GranMilano
Nel bailamme del Pd serve proprio un sì o un no di Cottarelli
Il centrosinistra ribolle, e la vicenda Moratti ha fatto saltare molti freni inibitori, politicamente parlando. Il senatore ora deve decidere se candidarsi o meno. Perché, almeno nelle intenzioni e dichiarazioni, è a tutt’oggi la prima scelta del Pd
Caro Carlo ti scrivo: se ci sei, batti un colpo, come i fantasmi di Halloween. Non potrebbe che iniziare così, oggi, con una chiamata ad alta voce, un tentativo di comprendere cosa accadrà alle regionali, sponda sinistra. Di’ qualcosa, (al diavolo Nanni: che sia di sinistra o di destra a questo punto è poco rilevante), una qualunque cosa. Del resto Carlo Cottarelli ha sicuramente molto studiato, visto che il 10 agosto scorso, nella calura estiva, si era portato in vacanza – informava il Giorno – un dossier di ben 2.000 pagine sulle questioni regionali. E diceva, apertis verbis: la candidatura in Parlamento non esclude quella in Regione. Certo, da allora è successo di tutto, a partire dalla pesante sconfitta del suo mentore maggiore, Enrico Letta, che ha annunciato le dimissioni da segretario del Pd (peccato che il passaggio potrebbe avvenire addirittura dopo il voto regionale). E dopo la sconfitta sono volate mazzate, che continuano, tra Terzo Polo e dem, ma anche in casa Pd. Che qualche genio non proprio geniale abbia mandato a schiantarsi proprio lui, il Carlo Cottarelli civil servant, il pezzo pregiato della società civile su cui puntare, in un collegio uninominale e impossibile: a che pro? Ancora oggi rimane uno dei misteri meno affascinanti della politica degli ultimi mesi. Ma adesso, caro Cottarelli, il tempo per decidere è stretto.
E’ successo che alla fine il lungo tira e molla nel centrodestra Letizia Moratti si è risolto con lei che se ne è andata, sbattendo la porta in faccia però anche a Giorgia Meloni (incredibile? Chissà). Ed è successo, soprattutto, che Attilio Fontana e la sua maggioranza si stanno preparando a anticipare le elezioni con una leggina ad hoc, che è già stata approvata. Si potrebbe dunque votare all’inizio di febbraio, sempre che qualche mente illuminata nel Carroccio non decida di posticipare tutto a giugno, col rischio di perdere anche nella roccaforte lombarda. Insomma, di riffa o di raffa, le regionali si fanno imminenti.
Il centrodestra, da parte sua, ha praticamente concluso l’iter di riconferma di Attilio Fontana. Il tentativo di trovare una collocazione alla “dottoressa” si è concluso come si sa: con un comunicato stampa e dichiarazioni al vetriolo. Ma se per il centrodestra la vicenda è chiusa, il centrosinistra ribolle, e la vicenda Moratti ha fatto saltare molti freni inibitori, politicamente parlando (ne scrive sulla prima pagina il direttore Claudio Cerasa). Da un lato il senatore Pd varesino Alessandro Alfieri (vedi l’intervista oggi sul Foglio) che già ieri mattina si era sbilanciato con un tweet d’interesse circa la scelta di Moratti: che ovviamente diventa un segnale lanciato al Terzo polo; da un altro Pierfrancesco Majorino, sempre via social, a chiudere qualsiasi porta; mentre l’altro Pierfrancesco, Maran, subito ribadisce di essere al lavoro (via primarie) per essere lui in candidato. Altro che “papessa” esterna. Ecco, in questo scenario assai fluido, serve proprio che Carlo Cottarelli faccia sentire la propria voce. Perché, almeno nelle intenzioni e dichiarazioni, è a tutt’oggi la prima scelta del Pd. O se preferisce, e se ama ancora il social dopo l’avvento di Elon Musk, basta un tweet. Una cosa semplice semplice tipo modulo per le gite scolastiche, con la parte sbagliata da barrare: “Sono pronto a candidarmi/Non sono pronto a candidarmi – con le primarie/senza primarie – con il campo largo/senza campo largo”. Perché nel suo silenzio, mentre la perturbazione Letizia rischia di scompigliare ulteriormente le carte, si sono verificate le seguenti cose: il sindaco di Brescia Emilio Del Bono ha dato la sua disponibilità sia a candidarsi che a correre alle primarie. Fabio Pizzul ha dato la sua disponibilità per le primarie. Ma il partito regionale pare imballato, con una riunione che secondo tutti non deciderà nulla il 5 novembre, proprio aspettando di capire se Carlo Cottarelli c’è ancora oppure no. E cosa faranno dunque gli altri.
Perché la matematica non è una opinione: senza i 500 mila voti di Renzi e Calenda o senza i 310 mila di Conte e Violi c’è poco da fare, la partita è persa prima ancora di giocarla. I bookmaker lombardi oggi dicono che il 5 novembre non si deciderà praticamente nulla se non due cose. La prima è che Letizia Moratti non sarà sostenuta dal Pd (freni inibitori a parte). La seconda è che non si faranno le primarie, né singole né di coalizione. E così tanti saluti a Maran, Del Bono e compagnia. La soluzione è Carlo Cottarelli. Che da parte sua è silente, e che se battesse un colpo ci risparmieremmo fiumi di parole (inutili). (Fa. Ma.)