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Innovazione, ricerca, massa critica. Il rettore del Politecnico mette in carica la città

Daniele Bonecchi

Nei giorni scorsi Ferruccio Resta ha presentato la riqualificazione dell'Innovation Hub della Bovisa, che di ricerca avanzata. L'intervento si concluderà nel 2025 e costerà circa 50 milioni di euro, di cui 30 stanziati dall'università e 20 da Regione Lombardia

A fine anno il Politecnico di Milano cambierà timoniere. Ma Ferruccio Resta – attuale rettore – è una riserva della Repubblica, come si suol dire. Anche se lui smorza la palla come un tennista sotto rete: “Credo di non avere le competenze per fare il politico di professione”. Ma non si sottrae a un parere sul governo Meloni.

  

Sarà attento a ricerca, università, innovazione come lo è stato Draghi? “Ne sono sicuro, non ho nessuna preoccupazione. In questi anni la consapevolezza di quanto è importante l’alta formazione e avere competenza sulla ricerca, perché questa ricerca diventi innovazione, sono cresciuti. Questa consapevolezza ci sarà”. Nei giorni scorsi Resta ha presentato la riqualificazione del “Gasometro 2 - Innovation Hub” della Bovisa, che sarà trasformato in un centro dove saranno ospitati laboratori di ricerca avanzata, aule polifunzionali e altri spazi per la ricerca e la didattica del Politecnico di Milano. La realizzazione dell’intervento sarà avviata nel 2023, si concluderà nel 2025 e avrà un costo complessivo di circa 50 milioni di euro, di cui circa 30 milioni di euro stanziati dal Politecnico e 20 da Regione Lombardia.

“E’ un’icona il progetto del gasometro alla Bovisa – spiega Resta durante una conversazione col Foglio – anche perché ai contenuti bisogna dare forma. Un modo per dire che si può fare università con una visione che rompe gli schemi. Noi pensiamo che l’università debba essere un attore della società civile, con un impatto sulla società stessa”. Il Poli è una delle eccellenze di Milano, ma la città attraversata dalla pandemia e ora dalla crisi energetica sembra vedere la crisi del suo modello. Difficoltà concrete, ma anche di visione e di appeal (da “place to be” a “posto che costa troppo”). Idee? “Milano sta vivendo una trasformazione profonda: da punto di riferimento nazionale a quello di un confronto internazionale, molto più grande”. E questa strada non la si sceglie a tavolino, viene imposta dagli eventi e dal tessuto sociale. “Milano vive tutte le criticità delle grandi metropoli europee. Abbiamo gli stessi problemi di Parigi, Barcellona, Monaco: sicurezza, pulizia, gestione degli spazi centrali e periferici, attrattività di persone che cercano opportunità di lavoro ma anche di sopravvivenza. Diversità sociali ed economiche”. 

Il valore aggiunto, secondo Resta è “il cittadino milanese, educato, che pretende ma non si arrende al degrado. Questa è una forza incredibile: un cittadino responsabile”. A Milano tornano i turisti, ripartono fiere ed eventi. Ma a fare ricerca non sono in molti. Poli, Bicocca, area MIND, Bocconi, una parte della sanità privata. “Per sviluppare la ricerca abbiamo bisogno di massa critica. Cinquanta anni fa la ricerca era fatta da grandi episodi, come la scoperta del polimero di Natta: grandissimi individualismi che poi hanno favorito business e impresa. Oggi questa filiera ha bisogno di massa critica perché per far nascere la Pirelli di domani serve una ricerca importante, un tessuto imprenditoriale altrettanto importante e poi la finanza. Servono realtà in grado di produrre mille generatori di idee. Milano ha le carte in regola per essere un grande polo, dobbiamo dare più valore alla ricerca, altrimenti non siamo competitivi”. Sul versante dell’energia e della mobilità c’è un gran fermento, ma la città sembra inchiodata all’Area B e alle auto elettriche che nessuno compra (dati Cna) Lombardia. “Dobbiamo evitare di dividerci tra guelfi e ghibellini.

La trazione elettrica è un mezzo di propulsione che deve spostare merci e persone da un punto A a un punto B, dove ci sono pochi chilometri da percorrere. Sulla media e lunga percorrenza ci saranno soluzioni diverse a coesistere: sul mezzo pesante l’idrogeno potrebbe essere, coi biocombustibili, la risposta. Sui percorsi misti l’ibrido o l’elettrico bimodale”. Insomma l’elettrico vince in città, fuori serve altro. La città del terziario può affrontare la transizione? “Personalmente non parlo mai di due transizioni green e digital. Abbiamo bisogno di un’industria manifatturiera in grado di gestirsi nel cambiamento. Si tratta di avere il tempo per questa transizione. Le piccole e medie imprese sono sopravvissute a tante trasformazioni ma ora vanno accompagnate. Servono tempo, strumenti, risorse e competenze”. E può tornare d’attualità il De magnalibus urbis Mediolani scritto  nel 1288 da Bonvesin de la Riva: la forza di Milano è il suo tessuto di cittadini e imprese.

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