Pierfrancesco Maran e Giorgio Gori  (Ansa)

Granmilano

Cinque posti per il Pd. Lotta dura (con  paura) per i pochi posti vincenti alle europee

Fabio Massa

Giorgio Gori e Cecilia Strada sono quasi sicuri di farcela. Dietro di loro se la giocano Benifei, Maran, Tinagli e Pizzul. Ma dipenderà anche dal risultato dlla lista Stati Uniti d'Europa e di Calenda, che potrebbero guadagnare un seggio a discapito dei dem

Cinque posti, secondo i più ottimisti. Sono quelli che spetterebbero al Pd alle Europee, collegio Nord-ovest. Il più complicato, duro, competitivo a livello interno ma anche tra i più “ricchi” in termini di seggi. Certo, nella complicata giostra dei calcoli una cosa risulta certa: cane mangia cane. Così, se gli Stati Uniti d’Europa e Azione di Carlo Calenda entrassero entrambi d’un balzo oltre lo sbarramento, l’effetto sarebbe quattro posti e non cinque per i dem. L’interrogativo nei comitati elettorali è sempre lo stesso: chi sarà nel pacchetto di testa? Chi sono i magnifici quattro (cinque), mors tua vita mea?

Su un paio di nomi c’è sicurezza. Giorgio Gori e Cecilia Strada. Il ragionamento è sempre lo stesso. C’è chi ha la popolarità e chi la rete di consensi. I più forti sono quelli che hanno entrambi. Gori ha entrambi, Strada ha l’appoggio incondizionato dei bimbi e delle bimbe di Elly, e arriverà anche la notorietà grazie alla fitta rete di presenze in tv già programmate, da David Parenzo in giù. Se Gori ha costruito da sé il proprio consenso, la figlia del fondatore di Emergency gode di una particolarità unica, in termini storici, nella formazione delle liste: per la prima volta non sono state strutturate con i capilista, e poi in ordine alfabetico a seguire, ma esattamente come sono state profferite dalla sacra voce della segretaria. Quindi, in ordine di importanza. E tra gli importanti la più importante è Cecilia. Dicono che Pierfrancesco Majorino abbia già deciso di portare Strada e Alessandro Zan. Che però non rientra nella lista dei fab five, poiché non si sa ancora se correrà nel Nord-ovest o nel Nord-est. Zan sicuramente gode della popolarità e di una parte della rete, che però deve suddividere da un lato con Monica Romano, candidata identitaria del mondo dei diritti che tuttavia non dovrebbe avere particolari chance di arrivare a quota 50 mila, il numero di preferenze minimo per l’Europa.

Chi pure non ce la dovrebbe fare è Eleonora Evi, che pure sta corteggiando non poco l’inquilino di Palazzo Marino. Ma Evi ha girato troppi partiti negli ultimi cinque anni, e oggi Beppe Sala è molto vicino al Pd, che definisce a ogni piè sospinto “il mio partito di riferimento”. Il sindaco di Milano, con tutta probabilità, sosterrà uno che davvero fa parte della sua squadra e che davvero potrebbe farcela: Pierfrancesco Maran, assessore alla Casa. L’unico, a parte Romano, che arriva da Palazzo Marino e dunque sarà il candidato “identitario” di Milano. Rete enorme, costruita anche con un tour nei teatri di tutta la Regione, e una discreta popolarità: si vedrà se basteranno. Nel pacchetto di testa, al secondo posto in lista e al terzo nelle preferenze finali (secondo i bookmaker) c’è Brando Benifei. Ma “il Brando” è capodelegazione a Bruxelles, gode di appoggi nei mondi più disparati. Lo chiamano “il candidato anomalo”: piace ai bonacciniani di osservanza e ai cuperliani schleiniani. Può farcela, come ce l’ha già fatta in passato. Deve alzare però l’asticella delle sue preferenze e migliorare rispetto alla scorsa tornata. Sempre tra i primi Irene Tinagli. Va in ticket con Gori, e la volta scorsa ne prese una valanga, oltre le 90 mila. La rete ce l’ha, la popolarità meno: ci dovrà lavorare. Mancano due nomi pesanti. Il primo è un Ufo, oggetto volante non identificato: non si sa quale sia il suo consenso, né si intuiscono i suoi movimenti. Si tratta di Fabio Pizzul, già capogruppo in Regione, recordman di preferenze. Da sempre si muove nelle parrocchie: chi lo conosce bene dice che non c’è chiesa o chiesetta dove non ci siano cinque o sei persone che scriveranno il suo nome. Considerato che ci sono seimila parrocchie, la moltiplicazione fa tremare i polsi ai competitor. Menzione particolare per la vergogna infinita riservata a Patrizia Toia. Esponente che raccoglie valanghe di voti, che parla con le imprese, che è un punto di riferimento solidissimo, non sa ancora se potrà correre. Serve una deroga, ma Schlein invece di trattare il tutto all’interno della direzione che ha definito le liste, ha deciso di rimandare la scelta. Forse per le persone di valore si potrebbe usare più  educazione. Infine, Lele Fiano. Potrebbe essere una sorpresa, o una vittima sacrificale di quel sottile sentimento anti israeliano che si è insinuato nel Pd. Certo, non fra tutti. Anzi, c’è pure chi ha deciso di sfilare con la Brigata ebraica dietro lo striscione “Ora e sempre la democrazia si difende”, uno slogan che ha messo d’accordo tutti i litigiosissimi pezzi della comunità, insieme ai centristi di Azione e Iv, agli ucraini e ai riformisti come Bussolati e Quartapelle. Uno slogan importante, nel contesto di una polarizzazione estrema.
 

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