Guido Crepax (Ansa)

Granmilano

La millimetrica bellezza della Milano di Guido Crepax

Fabiana Giacomotti

Al Politecnico di Milano arriva “Architetto del fumetto”, una bella, pulitissima e precisissima mostra per i novant’anni dalla nascita del disegnatore scomparso nel 2003. Quattro aree tematiche per immagini vertiginose e poliedriche

Il senso di vertigine che i disegni di Guido Crepax provocano anche nell’osservatore meno attento è dato dalla magistrale sovrapposizione dei campi semantici che il suo tratto crea senza soluzione di continuità. Valentina vive per esempio una vita surreale, ma la lampada Flos di Achille Castiglioni che illumina le sue serate è quella vera. Precisa. Come sono precisi i vestiti a trapezio di Courrèges o i pantaloncini con la giacca destrutturata Giorgio Armani che indossa, a seconda del periodo in cui è stata disegnata, fine Sessanta o primi Ottanta. Seguiamo il flusso anche torbido dei suoi pensieri, ma il corso Vittorio Emanuele in cui li esprime è dettagliato (è vero, un tempo ci passavano i tram) come sulla carta millimetrata che il suo autore usava al Politecnico prima di laurearsi in Architettura nel 1958, relatore Ernesto Nathan Rogers, l’autore della Torre Velasca che nei disegni del suo allievo e nelle storie di Valentina tornerà spessissimo.

 

Da oggi fino al 23 maggio, l’ateneo più internazionale della città accoglie una bella, pulitissima e precisissima mostra per i novant’anni di Guido Crepax, impossibili da festeggiare altrimenti visto che scomparve nel 2003. E’ intitolata come ovvio a lui, “Architetto del fumetto”, la curano i figli Antonio e Caterina e Giacomo, che hanno seguito in buona percentuale le sue orme e che sono tutti amorevoli curatori del suo sterminato e non del tutto esplorato archivio. Con giusto spirito didattico-celebrativo, e per dare un filo di ordine a quel favoloso impianto onirico alla Fussli, hanno suddiviso la mostra in quattro aree tematiche sviluppate per immagini che, dice Caterina, “raccontano il mondo di Guido attraverso quattro strutture geometriche aperte e scomposte, richiamo in grande scala delle sue tavole”: Milano, l’architettura, la moda e il design.

 

La mostra è organizzata – una cosa al tempo stesso liberatoria e confortante quando si pensa che per tutta la prossima settimana del Salone del Mobile toccherà andare a vedere centinaia di “installazioni” di tre sedie e quattro assi in boutique che di solito vendono borsette in serie – e reca il sottotitolo, più azzeccato ancora, di “libere evasioni e rigorose scenografie di un meticoloso costruttore di sogni”. Endorsement: chi scrive ha sempre amato la spiritosissima, variegatissima e molto eccentrica famiglia Crepax (o Crepas, in origine), della quale la Valentina originaria, figlia di Franco e moglie del compiantissimo collega del Corriere Gigi Zazzeri, scrisse per Bompiani una strepitosa esegesi in chiave ironica, “Io e l’asino mio. Storie dei Crepax raccontate da Valentina Crepax”, uscito in libreria pochi mesi dopo la sua scomparsa. Quel sottotitolo dimostra che lo spirito di famiglia è ancora intonso, nonostante le molte defezioni definitive e quel palazzetto di via Moretto da Brescia non più animato dalle serate di chiacchiere, whisky e bigliardino.

 

Prima di visitarla informatevi, perché per due settimane sarà al campus Leonardo e poi, oplà, quattro strutture pieghevoli e via, quanto è Crepax tutto questo, sarà al Campus Bovisa. “Nessun fumettista ha mai rappresentato le città con altrettante cura”, osserva Caterina: “Nessuno ha ambientato con altrettante precisione le trasposizioni dei capolavori della letteratura”. E cita quel favoloso “Strano caso di Dr Jeckyll e Mr Hyde” dove potresti riconoscere ogni singola via della Londra borghese di fine Ottocento, e ogni tournure e ogni mantellina sono puntigliosamente storiche. “Nostro padre non amava viaggiare”, aggiunge, “però si affidava alle nostre foto e ai nostri racconti”. Un altro Salgari che però, in luogo delle isole della Malesia, mescolava idee e visioni con le architetture di Gaudí, Sant’Elia, Le Corbusier (uh, vederle osservate da una Valentina gigantesca come in un sogno felliniano, esaminate da prospettive cinematografiche, fino ad allora inedite nel disegno). Adorava Milano, Guido Crepax, pur riconoscendone la scarsa, o diciamo molto nascosta, bellezza. “Per vivere bene”, diceva, “non è necessario che una città sia bella”. Le città belle, infatti, “sono fatte per essere visitate”. E a lui bastava poco. Il suo studio, principalmente.

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