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Il no “ambientalista” all'hub di Lonato complica i problemi di 200 mila imprese
Il progetto del centro logistico di Lonato del Garda bloccato dagli uffici regionali di Mantova e Brescia. Resta aperto il discorso per quel tratto dell'A4 tra Bergamo, Brescia e Mantova dove mancano spazi per il deposito delle merci
Il doppio no arrivato nel giro di settimana, prima dall’Ufficio regionale di Mantova e poi da quello omologo di Brescia, decreta campane a morto per il centro logistico di Lonato del Garda. Un esito prevedibile per il megaprogetto (93 mila metri quadrati) capace di mobilitare contro di sé un plotone d’esecuzione formato da Legambiente, tre assessori regionali, un arco di partiti che va da Fdi al Pd, un comitato di cittadini e anche il comune limitrofo di Castiglione delle Stiviere.
Se il discorso è chiuso per Lonato, resta seriamente aperto per quel tratto della A4 che passa per i territori di Bergamo, Brescia e Mantova e che, con oltre 200 mila imprese, è una delle aree più sviluppate d’Europa ma sconta un deficit di spazi per il deposito delle merci: “Sono insufficienti – conferma al Foglio il vicepresidente settore Mobilità, Trasporti e Logistica di Confindustria Brescia Luciano Dalè – e diventa sempre più difficile individuarne liberi in particolare nel bresciano che è un territorio ridotto, da nord a sud sono 110 chilometri mentre da est a ovest appena 70. Ad aumentare le difficoltà per il movimento merci ci sono le strozzature nei trasporti con il nord, al Brennero si presentano code fisse di 10 chilometri, la Svizzera rifiuta i camion, il traforo del Monte Bianco è soggetto a continue ristrutturazioni e quello del Frejus è chiuso”. Le conseguenze sono pesanti dal punto di vista dei costi e dell’organizzazione per gli imprenditori costretti a cercare magazzini anche a 200 chilometri di distanza, rendendo così ancora più stressata la rete stradale.
I settori più penalizzati sono l’automotive e la siderurgia che necessitano di hub di grandi dimensioni che, per quanto riguarda questi ultimi, si trovano solo nei porti come Livorno o Genova: “Ci sono due importanti progetti – continua Dalè – come il centro intermodale di Brescia, previsto per il 2026, e il potenziamento del cargo dell’aeroporto di Montichiari ma non bastano, credo sia possibile realizzare politiche per la logistica mettendo in connessione il trasporto su gomma e quello su rotaia e salvaguardando l’ambiente”. Il modello di riferimento è l’Emilia Romagna che, per evitare nuovo consumo di suolo, punta sulla riconversione dei capannoni vuoti in hub per lo stoccaggio merci: “E’ una scelta obbligata – spiega il presidente nazionale di Cna Fita Patrizio Ricci – basta percorrere la A4 per rendersi conto della fila continua di magazzini, ormai è tutto costruito, ma si può puntare su quelli abbandonati che non mancano. Nel bergamasco la logistica si può sviluppare nella parte meridionale sfruttando l’interscambio con la rotaia anche se dev’essere chiaro che non è possibile eliminare il trasporto con i camion che può essere anche lungo: l’ultimo miglio significa dai 100 ai 500 chilometri”.
Un quadro non facile per la Regione che appare come l’unico soggetto in grado di conciliare ambiente e viabilità con la produzione. Diventa poi ostico quando si considera che gli strumenti in mano al Pirellone sono limitati: “Da una parte ci sono i comuni che danno le concessioni, dall’altra gli interporti e i centri intermodali che sono di competenza nazionale: noi dobbiamo realizzare una programmazione che riesca comunque a incidere, a dare le linee”, dice l’assessore regionale alle Infrastrutture, Claudia Maria Terzi. Quale sarà la capacità di intervento sarà misurabile a presto: un gruppo di lavoro interassessorile sta ultimando un disegno di legge, che il mese prossimo arriverà in commistione, sui criteri di autorizzazione degli hub: “Evitare consumo di territorio e il recupero delle aree industriali sono i criteri alla base di questo Pdl che, lo ricordo, non sono vincolanti ma tendono a ispirare le politiche degli enti locali. La maggiore attenzione è rivolta ai piccoli insediamenti di stoccaggio perché sono i più impattanti, credo sia possibile fare una programmazione assicurando le giuste tutele all’ambiente e i servizi per le imprese”.