Criptovalute
I bitcoin in Borsa? Il Politecnico di Milano studia la rivoluzione imminente
"Sarebbe un errore demonizzare gli scambi sulle monete digitali. Le tecnologie sottostanti sono talmente innovative da poter contribuire a rendere più trasparente il mercato finanziario”, dice Giacomo Vella, direttore dell’Osservatorio Blockchain & Web3 del Polimi
Sulla Borsa di Milano e sulle altre borse europee non è possibile, per ora, fare quello che da qualche giorno è consentito a Wall Street e cioè acquistare direttamente strumenti di investimento (Etf) legati ai Bitcoin esattamente come si fa per azioni e obbligazioni. Giacomo Vella, direttore dell’Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano, spiega al Foglio che sarebbe un errore demonizzare gli scambi sulle monete digitali “poiché le tecnologie sottostanti alla creazione di questi asset sono talmente innovative da poter contribuire a rendere più trasparente e non più opaco il mercato finanziario”. Oltre a barriere di tipo culturale, poiché è ancora ampia la platea di persone che non ha la più pallida idea di cosa siano le criptovalute, le obiezioni più frequenti che vengono mosse sono relative alla sicurezza degli investimenti e al fatto che la crescita di valore delle monete digitali non sia connessa alla crescita reale.
Così l’ingresso dei Bitcoin a Wall Street è stato accolto con un misto di scetticismo e soddisfazione. Scetticismo da chi crede che una tale legittimazione da parte della Sec, l’autorità che vigila sui mercati finanziari americani, possa rappresentare un rischio per i risparmiatori e soddisfazione da chi, invece, pensa che era ora che gli investimenti nelle criptovalute venissero considerati alla stregua, o quasi, di quelli tradizionali. Va detto che, in Europa, una grande banca d’affari come Sociétè generale da tempo si è aperta al mondo delle crypto e la scorsa estate ha ottenuto la licenza per la loro commercializzazione: ma può farlo solo attraverso una specifica piattaforma. Una vera apertura agli scambi sui mercati borsistici ufficiali incontra resistenze da parte delle autorità di vigilanza. In Italia il presidente della Consob, Paolo Savona, ad esempio, ha espresso più volte la sua contrarietà. “Quello che ha fatto la Sec è proprio cominciare ad abbattere un muro di diffidenza a mio parere ingiustificato – prosegue Vella – Anche l’oro è una materia prima slegata da un’economia sottostante, diversamente dalle azioni e dalle obbligazioni, eppure da sempre è quotato sui mercati. I Bitcoin sono da molti considerati il nuovo oro digitale, mentre le valutazioni delle altre criptovalute dipendono da come si evolvono le piattaforme che le generano, in particolare dalla loro capacità di produrre applicazioni”.
E proprio l’innovazione è un punto da non sottovalutare per Vella poiché la tecnologia sottostante alle criptovalute “è il punto di partenza per sviluppare altri progetti nel mondo virtuale. Il metaverso ne rappresenta un esempio, ma possiamo ricordare anche quello che è successo in passato con le dot com, quando ha cominciato diffondersi la rete web. A prescindere dalla storia e dalle quotazioni di mercato di queste società, oggi tutti usiamo internet che è diventato un patrimonio comune”. Insomma, il progresso in questo campo andrebbe incoraggiato evitando di innalzare delle barriere. Tornando, però, al tema degli investimenti, il passo della Sec quale impatto potrà avere considerando che i grandi gestori patrimoniali mondiali, come Blackrock e Fidelity, hanno già chiesto l’autorizzazione a inserire nei loro portafogli Etf legati ai Bitcoin? “E’ una decisione di portata storica perché consente a chiunque di investire in questa moneta digitale senza possederla direttamente. Certamente, l’esposizione a un pubblico molto vasto può comportare dei rischi, cosa che abbiamo messo in evidenza nelle nostre rilevazioni”.
Nell’ultimo rapporto elaborato dall’Osservatorio del Polimi, emerge, infatti, che il target di consumatori maggiormente attratto dagli investimenti in criptovalute può coincidere con quello propenso alle scommesse online. Il che rappresenta un punto debole nel processo di legittimazione degli investimenti in criptovalute e anche nel nuovo rapporto del Politecnico che sarà presentato il 19 gennaio sarà messo in evidenza lo scarso livello di conoscenza di chi acquista questi asset. “In Europa si sta ancora lavorando per capire come regolamentare l’apertura al pubblico retail. Non è un caso che la scelta che finora è stata fatta è quella di autorizzare singole piattaforme alla commercializzazione, una volta verificato il possesso dei requisiti, ma non di integrare gli scambi sulle criptovalute nei mercati finanziari tradizionali”.
Una scelta che lei condivide? “Solo in parte perché sono convinto che l’evoluzione tecnologica che si sta sviluppando nel mondo della blockchain possa semplificare il funzionamento del mercato finanziario, rendendolo alla fine più trasparente e accessibile a chi non ha una preparazione adeguata. Sarà un processo ancora lungo, ma la strada aperta dalla Sec è a mio parere quella giusta anche per l’Europa, dove, non a caso, la Bce sta studiando l’euro digitale”.