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Moda in cerca d'arte, e viceversa. Guy Bourdin ad Armani/Silos
La più grande mostra mai vista in Italia sul maestro della fotografia, che è stato anche, e sostanzialmente, uno storyteller. Raccoglie cento opere, selezionate una per una dallo stilista
È pur vero che la moda debba nutrirsi di arte e che a Palazzo Reale siano in corso due esposizioni di autori molto praticati dal settore, sempre affascinato dal surrealismo, dall’onirico e dal fantastico (“Max Ernst” e “Bosch e un altro Rinascimento”), ma volendo accostarsi a qualcosa di più specifico c’è davvero poco. Per fortuna, domani Giorgio Armani inaugura negli spazi del Silos la più grande mostra mai vista in Italia sull’opera di un grande maestro della fotografia, scomparso oltre vent’anni fa. “Guy Bourdin: Storyteller”, aperta fino a fine agosto, raccoglie oltre cento opere, tutte sorprendenti nella composizione, nello spirito, nel substrato di erotismo, nella capacità narrativa ed evocativa (sì, in effetti non siamo molto lontani da Ernst e Bosch).
Sulla scia di Alfred Hitchcock ed Edward Hopper, un regista e un artista che ammirava molto, Guy Bourdin è stato essenzialmente uno storyteller, capace di racchiudere interi romanzi, di preferenza gialli o noir, in un singolo scatto. Ca va sans dire, Armani stesso ha selezionato ogni singolo scatto, esattamente come ha seguito la collaborazione sul denim presentata ieri sera con Corso Como 10 e si prepara a sfilare con la linea Emporio oggi. A proposito della mostra, dice anzi che “conferma” la sua volontà “di fare di Armani/Silos un centro di cultura fotografica contemporanea”. A prima vista, ammette, “Guy Bourdin non è un autore a me vicino: il suo era un linguaggio netto, grafico, forte. Nella sua opera quel che si percepisce subito, in superficie, è la provocazione, ma quello che mi colpisce, e che ho voluto mettere in risalto, sono piuttosto la sua libertà creativa, la sua capacità narrativa e il suo grande amore per il cinema. Bourdin non seguiva la corrente e non scendeva a compromessi: un tratto nel quale mi riconosco io stesso, credo non ci sia un altro modo per lasciare un segno nell’immaginario collettivo”.