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Gran Milano

Ecco il Piano triennale del welfare di Milano

Cristina Giudici

Nelle prossime settimane, dopo il parere dei municipi, arriverà in aula a palazzo Marino il documento che tratteggia l’anatomia dei bisogni sociali della città

Nelle prossime settimane, dopo il parere dei municipi, arriverà in aula a palazzo Marino il Piano triennale di Sviluppo del welfare 2021-2023 della Città di Milano. Un libro dei sogni per cui ci vorrebbero più risorse e maggior capitale umano – come osservato nel documento - ma anche un complesso iter di confronto sui punti di forza e criticità  del sistema grazie al quale sono state co-programmate le linee guida con il Terzo settore, la società civile, i comitati di quartiere e molte aziende. Il Foglio lo ha letto in anteprima: ecco l’anatomia dei bisogni sociali della città (non tutti, poiché si tratta di un documento di oltre 100 pagine).

Il nuovo Piano firmato il 30 settembre dall’assessore al Welfare, Lamberto Bertolè, e dal direttore Welfare, Michele Petrelli, individua 10 capisaldi strategici fra cui un welfare territoriale, la “ricomposizione della domanda e dell’offerta”, la trasversalità  inter-assessorile. Poi l’integrazione sociosanitaria, la spesa sociale come investimento, la valorizzazione delle professioni del sociale, il welfare collaborativo, la messa a sistema delle sperimentazioni e gli spazi sociali come risorsa fondamentale. Il welfare territoriale è pensato per intercettare i nuovi bisogni, e secondo le linee guida deve puntare a una riforma del modello organizzativo “ed essere in grado di intervenire in modo più preventivo”, osserva Valerio Pedroni, vicepresidente della commissione Welfare e salute di palazzo Marino. “ll modello milanese ha finora principalmente assunto la forma di un sistema satellitare, in parte ancora disomogeneo, composto da progetti e interventi che, attraverso l’attivazione di nuove competenze e capacità  relazionali intervengono nella gestione di complessi processi multi-stakeholder, accomunati dalla volontà di sostenere e valorizzare la comunità intesa come insieme di cittadini e attori sociali, interessati ad aumentare e mettere in gioco il capitale sociale del proprio territorio”, si legge – in un socio-burocratese che potrebbe essere benissimo evitato – nel documento. “In questa prospettiva si colloca la scelta di investire sull’ampliamento e il consolidamento delle reti come infrastrutture basilari del sistema di welfare e introdurre il welfare community manager per individuare e leggere i bisogni e aggregare le risorse territoriali utili per costruire risposte efficaci e tempestive”. 


Al netto delle buone intenzioni, e delle parole per addetti e addict, il piano triennale è uno strumento molto utile per capire la composizione demografica e i bisogni dei milanesi. Proviamo a sintetizzare, grazie ai dati elaborati da IRS-Amapola su dati del portale open data del Comune. Gli adulti sono 870.084, i minori 209.243, gli anziani 312.629 su un totale di residenti di 1.391.946. La popolazione straniera residente a Milano entro il 2030 porterebbe il numero di cittadini stranieri intorno a 310.500. Oggi in alcuni quartieri ad alta densità   straniera raggiunge quote decisamente più alte. I minori stranieri nel 2020 erano 53.338 e costituiscono il 25,5% sul totale dei minori che vivono a Milano. Le percentuali più elevate si trovano nei quartieri di Selinunte, Comasina, Bovisa, dove superano il 50%. Le famiglie unipersonali  sono circa 333.700 e tra queste più di 131.000 sono anziani soli (39,3%) con più di 65 anni, di cui gli over 80 soli sono più di 70 mila. Il numero di anziani soli ̀ negli ultimi 10 anni è  cresciuto del 26,3% e oggi rappresenta circa il 9,4% della popolazione. E, dato dirimente per chi deve programmare le politiche sociali, 32 mila famiglie monoparentali con almeno un figlio minore vengono considerate a rischio povertà. Il numero di domande per il sostegno al reddito è ̀ aumentato tra il 2018 e il 2019, soprattutto per quanto riguarda la “misura 1” destinata ai nuclei familiari in cui è presente almeno un minore. L’anno successivo, tra il 2019 e il 2020,  c’è  stato un significativo aumento delle domande presentate, legato all’emergenza sanitaria. Il numero complessivo di domande è passato da 3.621 nel 2018 a 16.355 nel 2020. 


Per capire quanto sia complesso l’intervento delle politiche sociali, bisogna tener conto delle diseguaglianze sociali: il 23,3% dei contribuenti dichiara un reddito inferiore a 10 mila euro, mentre il 7,9% dichiara un reddito superiore a 75 mila euro. Il numero complessivo di domande di sostegno al reddito è passato da 3.621 nel 2018 a 16.355 nel 2020. Per quanto riguarda i beneficiari del reddito di cittadinanza, tra il 2019 e il 2020, i nuclei beneficiari sono stati circa 16.700. Per concludere il quadro provvisorio: alla fine del 2020 le famiglie a rischio sfratto erano oltre 20 mila. Questa la fotografia dei bisogni della società milanese, che non si può riassumere solo nell’immagine comoda della Milano che corre. 

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