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La scudetto di San Donato è lo stadio del Milan? Parla Francesco Squeri

Giovanni Seu

Il sindaco (civico) di San Donato sa che il trasloco della società rossonera nella sua cittadina può segnare la storia del sudest milanese. "Abbiamo l’opportunità di sfruttare un brand di livello mondiale, un’occasione di crescita straordinaria". I nodi sicurezza, infrastutture e sostenibilità economica

Se il Milan si trasferirà a San Donato sarà Francesco Squeri a emergere come il protagonista più convinto e determinato di questo evento. Imprenditore, 64 anni, da due sindaco di San Donato dopo avere sconfitto le due coalizioni di centrodestra e centrosinistra capeggiando un movimento civico. Gli piacciono le sfide difficili e sa che il trasloco della società rossonera può segnare la storia del sudest milanese, quasi come l’avvento dell’Eni negli anni ’50: “Non farei paragoni – spiega al Foglio – perché Metanopoli ha significato la nascita di una nuova comunità formata da gente che veniva dal sud. Oggi abbiamo l’opportunità di sfruttare un brand di livello mondiale, un’occasione di crescita straordinaria grazie a uno stadio tra i più belli del mondo che fungerebbe da calamita per i turisti”. Il calcio, insomma, come veicolo per trasformare un comune periferico di un’area metropolitana in un nome conosciuto dai tifosi di tutto il mondo: “La visibilità sarebbe enorme e cambierebbe il nostro modello di sviluppo che sfrutterebbe un binomio formidabile: una della società sportive più importanti d’Italia e il più grande gruppo industriale del nostro paese, l’Eni”.

  

Sarebbe la prima volta in Italia che una importante società calcistica lascia la sua città. Gli ostacoli sono tanti, a cominciare da una parte dei sandonatesi che rifiuta l’idea di un megastadio sotto casa per ragioni ambientali o, più semplicemente, di quieto vivere. Oppure ci sono le contrapposizioni politiche che sembrano preoccupare poco il sindaco: “Diversi miei predecessori erano favorevoli, quanto ai cittadini bisognerà spiegare i contenuti di questa operazione, potrebbe esserci anche un referendum: ma consultivo non abrogativo”. Più serio appare il gap infrastrutturale: “Pensiamo a 6-7 mila posti auto di cui 3.500 collocati sotto lo stadio: di più sarebbe un problema, bisogna puntare sulla mobilità dolce, le ciclabili e il potenziamento del trasporto pubblico aumentando le corse della M3 e istituendo bus navetta per lo stadio. Va poi adeguato il servizio ferroviario, oggi San Donato è solo una breve fermata della Milano-Bologna”. Altro punto delicato è la sicurezza: “Penso a convenzioni con i comuni confinanti e al contributo che il Milan potrà dare in quanto titolare dell’impianto”. Basterà per reggere l’ondata di 70 mila persone, più del doppio dei residenti dei San Donato? “Tra partite e concerti gli eventi saranno 40-45 l’anno, il complesso intorno allo stadio composto dal museo del Milan, negozi e ristoranti porterà non più di 1.000-2.000 persone”. 

Resta un ultimo punto decisivo: la sostenibilità economica dell’operazione. Beppe Sala, che ben conosce i bilanci del Milan, ha giocato una carta pesante offrendo San Siro gratis a fronte di un investimento a San Donato di almeno un miliardo. Squeri è cosciente che l’offerta potrebbe fare cambiare idea a Jerry Cardinale: “Non sono obbligati a venire qui, sappiano che in ogni momento potrebbero abbandonare il progetto. Posso dire di avere riscontrato un interesse serio, non ho percepito intenti strumentali. Entro fine marzo arriveremo a definire l’Accordo di programma e sarà più chiara qual è la scelta del Milan”.

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