GranMilano
Arriva il nuovo centro di infettivologia (ma che ci fa Gismondo?)
L'ipotesi che a Milano si realizzi un centro che raccolga le migliori forze della ricerca scientifica è segno che dalla pandemia qualcosa si è imparato. Alla guida potrebbe arrivare la nota microbiologa del Sacco
Scordarsi del Covid non è saggio, questo dovremmo averlo imparato. Scordarsi però di alcune stupidaggini della pandemia, ad esempio le fastidiose virostar, sarebbe bello. Purtroppo qualcuno è entrato in politica, qualcuno ci ha tentato invano, qualcuna si atteggia a dietologa. Massimo Galli, infettivologo e primario del Sacco e gran guru della diagnosi televisiva, è uscito di scena, disturbato solo dalla solita, inutile inchiestina. Non è uscita di scena invece una della sua squadra, Maria Rita Gismondo, microbiologa del Sacco che fece subito lo spillover, dal laboratorio a una rubrica sul Fatto. Di lei sarebbe bello scordarsi, a partire da quel “quando tutto questo sarà finito mi farò fare un ciondolo d’oro a forma di coronavirus che è bellissimo”, detto all’inizio del disastro, salvo poi transitare sul lato opposto e accusare tutto e tutti di non fare abbastanza. Recentemente, sul giornale di Travaglio, si è esibita in elucubrazioni che rasentano il complottismo: “La gente ha pagato un prezzo troppo alto. Stanno venendo alla luce documenti agghiaccianti, prove di omissioni gravissime”. “Un’altra verità al di là del mainstream”, ha scritto. “Alla parola mainstream abbiamo chiuso”, aveva commentato qualcuno. Qui, invece, tocca andare avanti. Perché secondo informazioni raccolte dal Foglio, che spera di essere smentito, Gismondo sarebbe il nome che Fratelli d’Italia ha in mente per dirigere il nuovo centro internazionale di infettivologia di Milano.
Che cos’è? Effettivamente, una buona notizia. Anche in accordo con lo Spallanzani di Roma, a Milano si sta ipotizzando di realizzare un centro che raccolga le migliori forze di ricerca lombarde – il Sacco, il Policlinico, il San Matteo di Pavia e altri – e le metta in grado di collaborare per diventare una eccellenza europea. Segno che dalla pandemia qualcosa si è imparato, e cioè che sulla ricerca bisogna investire. Quindi bene l’ipotesi di lavoro sul centro internazionale di infettivologia. Le prossime settimane dovrebbero dare sostanza alla decisione e certo in Regione c’è molto lavoro su questo dossier. Ma nei corridoi della politica e in certi spifferi che soffiano gira voce che le migliori menti di Lombardia potrebbero essere guidate proprio da Gismondo. Presto, un microscopio per vederci chiaro.
Virus e virostar a parte, l’assessore Guido Bertolaso ha fatto promesse non da poco la settimana scorsa, al convegno Salute Direzione Nord. Cose che attengono al buon senso. La prima. “Il problema delle liste di attesa non è economico, ma organizzativo. Entro fine anno i cittadini lombardi avranno un sistema di prenotazione unico, dove potranno prendere appuntamenti scegliendo l’ora il giorno e il luogo in cui fare la visita”. Tradotto: l’agenda unica già esiste, ma la vedono solo gli operatori che a volte (spesso), non consultano tutte le opzioni disponibili. Entro fine anno quell’agenda la potranno vedere direttamente i cittadini. La seconda: recuperare il culto della programmazione. Ovvero, evitare la situazione attuale, nella quale “non abbiamo più medici ma una pletora di pensionati. Non abbiamo saputo fare nessuna programmazione, nemmeno nelle specializzazioni. Ci sono ospedali con in pianta organica un anestesista, quando ne servirebbero magari 14 o 15”. Parole anche molto dure, e chi ha orecchie per intendere, a Roma, le ascolti. Anche se qualche giorno fa il capo dell’opposizione regionale Pierfrancesco Majorino ha alzato di nuovo il rumore dei tamburi, promettendo “una nuova riforma o sulla sanità pubblica sarà scontro totale”. Si vedrà.