Gran Milano
Gli industriali lombardi dopo la sconfitta in Confindustria restano molto perlessi
È sempre doloroso puntare sul cavallo vincente e poi a duecento metri dal traguardo vederlo "rompere" e cedere il passo all’antagonista: devono essersi sentiti così gli industriali sostenitori di Garrone dopo la vittoria di Orsini come numero uno di via dell'Astronomia
È sempre doloroso puntare sul cavallo vincente (Edoardo Garrone) e poi – a duecento metri dal traguardo – vederlo “rompere” e cedere il passo all’antagonista. È così che gli imprenditori lombardi (con qualche eccezione) hanno vissuto la corsa alla presidenza di Confindustria vinta da Emanuele Orsini (a lungo ai vertici di Federlegno) e già vicepresidente di Confindustria, ad di Sistem Costruzioni. E pensare che la contesa era partita con obiettivi ambiziosi: l’idea degli industriali era quella di superare un quadriennio difficile a guida Carlo Bonomi individuando un successore in grado di dialogare col governo Meloni per superare le tante difficoltà del sistema industriale di un paese che – appena dopo la pandemia – di fronte a un debito pubblico arrivato al 134 per cento del Pil, con due guerre ai confini dell’Europa (e il semiblocco navale del canale di Suez), oggi si permette il lusso potenzialmente suicida di non accogliere il nuovo Patto di stabilità voluto da Bruxelles, Gentiloni e Giorgetti compresi.
Dopo settimane di attesa, gli imprenditori di Confindustria avevano potuto individuare tre candidature forti: oltre ai due finalisti, Antonio Gozzi, presidente di Federacciai (ligure come Garrone) era stato però stoppato dai probi viri dell’associazione perché non aveva raggiunto il 20 per cento delle preferenze, con una coda di tensioni, ricorsi e accuse di Gozzi. Garrone – sorprendendo i suoi sostenitori – aveva gettato la spugna con una lunga lettera nella quale, tra l’altro, spiegava: “Quella della rappresentanza è un’attività complessa che non si inventa in un giorno e non si fa con approssimazione o, peggio ancora, con ipocrisia e arroganza che occorre invece combattere”. Porte dunque spalancate a Orsini che infatti il mese prossimo vedrà ratificata la sua nomina. Ma la sorpresa è stata grande quando il presidente designato ha presentato la sua squadra di governo, includendo lo stesso Gozzi (antagonista di Garrone), come special advisor, con delega all’Autonomia strategica europea, Piano Mattei e Competitività. Anche perché Gozzi aveva alimentato la polemica sul suo esonero domandandosi: “Avrei dovuto ritirarmi perché in qualche salotto milanese si riteneva che io non avessi il blasone delle vecchie famiglie industriali italiane e si riteneva che la mia posizione sull’Europa fosse troppo radicale e divisiva?” La dichiarazione del presidente di Federacciai non era piaciuta agli imprenditori di Assolombarda (e non solo) che non hanno apprezzato la totale mancanza di fairplay del ligure promosso sul campo da Orsini.
È così che Alessandro Spada ha preso carta e penna per scrivere una lettera di fuoco a Orsini e Bonomi (pubblicata da Affaritaliani.it), nella quale si parla addirittura di “sconcerto nel leggere” della promozione di Gozzi ai vertici dell’associazione dopo una “serie di dichiarazioni gravi, in netto contrasto con i valori costitutivi ed etici di Confindustria oltreché offensive nei confronti degli ultimi quattro past president della nostra Associazione, compreso il compianto Giorgio Squinzi”. Se non è una dichiarazione di guerra poco ci manca. Spada – in attesa di capire le prossime mosse di Orsini – ha deciso di convocare le imprese di Torino e Genova (memore del glorioso triangolo industriale) per gli “stati generali” della mobilità innovativa e sostenibile, per “misurare” l’impatto del settore della mobilità sull’area geografica del “triangolo” del nord-ovest e per delineare, oltre che per promuovere, nuove politiche pubbliche capaci di favorire le connessioni tra i tre capoluoghi e i loro territori. La “mobility conference”, riveduta e allargata all’interno del progetto “MITOGEno”, ha l’obiettivo di trattare, in modo collegiale, dossier di comune interesse: dalla mobilità alla logistica. Un’area che conta quasi 16 milioni di abitanti; una vera e propria macro-regione in cui si concentrano 643 miliardi di euro di Pil, il 33 per cento del totale nazionale, 1,4 milioni di imprese (il 29 per cento del totale nazionale), di oltre 5,6 milioni di professionisti al lavoro (32 per cento su scala nazionale) e un valore pari a 238,6 miliardi di euro in termini di esportazioni (38 per cento del valore nazionale). Dal canto suo Confindustria Lombardia, con Francesco Buzzella, sollecitata da Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico della Regione Lombardia, che assume la presidenza dei “quattro motori d’Europa” sta organizzando per il prossimo mese di ottobre una convention per mettere al centro potenzialità e interessi dei territori.
La Lombardia infatti è la seconda regione europea per Pil: 440 miliardi di euro nel 2022 dopo l’Île de France (783) e prima di Alta Baviera, Eastern e Midland in Irlanda, Rodano-Alpi, Catalogna, Düsseldorf, Stoccarda e Darmstadt. La Lombardia registra oltre un quinto degli investimenti netti italiani diretti all’estero e oltre il 60 per cento degli investitori stranieri in Italia investe in Lombardia. Rapporti con l’Europa, dialogo col governo: in fondo Milano e la Lombardia hanno imparato a difendere i propri interessi. Gli imprenditori si sentono invece un po’ spiazziati dalla corsa di Confindustria. Da Assolombarda sembra non ci sia, per il momento, volontà di ricucire, semmai prevale la scelta di valutare nel merito l’operato di Orsini dei prossimi mesi. Ma questa è un’altra pièce.