La facciata di Palazzo Marino - foto LaPresse

Gran Milano

Le sfide all'interno del comune di Milano

Giovanni Seu

Ghisa, contratti e pm. Il "contratto collettivo decentrato integrativo" siglato a ridosso di Capodanno dopo quattro mesi di trattative non è bastato per riportare la pace a Palazzo Marino. Una macchina da cambiare in fretta

Il “contratto collettivo decentrato integrativo” siglato a ridosso di Capodanno dopo quattro mesi di trattative non è bastato per riportare la pace in Comune. Segno che il malessere è forte e non riguarda solo i settori dell’Urbanistica (nel mirino della magistratura) e della Polizia locale (nel mirino di un malcontento diffuso e richiesta di un cambio di passo) ma l’intero ente che, nonostante la forte cura dimagrante degli ultimi dieci anni, resta la più grande azienda milanese. Per Giovanni Molisse, segretario della Fp Cgil Milano, lo sforzo di Palazzo Marino per arrivare alla firma è stato apprezzabile ma non è sufficiente: “Con il contratto abbiamo ottenuto risultati importanti sotto il profilo della progressione economica orizzontale, della produttività collettiva e sulle indennità relative alle specifiche responsabilità e alle condizioni di lavoro. È restato inevaso un tema decisivo: 10 anni fa i dipendenti erano circa 15 mila, oggi sono 13.272, si stanno riducendo a ritmo sempre più elevato se si pensa che ne abbiamo perso 1.000 negli ultimi 5 anni”. Le conseguenze, secondo il sindacalista della Cgil, sono un carico di lavoro più pesante da ripartire tra coloro che restano: “Mille lavoratori che vanno in pensione vengono rimpiazzati da 700, in queste condizioni non è possibile il turn over e si creano situazioni di stress in tutti i settori: è necessario un piano straordinario di assunzioni anche per fare terminare le esternalizzazioni”.
 

Il dimagrimento del personale non è l’unica conseguenza delle (inevitabili, secondo l’amministrazione) politiche di tagli. L’età media è in crescita, ben oltre i 50 anni e complica le performance di un’azienda chiamata a rispondere a domande nuove e sempre più incalzanti, come sostiene l’ex direttore generale del Comune, Davide Corritore: “Dopo Expo Milano ha cambiato pelle, è diventata una città turistica, di eventi, a forte attrazione internazionale, con una popolazione giornaliera che raggiunge il doppio di quella ufficiale. Sono esplose nuove esigenze di ordine, di sicurezza e di efficienza che il Comune, ma anche altri soggetti che hanno un ruolo di responsabilità, fanno fatica ad affrontare e a dare una risposta”. Data questa analisi non basta più implementare l’organico comunale: “È necessario acquisire una nuova mentalità, un nuovo modo lavorare e occorre utilizzare tutti gli strumenti che consentano di fare un salto di qualità come la flessibilità, il telelavoro, il digitale. Bisogna anche innovare sull’articolazione della struttura che va decentrata, Milano è una città densa e deve avere servizi più vicini”. Una rivoluzione, insomma, da fare con rapidità perché le trasformazioni non consentono pause e ritardi: “È molto grave ciò che è successo nell’urbanistica – dice Corritore –, c’è un problema di interpretazione delle norme che bisogna risolvere al più presto altrimenti rischiamo il blocco delle attività e degli investimenti che, è bene ricordarlo, nel campo dell’edilizia rappresentano il 50 per cento di quelli stranieri realizzati in Italia”.
 

Che una revisione delle modalità lavorative sia indifferibile lo sostiene anche l’ex sindaco Gabriele Albertini che ricorda come il tema fosse sentito già 25 anni: “Da sindaco ho promosso la prima riforma del comune, affidata a Parisi-Ermolli, che ha fatto nascere la figura del direttore generale e il cambio di funzioni dei dirigenti  poi hanno avuto responsabilità interassessorili. L’amministrazione ne ha guadagnato in termini di erogazione dei servizi, che sono quelli che interessano ai cittadini”. Per Albertini la priorità, in questo momento, è rappresentata dal corpo della polizia municipale che conta 2.600 dipendenti, il 20 per cento del Comune, da mesi in agitazione contro un piano di riorganizzazione che prevede, oltre all’assunzione di 1.000 ghisa, una maggiore rotazione tra uffici e servizio su strada: il nodo da sciogliere è in particolare sulle pattuglie di notte che Granelli vorrebbe raddoppiare. “Le problematiche della polizia municipale partono da lontano – spiega l’ex sindaco – contro di me i ghisa fecero 18 mesi di sciopero perché volevo trasformarli da impiegati in divisa in poliziotti. Riuscii a portare 500 “vigili di quartiere” in strada, oggi li chiamano vigili di prossimità e sono 18: credo che la sicurezza sia un tema molto importante per questa città, riportare i vigili nelle strade viene prima di altri impegni come la realizzazione delle piste ciclabili”.

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