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L'Isola felice. Storia (e idee ) del quartiere di Milano nella top ten mondiale delle zone cool
La rivista Time Out ha inserito il quartiere che fu popolare del capoluogo lombardo tra le mete che tutti i turisti di passaggio dovrebbero assolutamente visitare
Non c’è dubbio, il più recente rebranding iconico di Milano (pessima espressione che piace tanto ai guru del marketing ma anche alla politica) passa attraverso il redivivo quartiere dell’Isola, illuminato dall’alto dei suoi gradini e grattacieli da piazza Gae Aulenti, per espandersi giù oltre la Biblioteca degli Alberi nel gentrificato vecchio quartiere popolare e di botteghe e, dall’altra parte, fino ad arrivare, con estensione topografico-semantica, a corso Como. E’ il nuovo cuore della città, nonostante piazza Duomo, monumentale ma tristemente buia e deserta dopo le nove di sera e circondata da brutte vie di shopping andante. Se n’è accorta anche Time Out (rivista di tendenza inglese) che ha scelto l’Isola tra i quartieri più cool del mondo: dal buon cibo alle più belle vetrine dove fare shopping, passando per i musei e i luoghi di cultura, e il residenziale di lusso ma a target giovanile (chi può) ogni città ha il suo quartiere più “in”, che tutti i turisti di passaggio dovrebbero assolutamente visitare.
E pensare che all’inizio della nuova storia urbanistica dell’Isola, attorno al 2010, un manipolo di contestatori si oppose al trasferimento della “stecca degli artigiani” in quanto “roccaforte della Milano popolare”. Grazie alla determinazione dei progettisti si risolse tutto col trasferimento delle botteghe nel nuovo edificio progettato dallo studio Boeri, l’Incubatore dell’Arte. E al posto della vecchia “stecca” abbattuta, sorse il palazzo simbolo della transizione ambientale (non per tutti), noto in tutto il mondo come il Bosco Verticale, realizzato proprio da Stefano Boeri.
“E’ un esempio molto interessante l’Isola – dice al Foglio l’architetto Boeri – di quello che dovrebbe essere una città, con la possibilità di zone e quartieri con una grande diversità di utilizzare degli spazi che condividono”. Un esempio: la Biblioteca degli Alberi, “diventata un punto d’incontro dove si affacciano città diverse. Corso Como arriva fino a corso Garibaldi e al centro storico, ha mantenuto il carattere di un quartiere alla moda. Poi verso la stazione Garibaldi, con un nodo essenziale per la mobilità milanese. La zona delle Varesine più legata al sistema direzionale, gli alberghi, il Pirellino, la torre Galfa, il centro direzionale. E poi c’è il quartiere storico Isola che, nonostante i grandi rischi di essere inglobato, ha mantenuto i suoi aspetti originali”. Certo oggi è diventato più alla moda con un processo di colonizzazione da parte dei giovani, “però molte cose restano: il mercato è autentico, nelle strade laterali ci sono ancora realtà incredibili” e la presenza di molte attività artigiane aiuta la zona a conservare un profilo produttivo. “E’ il meglio della nuova Milano”, azzarda Boeri. “Quella cosa lì non c’è a City Life, ma non c’è nemmeno alla Darsena che come caratteristiche è simile. L’Isola è diventato un punto d’incontro di gente e stili di vita diversi”. Le due velocità rappresentano un rischio per Milano, ma “l’allargamento della forbice non ha sradicato l’anima popolare dell’Isola”, riflette l’archistar.
Dunque ancora oggi il quartiere Isola mostra le proprie radici. Sviluppatosi tra la seconda metà ̀ dell’800 e i primi del ’900, ha preso il nome dalla costruzione della ferrovia nel 1865 che divise e isolò, per l’appunto, il quartiere dal resto della città. Era una zona operaia, grazie alla vicinanza di molte fabbriche (tra le quali la Pirelli) e di numerose botteghe artigiane. “L’Isola è un microcosmo molto interessante, perché racchiude gli aspetti positivi e le contraddizioni della grande metropoli”, spiega Arianna Petra Fontana, presidente milanese di Confartigianato. “Da un lato, grazie alla spinta dei nuovi insediamenti di Porta Nuova, l’Isola è tornata in primo piano. Anche il National Geographic ci ha coinvolto e la prossima primavera farà con noi un tour della zona per mostrare gli artigiani del quartiere. La loro resistenza ha dato i suoi frutti: è una dimensione umana, popolare, dentro una realtà che guarda al futuro. Anche la Biblioteca degli Alberi (gestita e curata dalla Fondazione Riccardo Catella, ndr) e realizzatoci ha aiutato: uno spazio aperto, verde che favorisce le relazioni. Poi però il settore del food si è fatto un po’ invasivo. Anche la ciclofficina di via Thaon de Revel – con l’affitto arrivato alle stelle – deve cedere il passo probabilmente a qualche locale della movida. L’artigiano che deve fare i conti con la crisi si domanda da dove arrivino le risorse per ristrutturare e aprire pizzerie e locali enormi, servirebbe una lente d’ingrandimento per capire meglio tutti questi denari da dove arrivano…”. Qualche problema c’è e non solo a Porta Nuova.
Negli anni 60 divenne lo snodo della politica cittadina, con l’insediamento del palazzo che ospitava la federazione milanese del Pci, laboratorio delle prime giunte di sinistra a Milano. In quegli anni si è cominciato a discutere che fare della zona delle Varesine, che ancora ospitava il lunapark cittadino. Nel 1999, Comune e Regione, su iniziativa dei privati, iniziarono a metterci mano. La Regione decise di collocarci la nuova sede istituzionale e nel 2004 nacque l’idea di Porta Nuova con il progetto della “Biblioteca degli alberi”. Nel 2005 il Comune di Milano e Hines, il principale soggetto privato promotore dell’intervento insieme al Comune, stipulano la convenzione attuativa del PII Garibaldi-Repubblica; l’anno successivo Hines acquisisce Le Varesine srl. Oggi i grattacieli, il Bosco Verticale, gli spazi verdi, la Torre Unicredit sono diventati i simboli della nuova Milano. Oggi il padrone del nuovo skyline è la Qatar Investment Authority (QIA), (che già dal 2013 ne possedeva il 40 per cento), è salita al 100 per cento del capitale. E anche questo è un segno dei tempi e dell’attrattività di Milano.
Salire al centro dell’attenzione e diventare trendy ha i suoi lati difficili. E’ il caso della vita notturna che si snoda lungo l’asse di corso Como e dell’Isola. I locali si moltiplicano la movida è di casa e aumenta la presenza di chi ne approfitta per delinquere. Per riconquistare un po’ di tranquillità residenti e commercianti di corso Como hanno deciso di assumere dei vigilantes in grado di “dissuadere” chi non si limita ad un aperitivo ma punta sulla massiccia presenza dei turisti per furti, aggressioni e spaccio. Esasperati da furti e dalle sempre più frequenti aggressioni a danno anche dei residenti, al punto che “perfino portare giù il cane la sera è diventato pericoloso”, i condomini di molti palazzi hanno deciso di pagare un servizio di guardie giurate per riconquistare un po’ di tranquillità. D’altra parte in città il problema della sicurezza sta crescendo e il comune (che può contare solo sulla polizia locale) vede di buon occhio il dispiegamento dei vigilantes privati tant’è che l’ha in parte finanziato. Anche se il rischio della sicurezza “fai da te” esiste sempre.