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Comunque vada, in Lombardia sarà rimpasto

Fabio Massa

I dem perderanno un esponente in giunta con l'addio, post europee, di Pierfrancesco Maran. Ma le prossime elzioni potrebbero consacrare il gran ritorno di Mario Mantovani 

Comunque vada, sarà un rimpasto. O comunque ci sarà qualche sostituzione. Che Beppe Sala abbia deciso per nuovi innesti e un cambio di marcia nella sua giunta milanese, arrivata a metà strada senza particolari sprint, è cosa sicura. La via maestra, nell’ipotesi del dopo europee, porta al cambio dell’assessore alla Casa Pierfrancesco Maran, che sta competendo per andare a rappresentare Milano in Europa, e che Beppe Sala sta appoggiando in questo finale rutilante di campagna elettorale.

Maran, esponente del Pd di primo piano sotto la Madonnina, libererà un posto in giunta. Secondo alcuni potrebbe decidere di lasciare anche se l’avventura europea non sarà fausta, in caso di nuove ipotetiche sfide, ma chissà. Certo per lui è un gran conforto essere sostenuto non solo dai dem (militarizzati sula demilitarizzata Cecilia Strada: in Europa in ordine sparso) ma anche da tutto quel mondo arancione del mandato Pisapia, che si è ritrovato un paio di giorni fa per incoronarlo successore (del Pisapia europarlamentare, del Pisapia sindaco bisognerà attendere). Quel che è certo è che Sala vuole azionare il cambio e scattare in avanti per un finale di mandato che non sia un grigio declinare verso l’oblio (triste sorte di alcuni secondi mandati: da evitare come la peste). Dunque il Pd perderà un esponente in giunta, se non sarà Filippo Barberis a “rilevare” il ruolo di Maran. Tuttavia il sindaco potrebbe essere intenzionato a pescare altrove.

Primo incrocio: che cosa dirà il Pd (se dirà qualcosa)? Sono davvero passati i tempi delle crisi politiche per la perdita di un posto in giunta? E se Beppe Sala dovesse propendere per un consigliere di un altro gruppo? Secondo incrocio: l’addio di Maran equivale alla fine nell’organo di governo dell’ultimo esponente dell’antica corrente ex 02-Pd formata da Bussolati, Maran, Quartapelle eccetera, che dominò e guidò il Pd di Milano sotto il mandato di Pisapia e condusse alla vittoria il primo Beppe Sala. Inoltre, della vecchia formazione che governò dopo la vittoria su Letizia Moratti rimarrebbe solo Marco Granelli. Ma senza Maran anche la minoranza Pd (quella che ha sfidato, perdendo, l’attuale segretario Alessandro Capelli) non avrebbe alcun esponente in giunta. Se davvero Sala scegliesse fuori dal partito, probabilmente leverebbe un mal di testa non da poco a chi di dovere.
Meno complicate le cose in Regione Lombardia, dove il presidente – così come il sindaco – è al secondo mandato e difficilmente farà rimpasti complicati, al massimo semplici sostituzioni. Lara Magoni (FdI) potrebbe approdare in Europa (è candidata, e sta correndo bene): al massimo Attilio Fontana concorderà un altro nome per sostituirla. Stesso  discorso per la Lega, per la quale corre Alessandro Fermi, che pare stia facendo un buon lavoro. Tuttavia i posti per il Carroccio sono pochi, è una gara durissima. Anche in questo caso, se Fermi andasse in Europa, la sostituzione sarebbe “puntuale”. Il problema, per Fratelli d’Italia, è più che altro politico. Internamente ed esternamente.

Internamente le prossime europee potrebbero consacrare il gran ritorno di Mario Mantovani, già uomo di forte del Pdl e recordman di preferenze. Se dopo 11 anni tornasse in auge, come pare, forte di numeri assai consistenti, da un lato rafforzerebbe ulteriormente l’asse di governo Ignazio La Russa-Daniela Santanché-Carlo Maccari (di cui fa parte), dall’altro costituirebbe un nuovo centro di potere regionale con cui fare i conti. C’è poi un tema legato ancora una volta alla forza elettorale, con le divergenze tra le elezioni regionali e le prossime europee. Difficilmente la Lega potrebbe pagare uno scotto perché Attilio Fontana è un argine e un bastione, ma potrebbe agitarsi Forza Italia che secondo i sondaggi potrebbe salire di qualche punto e invertire un trend che la vedeva soccombente rispetto al Carroccio, in posizione difficilissima nella composizione della giunta e nella successiva trattativa su tutte le posizioni che contano in Regione e nelle varie articolazioni di essa.
Per quanto riguarda il secondo mandato regionale, la situazione per Fontana è leggermente diversa rispetto a Sala. Per varie ragioni. In primo luogo perché ha più tempo, e dunque il piano inclinato del secondo mandato non è ancora arrivato a un momento critico. In secondo luogo perché  la legacy del Fontana 2 può e dovrebbe essere lo svolgimento delle Olimpiadi Milano-Cortina con il massimo dei ritorni per i territori.

Tuttavia, su quest’ultimo punto, pesa – e non poco – l’interpretazione che la procura di Milano sembra avere sposato della natura pubblicistica della Fondazione Milano-Cortina, al netto dell’operatività (che mai ha convinto la Regione) dell’ex amministratore Vincenzo Novari. Se infatti la Fondazione Milano-Cortina dovesse trasformarsi tutto d’un tratto in un ente pubblico, con tutto quello che ne consegue, le Olimpiadi sarebbero più un miraggio che un evento. E addio legacy regionale.