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Care politica e aziende, siamo indietro con la digitalizzazione
Tra le piccole e medie imprese la strada verso il digitale è ancora lunga. Dopo l'attacco hacker dei giorni scorsi, l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale ha lanciato l'allarme. "Manca una cultura di base", dice il professore di Informatica giuridica
Mentre Matteo Salvini, come una Madonna pellegrina, visita le eccellenze lombarde in tenuta da vicepremier nel tentativo di contenere la probabile emorragia di consensi della Lega, le imprese combattono – anche, e ci mancava contro il nuovo attacco hacker che ha colpito i loro sistemi digitali. L’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Acn, aveva lanciato l’allarme nei giorni scorsi, dopo aver “rilevato un massiccio attacco tramite un ransomware già in circolazione che prende di mira i server”. Per aggiungere poi che “ribadisce che è prioritario per chiunque chiudere le falle individuate e sviluppare un’adeguata strategia di protezione”. Non poca cosa, in una regione che ad esempio, ultimi dati Assolombarda, nel settore cruciale e delicato della meccatronica ha 90 mila addetti e 18 miliardi di euro di export.
“L’incursione dei giorni scorsi è stata sopravvalutata, chi ha dimestichezza con la security l’ha capito, anche l’Agenzia per la cybersicurezza ha gridato al lupo al lupo, ma i danni sono stati modesti”, spiega però al Foglio il professor Andrea Rossetti che insegna alla Bicocca Informatica giuridica e cura uno spin-off per le imprese. “Tra le piccole e medie imprese la digitalizzazione è davvero molto indietro, le persone non sentono l’esigenza d’informatizzare i processi e non sentono neanche il bisogno di mettersi in sicurezza. Abbiamo registrato imprese che – colpite da un’aggressione hacker – hanno dovuto bloccare la produzione, perché non si erano preparate a questi eventi. Da accademico, sono rimasto stupito per l’arretratezza delle imprese sul terreno digitale”.
Anche se in Lombardia la digitalizzazione cresce. Infatti il mercato Ict – Informa confcommercio Lombardia – è il primo in Italia: le quasi 700 mila aziende lombarde hanno investito oltre 8 miliardi e 500 milioni di euro nella transizione digitale, il 25 per cento dell’intero mercato nazionale. “La digitalizzazione è diventata ancora più essenziale durante questi due anni di pandemia, permettendo alle imprese di sviluppare modelli innovativi di vendita e di promozione – spiega il vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia, Carlo Massoletti. Da una crisi nasce così l’opportunità di una tecnologia più orizzontale, accessibile a più imprese e non più appannaggio di pochi player strutturati.
"L’utilizzo della rete, elemento fondamentale per il terziario, anche in ottica di internazionalizzazione, di matching e organizzazione di fiere virtuali, non è da considerarsi in antitesi alla vendita fisica, bensì un elemento di completamento per lo sviluppo di un modello di business al passo con i tempi”. Ma evidentemente non basta. “In alcuni casi – prosegue il professor Rossetti – c’è la convinzione che l’adozione di un software possa risolvere i problemi organizzativi, una visione dell’informatica con un potere salvifico: aggiungo un computer e un programma e magicamente la mia organizzazione è a posto. In altri casi c’è proprio una resistenza a introdurre sistemi digitali nelle filiere di produzione. Di industria 4.0 se ne fa un gran parlare ma poi nel concreto… Ci sono le eccezioni, certo. Però sono tali, c’è ancora diffidenza e c’è chi preferisce scambiarsi ancora documenti cartacei invece che in forma digitale”. Ma allora cosa manca per fare quel salto di qualità considerato da tutti necessario? “Manca una cultura di base della digitalizzazione, questo crea tanti problemi anche quando le aziende devono interfacciarsi con la pubblica amministrazione”.
Regione Lombardia ha destinato una parte degli interventi a sostegno della digitalizzazione alle imprese, ma “per dare una risposta efficace le istituzioni, regione e governo, devono lavorare sulla cultura digitale. Noi come Bicocca ci impegniamo in questo campo, cerchiamo con le nostre iniziative di affermare la terza missione, cerchiamo di diffondere le idee prima ancora della tecnologia. Se le imprese, le persone vivono la digitalizzazione come un costo, allora diventa un problema. Diffondere la cultura informatica è necessario e non significa mettere i ragazzini davanti a un computer, va bene, ma c’è un problema di educazione civica digitale. Bisogna far capire che la digitalizzazione è necessaria ma porta obblighi che – al di là della legge – fanno funzionare meglio l’organizzazione e gli affari dell’azienda”, insiste Rossetti. Il docente della Bicocca fa un ultimo esempio: “Il problema più grave dei tribunali è che manca una gestione digitale della giustizia: è lo specchio della nostra società. Uno studente di giurisprudenza si laurea senza avere un’idea di cosa voglia dire la trasformazione digitale”.