GRAN MILANO

Come non vincere al Pirellone: breve spiega per la sinistra

Fabio Massa

Tre partiti divisi e nemici, ma che insieme sarebbero maggioranza in Lombardia. Idee e niet incrociati: tutte le interviste

Per dirla con Fortebraccio, dalle parti del centrosinistra c’è una “illimitata capacità di straziarsi”, in vista delle regionali. Mille struggimenti, mille scuse, mille arroccamenti in una compagine che parte un bel po’ in svantaggio (almeno nei risultati delle elezioni politiche).

Tanti punti ma, a leggere bene, non tantissimi voti: 400 mila tra centrodestra e centrosinistra in Lombardia. A patto che la sinistra sia tutta unita, dal Pd al M5s a Italia Viva-Azione. E qui cominciano i problemi. Spiega Niccolò Carretta, consigliere regionale di Azione, al Foglio: “Non è possibile in nessuna maniera che nella stessa coalizione ci siano il M5s e noi”. Conferma Dario Violi, coordinatore regionale dei 5s, sempre al Foglio: “Non solo le nostre politiche sono diverse, ma io con un soggetto come Calenda che nasce per attaccare tutti, che si fa candidare dal Pd e poi gareggia contro il Pd, non mi siederei neppure a bere un caffè”. Risultato? Sempre guardando i voti assoluti (ma c’è da tenere d’occhio l’astensionismo, vero player della prossima contesa), il centro-sinistra potrebbe perdere o i 350 mila voti pentastellati oppure i 510 mila voti calendiani. Domanda a Vinicio Peluffo, segretario regionale del Pd: c’è una speranza, andando divisi, di vincere le regionali?. Risposta democristiana (ma argomentata): “La novità rispetto alle precedenti elezioni è che saranno consultazioni unicamente per la Regione. Non ci sarà trascinamento. E’ una grande opportunità per noi: parleremo e ragioneremo con gli elettori delle mancanze della Regione e delle proposte che vogliamo presentare. C’è uno spazio politico nuovo e più ampio. Dopodiché sono convinto che una proposta credibile è data dai contenuti, ma anche da una coalizione ampia”.

Per costruire la coalizione, secondo Pierfrancesco Maran che ha lanciato non una pietra ma un vero e proprio totem nello stagno, ci vogliono le primarie. Che, diciamolo chiaramente, non sono solo una battaglia per le regionali ma anche un modo per cercare di far uscire il Pd dall’angolo in cui si è messo con la gestione Letta e la sconfitta alle politiche. Ma, anche sulle primarie, è strazio illimitato. Carretta (Azione): “Diciamo no alle primarie. Non siamo interessati a cose che servono solo al Pd per regolare le sue questioni interne. Stimo molto Maran, ma è il dibattito non ci riguarda“. Violi (M5s): “No alle primarie. Se le primarie sono il pre-congresso del Pd noi non siamo interessati”. Al solito Peluffo prova a metterci una pezza: “Io sono affezionato alle primarie, sono legato indissolubilmente a uno strumento nel quale credo. Ho fatto il presidente del Comitato nuova stagione per Walter Veltroni segretario del Pd. Nel 2018 sono stato scelto segretario con le primarie del Pd lombardo. Ma oggi stiamo parlando di allargare la coalizione, e quindi di coinvolgere altre forze politiche. Non ci possono essere primarie interne. Non possiamo imporgliele, proveremo a convincerli”. Auguri. Quando? “Entro la prossima settimana, spero”. Certo, sette giorni sono lunghi. Soprattutto se Carlo Calenda inizia a definire gente come Giorgio Gori “migliorista” del Pd. Commenta Peluffo: “Per chi come me viene dal Pci e poi dal Pds e Ds la parola migliorista fa riferimento a una esperienza storica definita, che era una corrente guidata da Giorgio Napolitano. Dopodiché mi sembra che il significato che Calenda dà alla parola migliorista sia per esprimere una cultura politica riformista, aggettivo su cui vale la pena riflettere. Con tutto quello che è capitato in questi anni, dalla crisi economica alla pandemia al ritorno della guerra in Europa, anche il concetto di riformismo è cambiato”.  

Chissà, sotto il riformismo potrebbe iscriversi anche Letizia Moratti, se il piano inclinato del centrodestra regionale la porterà fuori dalla giunta dopo la formazione del governo. I rumors e i boatos dei corridoi parlando dei terzopolisti milanesi in subbuglio. Dopo una assemblea assai partecipata che indica l’inizio del radicamento sul territorio, uno degli argomenti di dibattito principali è proprio l’eventualità che Letizia Moratti possa candidarsi con il Terzo polo. Carretta frena, anche se Calenda potrebbe accelerare. “E’ un tema oggi tutto dentro al centro destra. Vediamo se e come si pone fuori dalla giunta. Ma io non me la vedo correre per perdere. Quindi immagino che, se davvero correrà. voglia  costruire una coalizione larga per vincere”. Una coalizione con chi? Sicuramente ci sarà Manfredi Palmeri e il suo gruppo. Ma non basta. Se deve correre contro il centrodestra per avere una chance di vittoria ci deve essere necessariamente il Pd. Peluffo su questo è netto: “E’ evidente che gioca nel campo avverso. Non c’è alcuna novità da questo punto di vista. Certo, da oppositore dico che è interessante che Moratti affermi di essere stata chiamata perché le cose non funzionavano”. Compagna Letizia? Calma. Così come è interessante aver registrato, proprio sul Foglio, la disponibilità del sindaco di Brescia Emilio Del Bono, anche con le primarie. “E’ una grande persona – gioisce Peluffo – Ne ho la massima stima”. Addio Cottarelli? Nicchia: “Il metodo e il nome lo decideremo insieme agli altri“. Gli altri chi, però? E ricomincia il gioco dell’oca.