GRAN MILANO
Unicredit lascia il grattacielo per Scalo Farini: è un cambio d'epoca
È in atto un cambiamento nello sviluppo urbanistico e immobiliare di Milano: pandemia e smart working hanno cambiato la percezione di uno skyline che imita quelli di Londra e New York ma che potrebbe avere già fatto il suo tempo. Il futuro è orizzontatela
La decisione del gruppo Unicredit di lasciare i grattacieli di Gae Aulenti per costruirsi una “cittadella bancaria” nell’area dello scalo Farini è il segnale che è in atto un cambiamento nello sviluppo urbanistico e immobiliare di Milano. Da verticale a orizzontale. Da Palazzi di trenta piani a edifici bassi e circondati di verde. Da ascensori supersonici a rampe di scale su pochi livelli. Da vetrate opache e fisse a finestre che si aprono e così via. Non è un’esagerazione dire che la scelta di Unicredit è il primo segnale tangibile che pandemia e smart working hanno cambiato la percezione di uno skyline che imita quelli di Londra e New York ma che potrebbe avere già fatto il suo tempo. “In effetti, con torri e grattacieli stanno emergendo alcune criticità nei progetti di rigenerazione urbana – dice al Foglio Federico Aldini, presidente dell’ordine degli architetti di Milano e socio dello studio Beretta – anche se io trovo che lo sviluppo in verticale non debba essere demonizzato poiché spesso rappresenta l’unico modo per liberare spazio dal basso ed evitare un consumo eccessivo di suolo”. Eppure, è già da qualche anno che l’idea delle torri “iconiche”, su cui campeggiano le insegne dei colossi bancari e assicurativi, non suscita più il fascino di un tempo, oltre a porre i problemi logistici e di sovraffollamento che si sono visti con la crisi sanitaria. Ci vorranno almeno sette anni, tra bonifica del suolo e costruzione, per terminare i lavori dello Scalo Farini. Due le cordate che si sono fronteggiate: da un lato Unicredit, Hines e Prelios, dall’altra Coima, Generali Real estate ed Emaar Properties. Ad aggiudicarsi la gara, secondo indiscrezioni, sarebbe stata la prima e presto dovrebbe esserci l’annuncio ufficiale. Se tutto filerà liscio, la banca guidata da Andrea Orcel dovrebbe finanziarie per una cifra non lontana da 500 milioni di euro. In sintesi, Unicredit compra tutti i terreni, li conferisce in un fondo immobiliare gestito da Prelios e per prima cosa si farà costruire da Hines il suo mega campus, comprese un po’ di abitazioni per i dipendenti, gli “espatriati” che venendo da fuori regione o dall’estero fanno fatica a trovare una sistemazione a Milano.
Un modo per attrarre talenti, che tutti gli studi dicono essere poco propensi ad accomodarsi alla scrivania dell’ennesimo piano e preferiscono ambienti più accoglienti e social, oltre che chiedere almeno due giorni di lavoro da remoto alla settimana (cosa che in Unicredit, peraltro, già esiste). “I nuovi modelli di organizzazione del lavoro non sono però l’unico fattore che sta mettendo in discussione il modello delle torri nello sviluppo futuro della città – prosegue Aldini – Nel settore residenziale, per esempio, i progetti che riguardano la costruzione di grattacieli finiscono quasi sempre per essere contestati dai comitati dei cittadini anche quando rispettano tutti gli standard e tutte le norme urbanistiche. È come se questi edifici così alti facessero fatica a inserirsi nel tessuto urbano e sociale. L’amministrazione comunale ha ben presente il tema, tant’è che mi è parso di percepire che ci potrebbe essere un chiaro cambio di indirizzo da parte dell’assessorato all’Urbanistica”. Ma i veri problemi, spiega sempre il presidente dell’ordine degli architetti, si sono visti nel comparto degli uffici, a partire dalla distribuzione de flussi dei dipendenti nel periodo di distanziamento. “Basti pensare che negli ascensori potevano entrare non più di tre o quattro persone alla volta su migliaia di dipendenti. Solo programmare salite e discese si è rivelato molto difficoltoso. Inoltre il frazionamento e la vendita di porzioni di grattacieli è molto più complicata rispetto a costruzioni che si sviluppano in modo orizzontale”. Nel caso di Unicredit, il quartier generale della banca si è spostato nel 2013 nelle tre torri di Gae Aulenti con circa 3.000 dipendenti, diventando affittuario della società del Qatar a cui Coima aveva al tempo rivenduto buona parte del progetto di Porta Nuova. Sulla spinta della nuova organizzazione del lavoro, quest’anno Unicredit ha deciso di lasciare la torre B (quella intermedia) e conta per il 2030 di trasferire tutte le funzioni e le risorse del personale (anche quelle che oggi sono negli uffici di Lampugnano) nel nuovo campus. Il progetto per il recupero dell’area prevede anche una seconda e più articolata fase di sviluppo residenziale, commerciale e turistico. Un’operazione immobiliare di mercato di cui la banca di Orcel è di fatto il principale promotore.