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GranMilano

Al Monte Stella per non lasciare soli i Giusti dell'Umanità 

Cristina Giudici

Al giardino di Gariwo la cerimonia per Altiero Spinelli,  Vera Vigevani Jarach, Jurij Dmitriev  Narges Mohammadi 

C’è stato molta partecipazione emotiva alla Giornata dei Giusti dell’umanità del 6 marzo 2024, celebrata ieri al Giardino dei Giusti di tutto il mondo del Monte Stella. Sarà per l’invasione russa in Ucraina, per l’omicidio di Alexei Navalny, per la guerra in Medioriente riesplosa dopo il pogrom del 7 ottobre scorso.

O forse anche per la cifra morale delle figure omaggiate davanti a una platea numerosa e a tantissimi studenti, che hanno chiesto agli adulti “cosa spinge a fare del bene”. In ogni caso, si respirava un’aria diversa, un’attenzione particolare per i diritti umani universali. Quest’anno sono stati onorati il padre dell’Europa Altiero Spinelli, una delle madri di Plaza di Mayo, Vera Vigevani Jarach, e due dissidenti imprigionati e ostaggi dei regimi furiosi di Putin e degli ayatollah: lo storico Jurij Dmitriev che ha scoperto con altri attivisti dell’ong Memorial due fosse comuni delle vittime delle purghe staliniste e il premio Nobel per la Pace iraniano Narges Mohammadi. Renata Colorni, che è cresciuta con Altiero Spinelli ha ricordato le sue riflessioni in nome di un’Europa assediata più che mai dai totalitarismi: “La federazione europea non ci si presentava come un’ideologia, era la sobria proposta di creare un potere democratico europeo, era la negazione del nazionalismo che tornava a imperversare in Europa”. Vera Vigevani Jarach vittima da due dittature, un nonno deportato ad Auschwitz e una figlia diciottenne rapita dai militari argentini e gettata nel vuoto durante i voli della morte, ha mandato un messaggio da Buenos Aires per dire ai più giovani “ragazzi, assumetevi le vostre responsabilità davanti ai drammi attuali, sognate, non abbiate paura perché la paura paralizza. Io scommetto per voi”. E suo cugino Marco Vigevani l’ha ricordata citando le sue parole: “Mi chiamo Vera Vigevani Jarache e ho due storie: sono un’ebrea italiana e sono arrivata in Argentina per sfuggire alle leggi razziali, mio nonno è rimasto ed è stato deportato ad Auschwitz, dopo molti anni mia figlia di 18 anni è stata sequestrata e uccisa con i voli della morte. Queste due storie terrificanti hanno un destino comune e fanno di me una testimone e una militante della memoria”.

E poi sono stati onorati due dissidenti per i quali il presidente della Fondazione Gariwo, Gabriele Nissim, ha chiesto la liberazione con una petizione europea accolta e condivisa dal capodelegazione del Pd a Bruxelles, Brando Benifei, che ha raccolto le firme dei primi 17 europarlamentari (fra loro la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, e Alessandra Moretti): Yurij Dmitriev e Narges Mohammadi. Una petizione mandata da Benifei alla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola per chiedere che la loro scarcerazione diventi un obiettivo per l’Europa democratica. Gabriele Nissim ha ricordato agli studenti presenti che il nostro privilegio della libertà ci impone di fare fronte comune contro le autocrazie e le teocrazie, i nazionalismi e l’antisemitismo in nome dei diritti umani per sconfiggere la rassegnazione perché alla fine i Giusti sono solo persone che non si rassegnano. Lo abbiamo visto nell’angoscioso documentario “The Dmitriev affair” che racconta il lavoro certosino dello storico Jurij Dmitriev, direttore della sezione regionale della Carelia di Memorial, ong russa sorta negli anni della perestrojka con l’obiettivo di preservare la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche. Dmitriev sta pagando un prezzo altissimo: nel dicembre 2016 è stato arrestato con accuse di pedofilia (la sua ultima condanna è stata di 15 anni) e alla regista Jessica Gorter che lo riprendeva prima di essere arrestato ha lanciato un messaggio premonitorio. “Il regime è in difficolta e per questo provocherà un finimondo in Europa”.

E infine è stata onorata il premio Nobel Narges Mohammadi, icona della resistenza contro gli ayatollah. Non passa giorno in cui non riesca a far uscire dal carcere di Evin un messaggio sulla ribellione iraniana. L’ultimo lo ha ricordato suo marito, Taghi Rahmani, anche lui dissidente è stato nelle carceri iraniane 14 anni e vive in esilio a Parigi. Al Giardino dei Giusti di tutto il mondo ieri ha chiesto di veicolare la battaglia di sua moglie contro l’apartheid di genere. “Il suo sogno è che l’apartheid di genere venga abolito, non solo in Iran ma anche in Afghanistan e per questa ragione ha scritto alle Nazioni Unite affinché venga considerato un crimine contro l’umanità” ha detto mentre la presidente dell’associazione Maàna, Rayhane Tabrizi - che ha proposto a Gariwo di onorare la figura di Narges Mohammadi - ha chiesto al Comune di Milano che le venga concessa la cittadinanza onoraria. L’afflato umanitario che si respirava ieri al Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano è un incoraggiamento per Gariwo che non si ferma: il 12 marzo inaugurerà un nuovo Giardino alla Farnesina per ricordare anche i diplomatici che hanno saputo fare la cosa giusta. Come, fra gli altri, Luca Attanasio, ammazzato Il 22 febbraio 2021 durante un agguato nella Repubblica democratica del Congo. 
 

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