GranMilano
Non solo “maranza”. L'emergenza dei minori esplosa a Milano
Il fenomeno delle gang etnico-giovanili viene da lontano. I numeri, le poche strutture e l’accoglienza che annaspa
Non c’è solo Nerone (quello climatico) a cambiare i connotati dell’agosto milanese, perché se in centro continua il benefico assedio dei turisti (benefico per l’economia: ma malefico per i nuovi maître à penser e/o influencer contro il “turismo tossico”), nella vasta periferia metropolitana, accanto agli anziani soli, si va rapidamente estendendo il popolo dei giovani migranti, spesso di seconda generazione, con il correlato della loro ormai nota tendenza ad aggregarsi in bande o gang su base territoriale ed etnica. Un fenomeno noto, e per la verità poco o mal gestito dalle istituzioni (che sempre più si affidano all’attivismo del Terzo settore), corroborato in questa estate dagli ultimi arrivi: sui 22 mila stranieri arrivati a Milano all’inizio dell’anno, sono ben 1.300 i minori non accompagnati arrivati e in carico per legge al comune di Milano: GranMilano aveva già segnalato con anticipo, 20 ottobre 2022, “l’allarme molto serio” dei minori non accompagnati e che i comuni non riescono a gestire. In quell’occasione, l’assessora alle Politiche sociali di Bergamo, Marcella Messina, aveva fatto qualche conto con il Foglio: “Nel 2022, fino al 6 ottobre, per 179 minori abbiamo speso tre milioni e 431 mila euro di cui solo un milione e 983 mila coperti dalla Prefettura. Una cifra che pesa sul mio budget per il 2022, di 12 milioni di euro, e crea conseguenze negative su tutto il sistema Welfare. Le assistenti sociali sono ridotte a fare le operatrici booking.com per trovare alloggi per i minori stranieri”.
Ancora l’11maggio avevamo denunciato una situazione già ingestibile, con i comuni costretti a spedire fuori regione i minori “eccedenti”, anche a livello di budget esauriti. Gli arrivi del 2023 però ora si aggiungono alle migliaia già presenti. E nemmeno i più favorevoli all’accoglienza negano che, in mancanza fisica di luoghi dove farli stare, sono minori pronti a entrare nelle ben organizzate gang etniche che popolano le periferie cittadine.
“Seguiamo il tema dell’accoglienza da molto tempo – spiega al Foglio Costantina Regazzo, direttrice dei servizi di Arca (storica onlus che si dedica al primo aiuto) – collaboriamo col Comune e con la Prefettura. Rispetto al tema dei minori non accompagnati da un anno e mezzo abbiamo accolto la proposta del Comune di Milano e oggi lavoriamo per la struttura che accoglie 40 giovani stranieri non accompagnati”. Regazzo non nasconde le difficoltà: “Il tema è complicato. I minori arrivano dalla strada o da realtà autonome. Il Comune ha messo a disposizione anche dei piccoli alloggi. Noi abbiamo creato un hub, che con una equipe multidisciplinare lavora a un primo orientamento per una trentina di giorni, poi i minori vengono avviati in comunità. Purtroppo questi ragazzi rischiano di essere oggetto di situazioni difficili, anche malavitose. Si muovono in branco e il loro comportamento – compresi i piccoli furti – rischia di essere provocatorio. Rubano il cellulare, fanno lo scippo, o quando sono assieme scadono nei piccoli atti vandalici e questo non aiuta: sono come il dottor Jekyll e mister Hyde, se li prendi uno a uno, sono ragazzini di 12, 13, massimo 17 anni e ti viene voglia di abbracciarli, perché attraversano un periodo molto difficile. Ma non sono come i nostri adolescenti, hanno visto situazioni drammatiche in giro per il mondo, violenza compresa, e questo rende difficile il lavoro degli operatori”.
