Foto di Mourad Balti Touati, via Ansa 

Gran Milano

Cliché green. Così gli studenti del Poli smascherano la narrativa dei rendering urbanistici

Paola Bulbarelli

Lo scopo del Laboratorio di Sintesi Finale è fornire strumenti per interpretare in modo critico le tematiche dei progetti nel contesto delle trasformazioni culturali, sociali e tecnologiche

Monitorare i rendering, studiarli nei minimi particolari e rilevarne le eventuali incongruenze. È quello che si prefigge il progetto (diventato un elaborato d’esame) di sei studenti del Politecnico (“So Cliché”, titolo tecnico: “Racconti verdi, la comunicazione della sostenibilità nei progetti di architettura”). A leggerlo, nulla farebbe pensare alla pignoleria con cui Francesco Battistoni, Carlo Boschis, Federica Inzani, Federico Meani, Mattia Mertens, Ottavia Robuschi con la supervisione del professor Michele Mauri hanno fatto le pulci a ben 12 mega progetti che parlano della Milano del futuro. In pratica, hanno toccato con mano quanto possano essere non veritiere, ma senza dubbio coinvolgenti, quelle rappresentazioni 3D che riguardano riqualificazioni e totali rivisitazioni di varie parti della città.

 

“Per essere precisi – spiega al Foglio Carlo Boschis – è stata fatta una analisi nel contesto del Politecnico all’interno di un corso che si chiama Final Synthesis Design Studio della laurea magistrale in Design della comunicazione”. Lo scopo del Laboratorio di Sintesi Finale è quello di fornire strumenti utili per interpretare in modo critico le tematiche del progetto nel più ampio contesto delle trasformazioni culturali, sociali e tecnologiche (nuovi stili di vita, nuove configurazioni tipologiche). E i rendering, generati al computer, comunicano progetti futuri e convincono il pubblico: un artefatto che media tra la retorica del progetto e lo spazio fisico reale. “Dovevamo affrontare progetti che riguardassero la visualizzazione di dati e in particolare il tema che era stato proposto al nostro gruppo era quello di analizzare le green narrative all’interno dei render, quindi analizzare il modo in cui il green veniva comunicato. Ovviamente guardando un progetto green avremmo trovato gli aspetti più ovvi della narrativa sulla tematica; allora ci siamo chiesti quali fossero invece gli aspetti meno ovvi, e da quello siamo partiti: per analizzare le persone”.

 

I futuri laureati sono andati oltre i concetti come “lavori verdi”, “città verde”, “verde intelligente”, “mobilità verde”. “Abbiamo analizzato le persone che vengono inserite e presentate nei render in base a categorie arbitrarie. La creazione di nostre categorie ha dato luogo a dati interessanti: se si conosce la zona di Milano interessata, si vede che tra qualche anno, quando sarà finito il progetto, i conti non sempre tornano”. Dove stanno le differenze? “Personalmente, credo che dovendo vendere – ad esempio in piazzale Loreto devono vendere gli spazi commerciali – vogliono avere l’attenzione di un certo tipo di pubblico; stesso discorso se dovessero commercializzare appartamenti. Si tende a rendere tutto più appetibile. A esempio, per noi che veniamo da Bovisa, dato che il Politecnico si trova lì: il render del progetto MoLeCoLa che interessa la stazione di Bovisa avrà pochissimi studenti, nonostante sia una zona universitaria e una zona multietnica.

 

Abbiamo visto che la multietnicità della zona non è tenuta in considerazione nel render che dovrebbe invece rappresentare la stessa zona tra due tre anni. Altro progetto è Milano L’Innesto, ovvero la riqualificazione dello Scalo Greco, progetto di housing sociale: ma come si può notare si tratta di persone che non ti aspetti di vedere in un progetto di questo genere, persone chiaramente appartenenti a una classe sociale abbastanza elevata, a fronte di un progetto che ha lo scopo di creare zone con prezzi contenuti e quindi accessibili a tutti. Una popolazione che non riflette questo”.

 

Da cosa lo avete compreso? “Nella nostra analisi è come se avessimo giudicato un libro dalla copertina, ovvio. Ma se una persona sembra uscita dalla settimana della moda, le abbiamo chiamate le ‘fashion diva’, le diamo un peso diverso: e la prima impressione che abbiamo provato noi è molto probabile che sia la stessa di chi guarderà il render per la prima volta”. Altro progetto analizzato è quello della Torre Botanica, in zona Garibaldi. Lì, la figura prevalente è quella che noi abbiamo chiamato ‘Wolf Wall Street’. Nella nostra analisi abbiamo anche incluso le automobili, che se sono di un certo tipo comunicano a una società di un certo tipo, e avevamo notato che nonostante sia uno snodo della viabilità (tanto che la Torre Botanica avrà un sottopassaggio), ci sono pochissime macchine fino al punto da far camminare le persone in mezzo alla strada”.

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