Gran Milano
I nimby verdi e Sgarbi bloccano Inter e Milan su San Siro (Sala furioso)
Un Consiglio comunale senza maggioranza, due ricorsi al Tar presentati da gruppo verde San Siro e da altri, il sottosegretario alla Cultura che sollecita un vincolo per rendere il Meazza intoccabile
Al pari della finale dei Mondiali la vicenda del nuovo stadio sta regalando una serie di sorprese e colpi di scena sempre più imprevedibili. La differenza rispetto alla partita di Doha, in bilico fino all’ultimo, è che l’esito inizia a delinearsi allontanando sempre più la possibilità che si realizzi il progetto di Inter e Milan di realizzare una nuova struttura all’interno di una riqualificazione dell’area di San Siro. A rendere più precario questo traguardo ha contribuito non poco Sgarbi, che si è dichiarato pronto a vietare l’abbattimento del Meazza in base a un codicillo di tutela, laddove nemmeno la Sovrintendenza era potuta giungere, del “valore immateriale” che rappresenta. Sgarbi ha invocato il vincolo di tutela storico-relazionale che già è stato riconosciuto dai Comitati tecnici scientifici del ministero della Cultura nel luglio di due anni fa.
Una sortita che ha suscitato la reazione furiosa di Sala, forte del parere della ex sovrintendente Ranaldi che nel 2019 aveva assicurato che lo stadio, seppure con oltre 70 anni di vita, non risultava più “leggibile”: in sostanza a seguito dei vari interventi, in modo particolare quello per i Mondiali del ’90, la figura originaria è stata stravolta e quindi non più meritevole di tutela. Il rischio che nasce dall’iniziativa del sottosegretario alla Cultura è di un inedito scontro tra il governo e il Comune su un atto amministrativo, in quanto Sala ha subito chiesto a Meloni se Sgarbi parla a titolo personale o dell’esecutivo. Senza contare che qualora il ministero optasse per il vincolo sarebbe la fine non solo del nuovo stadio ma dell’intero progetto di San Siro.
Un tentativo per uscire o quantomeno sbloccare questa impasse arriva dal presidente della commissione urbanistica Bruno Ceccarelli, protagonista di un ordine del giorno, sottoscritto da altri consiglieri del Pd, che chiede una revisione del progetto su tre punti: capienza dello stadio portata a 70 mila posti, aumento del verde e sostegno dei due club alle politiche di risanamento delle zone depresse di San Siro (sostegno che del resto i club avevano già messo sul piatto all’inizio della trattativa): “L’aumento della capienza di 10 mila posti rispetto al progetto originario – spiega l’esponente del Pd – è in favore delle fasce popolari che seguono il calcio, inoltre chiediamo che la metà dei 280 mila mq su cui è previsto l’intervento siano riservati a verde e che le due società offrano un contributo alle politiche di riqualificazione delle aree popolari di San Siro”.
Si tratta di un’operazione per fare rientrare il dissenso degli 8 consiglieri di maggioranza che si sono dichiarati contrari all’abbattimento dell’impianto, ma il fatto che manchi proprio questo punto nell’odg rende molto difficile il loro voto a favore. C’è poco da contare sull’opposizione, anche il capogruppo di Forza Italia Alessandro De Chirico, da sempre sostenitore del piano di Milan e Inter, non nasconde le sue perplessità sulla nuova sistemazione del verde. (Avrebbe ricordato che intorno al Meazza di verde in pratica non ce n’è: chi vuole tenere il Meazza com’è giocoforza tiene anche l’asfalto intorno).
Ricapitolando: c’è un Consiglio comunale senza maggioranza, due ricorsi al Tar presentati dall’associazione gruppo verde San Siro e dal comitato Sì Meazza e dal Coordinamento San Siro, il sottosegretario alla Cultura che sollecita un vincolo per rendere lo stadio intoccabile come la Galleria Vittorio Emanuele. Quanto basta per fare desistere le società che infatti starebbero valutando possibili alternative. Sempre scartata la ristrutturazione (almeno a parole) giudicata incompatibile con l’attività sportiva, resta in campo l’idea del secondo stadio, come confermato due giorni fa dal ceo dell’Inter Alessandro Antonello (che però ha parlato anche di “piani B”).. Per ora l’ipotesi più credibile è che l’Inter rimanga al Meazza, in attesa di una ridefinizione della società, e il Milan si trasferisca da un’altra parte. In città ci sono pochi spazi, fallite in passato le operazioni Portello firmata Milan e Piazza D’Armi targata Inter, resta l’ipotesi Porto di Mare.
Oppure c’è la possibilità, già vagliata dalle società, di oltrepassare i confini comunali. Ci sarebbe l’area di San Francesco, vicino al capolinea della M3 di San Donato: ci fece un pensierino l’Inter di Moratti una decina di anni. Più attuale Segrate, nonostante la netta contrarietà del sindaco Paolo Micheli: “È un’ipotesi irrealistica, va contro il nostro modello di sviluppo che punta sul green e non può accettare un’infrastruttura di enormi dimensioni che richiama flussi di mezzi e di persone troppo elevati”. L’unico semaforo verde arriva da Sesto, in particolare della ex area Falck dov’è in corso la riqualificazione più grande d’Europa: “L’area è stata bonificata – spiega al Foglio il sindaco Roberto Di Stefano –, i tempi si stanno riducendo ma la leva urbanistica consente ancora di inserire lo stadio. Io credo che Sesto sia la soluzione migliore rispetto a San Siro dove si vuole intervenire su una realtà urbanizzata: siamo a 12 minuti dal Duomo, a 15 da Linate, abbiamo tre fermate della Metro e altre 4 in costruzione, una fermata del treno e un accesso alla tangenziale”.
L’Inter o il Milan potrebbero chiedere altri interventi tipo quelli previsti per San Siro: “C’è la possibilità di realizzarli – dice Di Stefano –, l’area è attrezzata per uffici e alberghi. Inoltre, a differenza di quanto sta accadendo a Milano, noi siamo in grado di assicurare tempi certi”. Un ultimo ostacolo, forse il più insidioso, è di carattere politico: Milano non vuole perdere lo stadio, sarebbe vissuto come uno schiaffo dalla città intera, senza distinzioni di colore politico: “È un discorso che non capisco – afferma il sindaco di Sesto –, lo trovo in contraddizione con coloro che, proprio a Milano, sono sostenitori della Città metropolitana. Si tratta di fare una scelta, qui esistono tutte le condizioni che a Milano mancano”.