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Quale futuro per il Politecnico di Milano?

Giovanni Seu

Al via le elezioni, delicate, per il nuovo rettore. Perché non può essere sciupata l’eredità di Resta

C’è un interesse nuovo sull’elezione del nuovo rettore del Politecnico, operazione sinora un po’ burocratica che richiamava solo gli addetti ai lavori. E’ dovuto alle performance da record collezionate dall’ateneo che, nonostante la pandemia e la crisi che ha colpito il mondo universitario, cresce negli iscritti: in sei anni è passato da 41.442 a 47.170, il 15 per cento in più. Un boom certificato anche a livello internazionale: secondo la QS World University Rankings 2023, una delle più importanti classifiche mondiali, il Polimi si colloca al primo posto in Italia e al 139 nel mondo. Se poi si considerano le singole facoltà, a livello mondiale ingegneria è la numero 13, architettura la 10, design la 5. Non sorprende che ben 7.124 siano studenti stranieri, molto dei quali provengono dalla Cina, paese con cui esiste una relazione ventennale che ha conosciuto una recente accelerazione: nel 2018, in seguito a un accordo Italia Cina la Bovisa ospita il primo polo di insegnamento e ricerca che la Tsinghua University ha stabilito in Europa. Iniziativa bissata nel 2019 con il Joint School of Design and Innovation realizzato in terra cinese a Xi’an. Non rappresenta una novità, invece, lo storico legame con le imprese italiane cui fornisce knowhow, c’è solo da aggiungere che Polimi è uno degli 8 Competence center in Italia, sicuramente il più importante per la promozione del digitale nell’industria.

 

Ma è a Milano che l’ateneo ha acquistato una centralità senza precedenti, in via diretta o indiretta tutti i grandi progetti passano per Città Studi. Da una parte il Poli è attore di partite fondamentali come la riqualificazione del quartiere di Città Studi in seguito al trasferimento della Statale a Mind e, in modo particolare di quella della Goccia: per l’area degli ex gasometri c’è un investimento di 100 milioni – di cui 75 del Polimi – per insediare un’area universitaria di 215 mila metri quadrati. Dall’altra è un passaggio obbligato per ogni piano di rigenerazione urbana, basti pensare a quello di fattibilità della riapertura dei Navigli, o all’Accordo di Programma degli ex scali ferroviari. O quanto stia condizionando il dibattito su San Siro lo studio di Paolo Pileri, urbanista del Politecnico, sull’impatto ambientale che provocherebbe la demolizione.

   

Se vogliamo spiegare come si è arrivati a questo scenario il riferimento è Ferruccio Resta, dal gennaio del 2017 rettore dell’ateneo. Bergamasco, 54 anni, entrato al Polimi da studente per poi scalare tutti gli incarichi, ha impresso un’impronta personale riuscendo a dare all’ateneo un respiro internazionale e a farne un interlocutore imprescindibile dei poteri che contano. Brillante, presenzialista, ha perseguito l’idea che l’università deve uscire dagli ambiti tradizionali e aprirsi alla città, incuneandosi in spazi impensabili solo qualche anno fa: da qui la creazione dell’Off Campus a San Siro, nel mercato di Nolo e persino a San Vittore, presso la Casa circondariale Francesco Di Cataldo. Il suo mandato è in scadenza e la sua eredità è pesante: a contendersela è in primo luogo Donatella Sciuto, prorettore e “candidata” di Resta di cui porterebbe avanti la linea. Poi ci sono Antonio Capone e Gianpaolo Rosati di ingegneria e Giulio Magli di architettura. Il sistema elettorale è complesso, prevede 4 turni di cui l’ultimo si decide al ballottaggio. Ancora più singolare il diritto di voto: solo i 1.400 docenti lo esercitano in pieno, i 1.284 amministrativi e i 26 studenti “pesano” solo 378 voti. La prima tornata che si è svolta ieri ha visto in testa Sciuto con 787,84 voti, poi Capone con 376,49, Maglie 217,24 e Rosati 76,27: non avendo nessuno raggiunto il quorum si torna a votare giovedì prossimo. Giorni per convincere gli indecisi. Tra i tanti temi toccati in campagna elettorale c’è anche quello di garantire alloggi agli studenti. La speranza è che emerga una guida all’altezza del nuovo Politecnico: “Un rettore deve sapere negoziare – spiega al Foglio Marco Ponti, ex docente dell’ateneo – e deve possedere una visione di lungo termine”. Per l’architetto Maurizio De Caro,  altro ex, il post Resta richiede una figura politica: “Il rettore è uno dei 4-5 uomini più in vista in città, è un punto di riferimento e ha una forte capacità d’influenza: è necessaria una persona di alto profilo, con idee chiare e capacità manageriali”.

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