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Ecco il Consiglio della Lombardia, Sgarbi e Feltri mattatori. Federico Romani presidente
La coda per entrare al Pirellone è lunga, e scorre lenta per le “nuove disposizioni di sicurezza”, anche per i giornalisti habitué. Qualche ex consigliere si intrufola nella fila degli operatori dell’informazione, più snella, ma viene perdonato
La campanella suona alle 10.27, a lungo. Il foyer del Consiglio regionale è affollatissimo. Primo giorno di scuola, tutti i consiglieri sono andati dal parrucchiere a regolare le zazzere. Inutilmente, perché il vento è impetuoso e impietoso e fa svolazzare i capelli lunghi delle signore e di qualche consigliere, tipo Christian Garavaglia, Fdi di osservanza mantovaniana, che però appena dopo il metal detector pare già ricomposto. Vittorio Sgarbi, star della mattinata insieme a Vittorio Feltri, lo trascina dai giornalisti: “Una Regione che avesse a cuore davvero la cultura dovrebbe fare una mostra su Carlo Bonomi, che ha opere magnifiche al cimitero del comune di questo signore qui”. Garavaglia è stato sindaco di Turbigo. E ancora Sgarbi, fissato sul cimitero: “L’assessore alla Cultura Francesca Caruso? Non la conosco. Se sta a Gallarate sarà brava, a Gallarate si sta bene, c’è un bel cimitero, c’è un bel museo. E’ tutta responsabilità della Ronzulli, la Ronzulli ha deciso che voleva rinunciare ad avere una figura di riferimento per non averla. Non è una mossa contro di me, è una mossa politicamente sbagliata, però l’ha fatta”.
La coda per entrare al Pirellone è lunga, e scorre lenta. “Nuove disposizioni di sicurezza”, anche per i giornalisti habitué. Qualche ex consigliere si intrufola nella fila degli operatori dell’informazione, più snella, ma viene perdonato. Giù, nel vasto salone antistante l’aula, c’è il pienone. Giulio Gallera ha il volto rasato alla perfezione e un sorriso che va da un orecchio all’altro. Eccoci qui, once again, aspetta il subentro. Grandi sorrisi anche tra Marco Alparone, vicepresidente e assessore al Bilancio, e Davide Caparini, suo predecessore. “Lui è stato uno dei primi a credere in me”, sussurra Alparone riferendosi alla nomina in commissione di cinque anni prima. Abbraccio. Licia Ronzulli, in cappotto scuro su giacca scura e top bianco, si attarda a parlare con Gianluca Comazzi. Poi sta un po’ qui e un po’ là. Ci sono fuochi, in giro, e vanno spenti. O accesi, a seconda di quel che bisogna cucinare. Il dem Paolo Romano arriva incravattato (strano) dopo una campagna a colletto slacciato e a rotta di collo che dura da settembre (era candidato anche alla Camera in un collegio impossibile). Si muove entusiasta. Più compassato ma sereno Pietro Bussolati, che manovra. E così Carlo Borghetti. Pierfrancesco Majorino entra tra i primi nell’aula e non ne esce per un pezzo. Romano La Russa invece arriva alle 10.41, mentre Attilio Fontana che presiede l’aula perché Vittorio Feltri ha rinunciato sta spiegando la modalità di elezione a presidente del Consiglio che alla fine nominerà Federico Romani, raggiante fin dal primo istante. La mattinata va avanti a ondate. Dentro per la prima chiama, fuori alla spicciolata in attesa della seconda chiama per abbassare il quorum. Alle 11.00 appare un bianco. Anzi due. Vittorio Feltri chiede all’assessore alla casa Paolo Franco di fargli compagnia. Foto opportunity con calice e dritti sui giornali. Tempo qualche minuto e Feltri incrocia Lara Magoni, ex assessora, con un paio di pantaloni chiari strappati sulle ginocchia: “Hai le braghe rotte”, le dice il direttore. Lei allarga le braccia e spiega che è la conseguenza del non essere stata riconfermata assessore. Poi Feltri dichiara ai giornalisti, sempre sulla delega alla Cultura: “Sicuramente è più adatto Vittorio Sgarbi, mi sembra evidente, non ci vuole molto per capirlo. Io sono amico di Sgarbi e non potrei mai dire una parola contro di lui”. Le due star Sgarbi&Feltri lanciano notizie nel foyer affollato di chiacchiere. Sgarbi: “Non sono molto convinto dell’ipotesi che Carlo Fuortes, (attualmente ad della Rai, ndr) possa ricoprire il ruolo di sovrintendente del Teatro alla Scala di Milano”. Feltri: “Non so se si può usare questo linguaggio, ma io ne ho già piene le palle. Lo dico senza spirito polemico, nel senso che è iniziato mezz’ora in ritardo e io invece amo la puntualità. Poi mi sembra che ci sia un caos che non si confà molto al mio temperamento di persona calma e ragionevole”. Infine arriva l’elezione di Federico Romani. Classe 1983, figlio dell’ex ministro Paolo, bocconiano, ex Forza Italia passato però in tempi non sospetti in Fratelli d’Italia. Applauso per il giovanissimo presidente del Consiglio. Poi Fontana prende la parola: “Voglio ricordare che oggi sarebbe stato il compleanno del defunto presidente e sempre ricordato con affetto Roberto Maroni al quale voglio che l’aula rivolga un applauso”. Tutti si alzano a battere le mani.