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Il conto alla rovescia per le Olimpiadi non è una festa. Tempi e costi, una minaccia
A tre anni dal via dei giochi invernali, sono molte le incognite che gravano sulla manifestazioni. E c'è chi spinge, come il ministro Salvini, perché una parte delle gare si sposti a Torino
Neppure i sorrisi obbligatori in una cerimonia pubblica come l’alzabandiera di lunedì scorso in piazza Duomo, a celebrare i tre anni esatti dall’inizio delle Olimpiadi invernali, sono riusciti a nascondere le preoccupazioni di cui peraltro non si fa più mistero. Forse è Beppe Sala che le cova più di tutti non fosse altro per l’esperienza che ha vissuto da commissario Expo e in cui litigi sugli assetti societari, ritardi nelle opere e inchieste rischiarono di fare naufragare l’esposizione. Non siamo ancora a quel punto, ma ci sono segnali poco incoraggianti. Di positivo si può dire che la squadra che dovrà condurre al 2026 sembra definita. Dopo molte incertezze la Fondazione Milano Cortina 2026, che si occuperà degli aspetti sportivi, ha finalmente espresso un cda di 14 membri e, soprattutto, l’amministratore delegato Andrea Varnier. Gli accordi appena stipulati con Herbalife Nutrition Italia e Eni, che assicurano un sostegno importante alla manifestazione, fanno bene in questo periodo in cui si addensano nubi minacciose. L’altra gamba che porterà ai giochi si chiama Simico spa: è partecipata dal ministero delle Infrastrutture e dal ministero dell’Economia, dalle Regioni Lombardia e Veneto e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano. E’ stata costituita per la realizzazione del Piano degli interventi, ovvero delle opere, fissato nel Dpcm del 26 settembre 2022, uno degli ultimi atti del governo Draghi.
Sono state individuate 73 opere, tra infrastrutture sportive e stradali e viarie, suddivise tra 26 cosiddette “essenziali-indifferibili” che riguardano lo sport da consegnare per l’inizio dei Giochi e 47 “essenziali” da concludere anche dopo l’evento sportivo. Il fatto che ben il 93 per cento siano già esistenti e devono essere potenziate o migliorate non pone al riparo da un’insidia cresciuta con la guerra in Ucraina e che si chiama extracosti: che ha portato ad un aumento del 30-40 per cento per una spesa complessiva di 2 miliardi 6-700 milioni. Una situazione aggravata dai ritardi, come ha ammesso Salvini nell’incontro di Milano con Assimpredil, che impediranno di completare in tempo tutti gli interventi previsti. A turbare i sonni del ministro delle Infrastrutture ci sono in particolare la variante di Cortina e quella del Longarone che valgono 500 milioni e la sede del pattinaggio che dovrebbe traslocare da Baselga di Piné, nel Trentino, a Torino o a Milano, come auspica Sala. Proprio a Milano, nel convegno cui è intervenuto Salvini, è stata la presidente di Assimpredil Ance, Regina De Albertis, a invocare “la straordinarietà per gli iter urbanistici e per i processi decisionali-burocratici, qualora non si possano raggiungere gli obiettivi temporali di completamento delle opere in condizioni di ordinarietà”. Quasi un mettere le mani avanti sull tempistica e sui prezzi. Bisogna andare in gara con prezzi adeguati e dare attuazione ai meccanismi revisionali in tempo, per evitare squilibri economici e sovraesposizioni da parte degli appaltatori. Non è più sostenibile un sistema che si regge su finanziamenti anticipati delle opere da parte degli esecutori perché, visti gli importi, si rischia il fallimento”.
In questo quadro Milano rappresenta una particolarità in quanto è sede di quasi tutte le opere private dei Giochi. Un aspetto che non garantisce rapidità nei tempi, come spiega al Foglio Alessandro Giungi, presidente della Commissione Olimpiadi di Palazzo Marino: “A Santa Giulia, dove verrà costruito il nuovo palasport, le bonifiche stanno procedendo, i lavori al Villaggio Olimpico in Porta Romana vanno avanti senza problemi mentre lo stadio Meazza, dove abbiamo da poco effettuato un sopralluogo, richiede qualche piccolo intervento. Diverso è il discorso per il PalaSharp, ci troviamo in ritardo rispetto alle richieste del Cio di realizzare una seconda pista di allenamento e di ampliare lo spogliatoio: un intervento che dovrebbe anche ridurre la capienza da 8 a 5 mila posti e che fa lievitare i costi”. A complicare le cose a Lampugnano c’è anche un ricorso al Tar dell’Istituto Suore della Riparazione che dovrebbe a breve produrre un esito. Prossimo cabina di regia il 25 febbraio a Roma. Non è da escludere che prenda quota l’opzione Torino, caldeggiata da Salvini ma sinora respinta da Sala e Fontana anche per motivi elettorali.