Controlli della Polizia nei pressi della Stazione Centrale, a Milano (Lapresse)

Granmilano

La sicurezza di Milano non è un tema solo di Milano. Serve Roma

Fabio Massa

Le reazioni alla violenza nella Stazione Centrale confermano l'impressione di un isolamento politico nei confronti della Capitale: ma l'emergenza viene prima degli schieramenti

Le urla della donna, la violenza per ore, le reazioni della politica. C’è una orribile sensazione di già visto. Come un brutto film di serie B che i cittadini si devono sorbire, che non è fiction ma realtà. In Stazione Centrale si è consumata una violenza. L’ennesima. La banalità ripetitiva del male. I corifei della destra aggiungerebbero come tratto distintivo che il violentatore è marocchino. Ma lo è anche la vittima. Dunque? I difensori dell’operato dell’attuale giunta, e di quelle precendenti, si aggrappano invece ai numeri dei reati, in calo. Numeri che però non vogliono dire proprio nulla, tanto quanto la nazionalità dell’aggressore. Perché è vero che i reati a Milano sono calati del 17 per cento negli ultimi 5 anni (ma le rapine sono aumentate nel 2022 del 24 per cento). Ma è anche vero che vengono conteggiati solo i crimini denunciati, e tutto il resto rimane zona grigia. Se due gang si scontrano per strada con le bottiglie rotte, una non va a denunciare l’altra. Eppure i residenti si chiudono in casa, e chi ha la sfortuna di passare di là non ha certo né la “percezione” né la realtà del concetto di sicurezza. Modesta proposta per provare ad avere una fotografia più realistica: perché non inserire nelle statistiche anche tutti i feriti per armi da fuoco o da taglio che si sono presentati ai pronto soccorso? Magari non è utile alla narrazione, ma alla verità sì.

 

Il Foglio fu tra i primi a denunciare il caso degli stupri in piazza Duomo, durante i festeggiamenti del capodanno di due anni fa, che hanno portato recentemente alle prime condanne. Chiara Ferragni ha accusato Beppe Sala, salvo poi ritrattare, di noin tutelare l’ordine. Poi anche Selvaggia Lucarelli si è convinta che la metropoli ha qualche problema. Una prima verità è che le cifre che raccontano una città con i reati in diminuzione sono prive di un significato politico, perché si usano i numeri per sostenersi come gli ubriachi ai lampioni, tanto per citare un passaggio mitico di un confronto Prodi-Berlusconi. Il già visto della violenza, delle notazioni sulla nazionalità del violentatore, dei numeri dei reati complessivi in diminuzione. Non ci fosse orrore ci sarebbe noia. Deja-vu anche la reazione del governo: arriverà il ministro dell’Interno. Sai che novità. Possiamo – semplici aruspici dilettanti – prevedere le prossime mosse. Il sindaco chiederà al governo più agenti di polizia, e annuncerà al contempo che Milano ha dato il via al piano di assunzioni dei vigili urbani – che tuttavia per strada non si vedono, e del resto hanno compiti diversi dagli agenti di Ps.

 

Ci vuole tempo a formarli, si dirà. Il ministro del governo di Roma risponderà che è stato già fatto molto, e che l’attenzione per Milano è massima. Dopodiché Piantedosi tornerà nella Capitale, e fuori dalla Stazione Centrale rimarrà la stessa compagnia di spaccio e insicurezza. L’ultima volta che pareva che qualcuno si fosse svegliato era ai tempi di Lamorgese prefetto: elicotteri, camionette, polizia a cavallo e a piedi, e via pulire tutto. Fuoco di paglia 8e c’era pure una parte della sinistra a lamentarsi). Non si è visto nient’altro, con Lamorgese ministro. Il fatto che in tutte le metropoli del mondo la sicurezza sia un problema non leva il fatto che sia – appunto – un problema. E che chiunque si trovi al governo centrale (che ha le competenze in materia di sicurezza) e al governo locale (che ha l’obbligo di metterci la faccia, su tutto), debba sforzarsi perché la situazione non rimanga sempre la stessa. Un esempio: crocifissero l’allora vicesindaco De Corato per aver chiuso con cancelli piazza Vetra di notte. Ora piazza Vetra è luogo per famiglie e cani. Perché non recintare anche il piazzale della Stazione, con accessi sorvegliati di notte?

 

Ma il ragionamento sulla sicurezza, per la Milano di oggi, ha anche un risvolto nuovo. C’è una verità scomoda, dietro l’ultimo episodio. Che è quella di una città politicamente isolata e che mai come in questo momento avrebbe bisogno di Roma; ma che a Roma ha avversari politici. Milano si trova in un momento della sua storia delicato. C’è un sindaco al secondo mandato, Beppe Sala, con una maggioranza che deve per forza guardare lontano a quel che avverrà dopo dopo 15 anni di dominio incontrastato, e con un centrodestra talmente confuso da risultare comicamente afono quando arrivano le elezioni. Questo centrosinistra dovrà scegliere se confermare il percorso già noto, andando a selezionare personale politico (Pierfrancesco Maran?), oppure se lanciare “un nuovo inizio”, cercando nella società civile nuove idee. In ogni caso: la sicurezza sarà una delle parole d’ordine? O sarà come sempre smussata, per la paura di offrire un argomento agli avversari? Il centrodestra dovrà invece trovare il modo di entrare in risonanza con la città, cosa che non fa ormai da tre lustri, tanto da non saper sfruttare nemmeno una emergenza sicurezza che è palese e viene percepita come tale. Le soluzioni della destra non hanno appeal.

 

L’isolamento politico di Milano si sostanzia nella gestione della sicurezza, che è problema nazionale. Ma è più cogente in altri ambiti, come quello finanziario. I conti pubblici in difficoltà a causa degli enormi investimenti sui trasporti, deliberati sotto la giunta Pisapia, saranno nodi al pettine nel giro di un annetto. I numeri che diventano difficili da sostenere determineranno contrazioni di spesa su tutti i settori: la scontata richiesta a Roma non solo di nuovi agenti, ma di nuovi fondi. Che cosa farà il governo? E che cosa farà Milano per arrivare a quel confronto non da nemica, né da città-stato, ma nemmeno da nobile decaduta? Come si stanno muovendo gli sherpa (se si stanno muovendo) per costruire una rete di protezione per Milano? Perché una cosa è la politica, e un’altra è la città. La città viene prima degli schieramenti, e questo è bene che tutti se lo ricordino.

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