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Granmilano

La città smartissima è pronta alla settimana cortissima?

Daniele Bonecchi

La riduzione quattro giorni di lavoro non soltanto non compromette i bilanci, ma sembra migliorare persino la produttività e la salute dei dipendenti. Le voci degli esperti e delle aziende

“Se otto ore vi sembran poche…”, cantavano Giovanna Marini e Anna Identici negli anni ’70: canzoni di lotta di un secolo prima. Ora la musica è cambiata e anche la città del lavoro scommette sulla settimana cortissima, di quattro giorni. La spallata nasce dal combinato disposto di smart working pandemico e rivoluzione digitale, e sta modificando il rapporto tra chi organizza il lavoro e chi lo manda avanti. “Milano si presta alla settimana cortissima – spiega al Foglio Maurizio Del Conte, professore allo Sda Bocconi e presidente di Afolmet – anche perché proprio qui è cresciuto il lavoro da remoto, per ridurre il disagio e i costi dovuti al pendolarismo” Per Del Conte è “una scelta destinata a rendere più viva la città: chi ha un giorno in più può godere dei servizi che Milano offre, tutto ciò che libera tempo rende vivo il territorio. Certo va ripensato il ‘modello Milano’. La condizione perché questo accada è che si dia impulso all’anima culturale e d’intrattenimento della città, tutto ciò che aumenta il tempo a disposizione delle persone è fattore vivificante”.

 

La grande Milano è un mix d’imprese, la maggior parte delle quali sono piccole e in fase di trasformazione. Come si possono misurare con questo radicale cambiamento? “Non si può pensare d’imporre la settimana corta – spiega Del Conte – c’è chi non ha la managerialità necessaria per trasformare la propria organizzazione del lavoro su 4 giorni anziché su 5, non è un impegno da poco. Occorre spostare l’attenzione sui risultati, sull’efficienza. Sbaglia chi immagina che il senso sia quello di un paradigma del secolo scorso, ‘lavorare meno lavorare tutti’. La direzione è: lavorare meno per lavorare meglio; quindi essere ugualmente produttivi se non di più. Nessuna azienda che riduce da 5 a 4 giorni l’attività lavorativa pensa di dover sostituire il quinto mancante con altri lavoratori. Pensa invece di poter ottenere, con gli stessi lavoratori, lo stesso output se non maggiore, grazie a una serie di vantaggi che possono essere ottenuti anche dalle nuove tecnologie. Tutto questo va costruito luogo per luogo di lavoro, non penso possa essere una misura unica. E non può essere imposto a un’azienda di 5 dipendenti”.

 

La settimana lavorativa di quattro giorni non soltanto non compromette le aziende, ma migliora persino la produttività e la salute dei dipendenti. Qui ben 61 aziende hanno portato avanti un progetto pilota (coordinato dall’organizzazione 4 Day Week Global) e i titolari della maggior parte delle imprese hanno confermato che la produttività non ha subìto variazioni negative. I lavoratori hanno affermato di aver beneficiato di maggior benessere ed equilibrio tra lavoro e vita privata. I dati raccolti da Autonomy hanno inoltre evidenziato una netta diminuzione del numero delle dimissioni, legata proprio alla politica dei quattro giorni lavorativi. A Milano – città dei servizi – ci sono molte aziende che stanno sperimentando il nuovo modello organizzativo. “Noi siamo partiti dal primo gennaio 2021”, racconta Daiana Iacono, client service director, responsabile Italia di Awin, sede a Milano in via Vincenzo Monti: 41 dipendenti nella filiale italiana di digital marketing, che nel 2022 ha prodotto per i propri clienti oltre 200 milioni di vendite online e generato un miliardo di commissioni. “Inizialmente abbiamo impostato il lavoro in modo sperimentale per verificarne i risultati, oggi è stato adottato a tutti gli effetti. I risultati hanno premiato la scelta e quindi è diventata realtà la settimana di 4 giorni, sono serviti 6 mesi per adattare il nuovo modello a tutte le sedi in Europa e negli Usa, ma i dipendenti hanno accolto molto bene la novità, mentre lo stipendio è rimasto invariato, con un adeguamento all’inflazione. Le persone possono scegliere tra una giornata la settimana di day off oppure dividerla in due mezze giornate, che sono utilissime per chi ha figli piccoli”. “Abbiamo lasciato ai gruppi di lavoro la scelta della formula da adottare”, conclude Iacopo: “Ogni sei mesi verifichiamo coi clienti se le cose vanno bene, e il tasso di soddisfazione dei clienti è cresciuto”.

 

Ma non è solo il mondo digital a guardare con interesse alla settimana cortissima. Mondelēz International, con sede a Milano, colosso dell’industria alimentare, con un portafoglio di marchi come Philadelphia, Oro Saiwa, Milka, Fattorie Osella, Cote d’Or, ha varato circa un anno fa il progetto “Workplace of the Future”. “Il programma è nato grazie all’ascolto delle richieste dei nostri colleghi – spiega Roberta Candileno, responsabile risorse umane per l’Italia – che hanno condiviso l’esperienza e l’impatto che il lavoro da remoto e la pandemia, in generale, hanno avuto sulle loro vite. Era emerso che il 94 per cento della popolazione aziendale apprezzava lo smart working, ritenuto in grado di aumentare concentrazione e produttività. Contestualmente era emersa anche l’importanza del lavoro in presenza, fondamentale per lo sviluppo, per il rafforzamento dei rapporti sociali e per la separazione degli spazi tra vita privata e vita lavorativa. Partendo da queste considerazioni, siamo giunti alla conclusione che la flessibilità è una necessità sempre più ricercata e apprezzata dalle persone: da qui nasce il Workplace of the Future”.

 

Tra i principali punti del programma, che coinvolge solo gli uffici di Milano, c’è la possibilità di distribuire le ore settimanali su 4 o 5 giorni lavorativi, ampliando così il periodo di riposo settimanale; la possibilità di scegliere se lavorare regolarmente dagli uffici o se fruire di 2 giorni di smart working alla settimana e di 2 giorni aggiuntivi al mese. Infine, la possibilità di pianificare individualmente le ferie senza chiusure imposte dall’azienda. Il bilancio, dopo un anno di sperimentazione, è positivo: “La settimana corta è molto apprezzata e si riflette positivamente sulla produttività”. Già dalla fine degli anni ’90 negli uffici di Mondelez International in Italia si prevede una sola timbratura giornaliera del cartellino. Il nostro approccio è basato sulla responsabilità e premia il raggiungimento degli obiettivi e la qualità del lavoro svolto”, conclude Roberta Candileno. E c’è anche chi punta su di una soluzione ibrida, come Intesa Sanpaolo, che proporrà, su base volontaria, un nuovo modello con più smart working e la possibilità di lavorare 4 giorni a settimana, aumentando a 9 le ore giornaliere.

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