Beppe Sala (foto LaPresse)

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L'all-in di Beppe Sala per riprendersi la politica e la città

Maurizio Crippa

Negli ultimi mesi la comunicazione del primo cittadino s’era diradata, ora è tornato alla carica. A cominciare dalla ripresa delle dirette video settimanali sui social (molto utilizzate in epoca Covid), “torno a confrontarmi con la città”

Sulla cresta dell’onda di Milano da ormai undici anni, esattamente come Papa Francesco, ma senza nessuna intenzione di sventolare bandiera bianca, il sindaco Beppe Sala ha invece voglia di rilanciare su tutti i tavoli, in una sorta di all-in comunicativo e politico in cui ribaltare nel piatto tutte le sfide del momento, e che da tempo vedono lui e la sua giunta in una qualche difficoltà. Chi lo conosce ormai da un decennio ha imparato a decrittarne le strategie comunicative (e gli umori), se non parla è perché qualcosa non va o non gli garba, se invece parla è per togliersi qualche sassolino d’inciampo.

Negli ultimi mesi la comunicazione del primo cittadino s’era diradata, ora è tornato alla carica. Ha annunciato ad esempio a ripresa delle dirette video settimanali sui social (molto utilizzate in epoca Covid), “torno a confrontarmi con la città”. Su Instagram si chiameranno “Cose in Comune”. Argomenti “al costo delle case alla sicurezza, dallo stadio allo smog, dai taxi alle Olimpiadi”. C’è un indiretto cui scrivergli all’indirizzo dedicato. “Non è un calcolo politico, il mio mandato scadrà nel 2027”.

Basterà a rilanciare l’immagine (o percezione) dell’amministrazione? Di certo, l’intenzione è quella di chiudere con una immagine assai afona della Giunta.

Guarda caso la prima puntata è stata sullo stadio. Che guarda caso è una delle grane più urgenti e su cui dopo anni persi (molto per incapacità della sua maggioranza) Sala ha deciso di giocare una partita un po’ alla disperata: puntare su una ristrutturazione un po’ acrobatica del Meazza (oggi è attesa la sentenza dl Tar sul vincolo), offrire la vendita ai club, pressarli sul fatto che andarsene da Milano è impresa dura. E nel 2026 il Meazza serve per le Olimpiadi (altro dossier su cui Sala parla poco: ma è noto che per Milano ormai il primo problema è evitare figuracce cittadine).

L’altra partita in cui ha deciso di tagliare corto è quella della Scala. Lunedì si è presentato al cda del Teatro, di cui è presidente, e ha tagliato corto: per il nuovo sovrintendente il nome giusto è quello di Fortunato Ortombina, ora sovrintendente della Fenice, che è anche il nome su cui ha puntato da tempo il ministro Sangiuliano. Alle rimostranze di una parte del cda, che noblesse oblige non vuole dare l’impressione di essere scavalcato, e ai timori indiretti del direttore musicale Chailly, desideroso di conferme, il sindaco ha risposto di corto muso, direbbe Allegri: se avete di meglio ditelo, ma Ortombina è la scelta più solida. Alla faccia di chi vuole farlo litigare con Sangiuliano (del resto il 7 dicembre tutti e due vogliono inaugurare Palazzo Citterio).

Sui disastri di Milano Ristorazione ha dovuto, di malumore, mettere la faccia e chiedere scusa: ma conoscendolo avrà ribaltato più di una scrivania. Vedremo quanto e in che tempi cambieranno le cose. Poi c’è la politica, suo vecchio e altalenante pallino. La scorsa settimana è stato protagonista al convegno “L’Europa che vogliamo” organizzato dal Pd bonacciniano, e ha parlato di un suo futuro “non più da manager” ma a tutto tondo in politica, anche se il mandato da sindaco è ancora lungo. Si è così tornati a parlare del mitologico ruolo di “federatore” di un campo largo, anche se Sala, che ha già accarezzato in passato l’idea, ha capito che di campo al momento ce n’è poco. E soprattutto c’è la profonda frattura tra lui e l’ex terzo polo  riformista e l’area Renzi. Ma sarà in campo, come non ha detto, per dare una mano alle europee. A tutto campo, un all-in in cui si può vincere tutto – cioè un ruolo rinnovo e rafforzato in città e nella sinistra – ma si può anche andare a sbattere. Ma Beppe Sala è un esperto ciclista, sa schivare le buche e prendere bene le curve.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"