Il lavoro è complesso anche perché questi giovani entrano in un ambiente – i quartieri come San Siro o il Corvetto – dove l’integrazione è un problema aperto e a dominare sono le gang locali. “Le comunità poi accompagnano i ragazzi verso la scolarizzazione, perché possano essere in futuro autosufficienti, inseriti nel tessuto sociale. Ma c’è chi scappa o delinque e il passaggio al carcere minorile Beccaria diventa automatico. Occorre tanta pazienza, noi lavoriamo coi piccoli gruppi, insegnando la lingua e le regole della nostra comunità”, prosegue la dirigente di Arca. “Il tema dei minori è una grande preoccupazione, a partire dalle modalità comunicative. Oggi i ragazzi hanno una vita virtuale che non coincide con la capacità di stare insieme. Per noi oggi la vita in strada non è il luogo della socializzazione, per loro sì”.
La lunga marcia per l’integrazione è accidentata, e quando d’estate la città dismette temporaneamente la sua vocazione migliore, il lavoro, l’altra faccia della medaglia conquista i titoli di testa. E’ così che i “Maranza” – nuovo nome collettivo, gli esperti di gerghi metropolitani spiegano trattarsi di “un termine dispregiativo – nato dalla fusione fra le parole ‘marocchino’ e ‘zanza’ – con il quale si indicano adolescenti e giovani spesso di origine nordafricana, ma non solo aderenti a gang e bande. Dopo aver sfondato su TikTok i “maranza” sono approdati sulle pagine patinate di Vogue (per il look) e nei commenti del Corriere Milano per le imprese vandalistiche, gli scippi di gruppo e altro attorno alla Darsena e nelle vie desertiticate di agosto. Ma si sa, la moda – sine cura di ogni ufficio marketing che si rispetti – cattura le sue nuove tendenze dalla realtà. E cosa c’è di meglio dei ragazzini nordafricani in tuta e finte calosce che terrorizzano e rapinano i coetanei nelle strade della movida estiva? Le periferie milanesi, nell’arco di pochi anni e mesi, hanno prodotto diverse gang giovanili: dai latinos col machete, ai cultori del rap fino ai maranza che crescono nella calura estiva. Fattore comune – oltre alla capacità di aggregare soprattutto minori – i reati predatori, come ha spiegato a Vanity Fair Ciro Cascone, fino a poco tempo fa Procuratore capo del Tribunale dei minori di Milano. “Tre cose accomunano questi gruppi. Primo, il territorio: spesso si identificano con il Cap del quartiere di appartenenza. Secondo, il disagio economico e il desiderio di pareggiare i conti con chi è nato più fortunato. Terzo, il non pensiero: rubano spesso per gusto, aggrediscono per uno sguardo sgradito”. Poca scuola, spesso meno ancora famiglia, e “per la società, sono ragazzi invisibili”, conclude il magistrato.
Andrea Monti, leghista doc (consigliere regionale, amministratore di lungo corso e da poco sindaco di Lazzate) che ha esperienza sul campo, sul tema immigrazione dice la sua: “Sui minori non accompagnati c’è il tentativo di scaricare la competenza sui comuni, ma credo che non tocchi a loro risolvere il problema. Alla base c’è il lassismo sul controllo negli ingressi che c’è stato negli ultimi anni. Ora il governo sta meritoriamente tentando di cambiare rotta ma noi paghiamo l’atteggiamento degli ultimi”. Si potrebbe obiettare che il governo di Giorgia Meloni, dopo il disastro di Cutro, sta attuando politiche in sostanza contrarie a quelle chiusuriste care alla Lega, ma questo non cambia dimolto, in verità, la situazione dei territori. Continua infatti Monti: “Occorre aggiungere che noi abbiamo una legislazione tutelante rispetto ai minori ma molto spesso chi si dichiara minore, minore non è. Non stiamo parlando di bambini ma di persone già grandi senza documenti. Dev’essere lo Stato a occuparsi direttamente di questi minori”. Altra questione riguarda le baby gang: “Per arginarle serve una maggiore presenza delle Forze dell’ordine sul territorio ma si può ricorrere anche ai volontari (le ronde) che danno una mano con un effetto deterrenza. C’è un problema sociale però: la scuola e la famiglia sono in crisi. E molti ragazzi senza un sostegno importante scivolano più facilmente in un contesto negativo. L’immigrazione incontrollata certo non ha favorito l’integrazione”, conclude Monti. E così Milano, la città dell’accoglienza – transitando per le pagine ovattate di Vogue – grazie alle gang presenti sul territorio rischia di somigliare sempre più alla banlieue parigina.