La Ca' Granda di Milano durante la festa del perdono, XVII secolo 

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Il progetto abitativo sugli immobili del Policlinico di Milano: pubblico, privato ed Europa

Mariarosaria Marchesano

La Ca' Granda ha accumulato un patrimonio immobiliare di circa 1.700 appartamenti, 43 edifici cielo-terra, quasi tutti in pieno centro. Oggi 200 di questi alloggi che si trovano nel quartiere Paolo Sarpi saranno riqualificati e messi a bando grazie a un progetto di housing sociale finanziato dalla Banca europea degli investimenti

Ca’ Granda vuole dire “casa grande”, la casa di tutti i milanesi. Era il 1456 quando nacque, per iniziativa del duca Francesco Sforza, il primo grande ospedale pubblico in Europa, il Policlinico di Milano, imitato poi da Francia e Spagna (ne esiste in miniatura una copia identica a Lione). Un luogo di cura, ma anche di accoglienza e di rifugio, dove venivano nutriti e cresciuti i bambini di famiglie disagiate. Più di un presidio sanitario, un monumento al welfare cittadino, come si direbbe oggi. Nei suoi sei secoli di vita, la Ca’ Granda ha accumulato un patrimonio immobiliare di circa 1.700 appartamenti, 43 edifici cielo-terra, quasi tutti in pieno centro, frutto delle donazioni. Ebbene, oggi 200 di questi alloggi che si trovano nel quartiere Paolo Sarpi saranno riqualificati e messi a bando grazie a un progetto di housing sociale finanziato dalla Banca europea degli investimenti e che coinvolge un gruppo di soggetti pubblici e privati, Cdp Real asset sgr, Fondazione Cariplo  e Investire Sgr (gruppo Banca Finnat). Il piano prevede che queste case vengano demolite e ricostruite secondo standard di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale per poi essere assegnate alla “fascia intermedia” della popolazione che non è in grado di accedere né al libero mercato né all’edilizia residenziale pubblica. Insomma, grazie a Ca’ Granda – che è anche il nome del fondo d’investimento in cui la Fondazione Policlinico ha conferito i suoi immobili nel 2016 – un quartiere storico di Milano potrà ritrovare quel mix abitativo che in città si è un po’ perso dopo anni di sviluppo immobiliare che ha attratto le classi più ricche.

“Tutto nasce alcuni anni fa quando ci servivano i fondi per costruire il nuovo ospedale – racconta al Foglio Marco Giachetti, presidente del Policlinico di Milano – La regione ci diede 30 milioni, il ministero 36 ma il nuovo presidio costava 270 milioni. Allora nacque l’idea di conferire l’intero patrimonio in un fondo immobiliare di cui siamo diventati quotisti. Il 40 per cento degli alloggi è stato venduto sul mercato e con il ricavato abbiamo in parte finanziato i lavori e in parte avviato il recupero della restante parte. Insomma, volevamo che il patrimonio venisse valorizzato, riqualificato e restituito alla popolazione, come segno del grande legame che da secoli c’è tra l’ospedale e i suoi cittadini, che sono anche i suoi benefattori. Abbiamo voluto un progetto di social housing che rispecchi questo concetto: da una parte, abitazioni belle e moderne a prezzi calmierati per le fasce deboli, dall’altra interventi nel sociale. Mi piace pensare che i valori dell’antica Ca’ Granda, un luogo ospitale per tutti i bisognosi, una sorta di agorà che abbracciava tutta la città, siano giunti fino a noi e si rinnovino in questo progetto a favore di Milano e dei suoi abitanti”.

Quando la Fondazione Policlinico ha conferito gli immobili al fondo gestito da Investire sgr il loro valore era di 311 milioni, ma dopo gli interventi di riqualificazione, oggi hanno un valore di mercato ben più alto. Nel tempo, il progetto si è ampliato attirando grandi investitori istituzionali, quei capitali “pazienti” di cui tanto si parla per cercare di dare una risposta al problema della casa, come appunto Cdp Real asset Sgr, attraverso il Fia, il Fondo investimenti per l’abitare, e la Fondazione Cariplo. Ma, soprattutto, ha suscitato l’interesse della Bei, che ha stanziato il finanziamento di 34 milioni per riqualificare i 200 appartamenti di Paolo Sarpi. “E’ la prima volta che la Bei finanzia direttamente un fondo immobiliare – spiega Andrea Clerici, responsabile operazioni Bei per il settore pubblico in Italia – Ma non è detto che sia l’ultima. A patto che si trovino condizioni altrettanto favorevoli, potremmo valutare altri progetti e in altre città”. Ma che cosa occorre affinché Paolo Sarpi diventi un modello replicabile altrove? “Occorre fare una premessa: negli ultimi cinque anni la Bei ha investito 96 miliardi a livello globale per lo sviluppo urbano, di questi circa l’8 per cento è stato destinato all’housing sociale che vuol dire circa 800 mila unità abitative. Finora abbiamo lavorato soprattutto in nord Europa, Francia, Germania, Austria perché in questi paesi esistono condizioni favorevoli per investitori istituzionali e di lungo periodo come siamo noi. Però anche in Italia ci sono potenzialità interessanti e se dovessi elencare i requisiti che occorrono direi senz’altro un obiettivo di efficientamento energetico, un grande proprietario immobiliare e un quadro regolatorio chiaro e certo nel campo dell’edilizia sociale. Insomma, direi una collaborazione attiva tra pubblico e privato”.