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Gran Milano

La griglia di partenza di Forza Italia c'è, ma sui numeri pesa il caso Toti

Daniele Bonecchi

Alle prossime elezioni europee gli azzurri si misureranno per la prima volta, dopo la morte del Cav., con una platea elettorale assai mutata. E se le scelte dei centristi e della Lega vanno tutte a favore dei forzisti, ora a pesare sono le inchieste a Genova

La tensione e l’attesa sono palpabili, perché il partito fondato da Silvio Berlusconi l’8 e il 9 giugno si misurerà per la prima volta, dopo la scomparsa del suo leader carismatico, con una platea elettorale globale e assai mutata dai tempi d’oro. E nel quadrante di Nordovest ci sarà la sfida più importante. I profeti di sventura (dopo Berlusconi il diluvio) hanno già avuto smentite parziali. Ma ora, proprio a Milano e in Lombardia, ci sarà la prova del nove, complice la divisione delle formazioni a vario tutolo centriste (Renzi e Calenda) e la diaspora di casa leghista che – con l’arrivo del generale Vannacci – ha spinto nelle più rassicuranti liste di Forza Italia personalità del Carroccio storiche come Marco Reguzzoni (fondatore dei Repubblicani) e potenzialmente gli elettori scontenti della gestione Salvini. I parlamentari uscenti per FI sono tre (Massimiliano Salini, Lara Comi e Stefania Zambelli, già Lega). Ora si aprono le danze. Ma chi di numeri s’intende (i sondaggisti) resta al coperto, anche perché c’è adesso una nuova variabile inattesa e potenzialmente incisiva che ha un nome e un cognome: Giovanni Toti. L’affondo della procura genovese infatti potrebbe provocare un terremoto sul versante dei voti dell’area governo. Se fino a ieri l’impressione consolidata, per il Nordovest raccontava di un sorpasso netto di Forza Italia sulla Lega, oggi le certezze degli osservatori sono evaporate nel calor bianco dell’indagine contro Toti.
 

Poco importa che gli elementi siano tutti da chiarire, spiegano, prevale tra gli elettori una lettura semplicistica tipica di un paese allevato da decenni nel populismo. E soprattutto – al netto dell’autonomia politica conquistata dal governatore ligure – il pubblico se lo ricorda in tenuta bianca al seguito di Berlusconi a villa Certosa. I voti sono in bilico nel collegio nordovest. Anche perché, al di là della vicenda ligure, la presenza in lista e l’attivismo della premier Meloni spaventa perché può drenare voti moderati. Anche le critiche in Senato al premierato di Liliana Segre hanno confermato – al di là del merito – la centralità di Meloni. Mentre le performance littorie del generalissimo Vannacci rischiano di spingere verso la Lega l’elettorato d’ordine. Due problemi finora sottovalutati dalla dirigenza di Forza Italia, che carezzava fino a ieri il ruolo di secondo partito della destra.
 

Tornando alle liste, oltre a Tajani, che lascerà il posto, chi non dovrebbe avere problemi è Letizia Moratti che – al netto dello stop and go – in Lombardia alle ultime elezioni regionali aveva ottenuto (con una lista propria) oltre 150 mila voti. La lotta è per il terzo eletto (sempre che i numeri confermino il seggio). In pole c’è Massimiliano Salini (ciellino doc, destinato a drenare anche il voto tradizionalmente dedito a Maurizio Lupi) che ha lavorato al Parlamento europeo nella commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia, segnando punti a suo favore. In lista, oltre a Reguzzoni, però defilato, ci sono alcune personalità note dell’ex mondo Lega, come Roberto Cota (già presidente della Regione Piemonte), e l’imprenditore torinese Paolo Damilano. Dunque la corsa sarà all’ultimo voto. “Partiamo da un presupposto – spiega al Foglio Alessandro Sorte, coordinatore lombardo del partito fondato dal Cavaliere – dieci mesi fa abbondavano gli osservatori che si chiedevano se Forza Italia avrebbe superato il quorum del 4 per cento. Ora che le previsioni demoscopiche parlano dell’8 ovviamente Forza Italia conta di fare il colpaccio, grazie alla spinta europeista di Tajani. Il clima è buono, siamo ottimisti e ce la giochiamo”, conclude Sorte.

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