Gran milano
Sgomitate nel Pd lombardo in vista delle elezioni europee
I segretari locali di Milano e Lombardia dovevano essere scelti entro l’estate, invece non verranno nominati prima di ottobre. Troppo nomi (bonacciniani) e nessun medoto verso il 2024
Un sovraffollamento fratricida. È pur vero che il Pd è fortemente europeista, e che tra gli europeisti del Pd quelli più europeisti sono indubbiamente i riformisti (che hanno votato tutti Bonaccini) ma si rischia francamente di esagerare, in vista della tornata elettorale del prossimo anno. Perché i bonacciniani che si scaldano per le europee potrebbero essere davvero troppi. Esaurite con danni le regionali di Lombardia e Lazio. Esaurite le amministrative con ulteriori danni e coi primi mugugni contro la lìder maxima Schlein, è tempo di concentrarsi sul prossimo motivo per litigare all’interno dei dem. Si pensava che i congressi – perché questa era l’intenzione di Elly – sarebbero stati prima dell’estate. E via di grandi e importanti manovre, accordi tra correnti e nomi da mettere sul piatto. I favoriti: Alessandro Capelli alla segreteria metropolitana e Silvia Roggiani dalla segreteria metropolitana a quella regionale. E tutti felici e contenti. Invece no: perché per scegliere i segretari bisognerà aspettare almeno fino a ottobre, o forse anche più in là, con i primi freddi e la grande voglia di mangiare il panettone senza occuparsi di andare a recuperare i voti nei circoli – che paiono purtroppo sempre più spopolati, deserti e delusi. A Milano – sia detto per inciso – non si registrano iniziative interessanti da parte dei circoli da mesi (un tempo con la guerra in Europa e un governo di destra, ci sarebbero stati appuntamenti a raffica). Intanto però le europee incombono, e non si arriva alle urne se prima non si decidono i vertici politici. Appuntamenti legati, e assai importanti anche perché di fatto decideranno il percorso che porterà al prossimo sindaco di Milano.
E dunque, i segretari. Se si votasse domani tutto sarebbe già apparecchiato: Roggiani e Capelli, con la benedizione di Franco Mirabelli, ultimo grande saggio che ha vissuto tutta la trafila dal Pci, al Pds, ai Ds, al Pd. Ma non si vota domani, e allora c’è una corte spietata a Emilio Del Bono, già sindaco di Brescia (dove il centrosinistra ha vinto, con una riformista), recordman di preferenze in Regione Lombardia, che oggi non ha alcun ruolo politicamente davvero incisivo. Pare che Del Bono non abbia ancora deciso alcunché. Tentenna, ma solo perché non vuol dividere ulteriormente il partito. Di certo Del Bono potrebbe fare una cosa meritoria: sfrondare e selezionare la pletora di moderati e riformisti che vogliono correre alle Europee. Premessa: con l’attuale forza elettorale scatterebbero cinque, massimo sei posti all’Europarlamento nel collegio nord-ovest. Dicono che vorrebbe avere un posto in lista Giorgio Gori, che finisce il suo secondo mandato da sindaco di Bergamo nel 2024. Poi c’è Emanuele Fiano, prima consigliere comunale, poi candidato sindaco ma per poco – prima di ritirarsi e sostenere Beppe Sala, e parlamentare prima di essere sconfitto da Isabella Rauti a Sesto San Giovanni. Bandiera dell’antifascismo, sanno tutti che vorrebbe correre. Uscente è Brando Benifei, il più forte della compagine ligure. Poi c’è Pierfrancesco Maran che ci sta pensando. Anche lui non ha una decisione formata, e si prende il suo tempo. Ma potrebbe esserci. Ci sta pensando non poco pure Fabio Pizzul, già capogruppo in consiglio regionale, che adesso è tornato a fare il giornalista. E infine c’è l’uscente Irene Tinagli. Che cosa hanno in comune i sei esponenti?
Hanno tutti sostenuto, chi più chi meno (chi più apertamente chi meno apertamente) Stefano Bonaccini. Sono sei, tutti bonacciniani. E Elly Schlein? Pare voglia puntare su donne capolista, e nel nord ovest dovrebbe essere Chiara Gribaudo, piemontese, classe 1981. Ma non solo. Si vocifera anche di un nome molto noto, sempre della mozione Schlein. Insomma, un vagone più affollato della metro all’ora di punta (senza contare che pure Antonio Misiani e Andrea Orlando sono nomi che girano), con i moderati pronti a darsi battaglia e a rubarsi voti. L’auspicio di una parte del partito è che con Emilio Del Bono qualcuno getti la spugna, mentre l’altra teoria in campo è quella “spartana”: tutti a combattere e sopravvive chi rimane in piedi. Alla fine la decisione sarà di Schlein, che però non pare abbia coinvolto molto il partito milanese nelle sue recenti sortite, tranne la sua partecipazione al 25 aprile che sotto la Madonnina è sempre un momento di grande spolvero per i democratici alle prese con un momento cruciale della loro storia.