroporto di Orio al Serio, terzo scalo italiano per traffico passeggeri alle spalle di Fiumicino e Malpensa, diventa sempre più grande con nuove infrastrutture. E ora sogna, ma è un sogno destinato a diventare realtà entro qualche anno, il collegamento con il sistema dell’alta velocità ferroviaria. Ed è stata aperta anche una nuova ala destinata ai voli Schengen. A beneficiarne è tutto l’esteso e popolato (e produttivo) territorio, ormai sempre più integrato ma senza le pastoie della mal funzionante Città Metropolitana. Certo, Milano deve affrontare problemi da metropoli. Ma anche l’agilità conta.

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