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Strasburgo è lontana, ma a Milano ci saranno dei bei contraccolpi

Fabio Massa

La politica in Lombardia dopo le elezioni europee. A Milano i dem stanno bene, mentre Forza Italia è il partito che vede al suo interno i movimenti più bruschi. Chi governerà la regione nel prossimo futuro?

Il gioco perverso di considerare le elezioni europee per quel che non sono inizia molto prima dell’apertura delle urne, con una campagna elettorale tutta giocata sulle questioni domestiche, ovvero interne, che finiscono inevitabilmente per produrre letture territoriali e anche locali. Così nessuno si ricorda più che il problema è chi governerà con chi in Europa, e tutti si concentrano sui risvolti contingenti di casa propria. Rebus sic stantibus, adeguiamoci

COMUNE DI MILANO 

L’ultima speranza sono i “resti”. Ovvero che forse un seggio che non sarebbe dovuto scattare nel Nord-est vada a salvare il soldato Pierfrancesco Maran nel Nord-ovest. Speranza flebile e tenace, ma da spiegare. Elly Schlein ha infatti costruito un paracadute per Annalisa Corrado, sua fedelissima e protetta – prima dei non eletti nel Nord-est – facendo candidare Alessandro Zan, bandiera dei diritti Lgbtq+, anche a Nord-ovest. Risultato finale? Zan è risultato eletto in entrambi i collegi e, pur essendo padovano di nascita, può decidere l’opzione: farsi eleggere a est aprirebbe un posto a Maran, a ovest salverebbe Corrado. Lecito pensare che Schlein gli chieda di salvare Corrado, membro della segreteria nazionale del Pd con deleghe all’Ambiente. A meno che non scatti un seggio in più, dovuto all’epica sconfitta del duo Calenda-Renzi, che “libera” seggi imprevisti. Secondo le ultime notizie, speranza plausibile in onore alla celebre “fortuna” di Maran (come la chiamano i suoi amici). Se così fosse, Zan potrebbe rimanere a est e Maran passerebbe a ovest. E leverebbe un bel problema a Beppe Sala, che non vede l’ora di iniziare con un rimpasto di giunta che con tutta probabilità sarà sì puntuale – nel senso che riguarderà solo l’assessore uscente (se uscirà) – ma più vasto con un giro di deleghe. E comunque, appare assai improbabile per non dire quasi impossibile che la new entry che prenderà le deleghe di Maran (Casa) sia del Pd. La soluzione, comunque, non è lontana dall’essere trovata.

STATO DI SALUTE DEL PD

I democratici stanno bene, a Milano. Continuano a macinare voti su voti, tanto che il sindaco può trollare un po’ Salvini & Co. mettendo la mappa dei quartieri in cui prevale il centrosinistra (ovunque): lettura un po’ forzata se vuol dire che sia tutto merito del lavoro dell’amministrazione. Forse è un po’ e un po’: un po’ l’operato del sindaco e un po’ il fatto che le grandi città vanno tutte a sinistra, e in tutto il mondo. E’ il segno della ricchezza e del progresso, verrebbe da dire. Se i dem stanno bene, Pierfrancesco Majorino sta benissimo. Dice a tutti di votare l’abbinata Cecilia Strada-Alessandro Zan e i due fanno risultati sorprendenti. Veicola un messaggio fortemente identitario e assai poco riformista, e tiene le redini del partito. La sconfitta elettorale patita in Lombardia (che la vittoria su Milano non può lenire), pare dimenticata: se si dovesse scegliere domani un candidato sindaco ancora una volta è in pole position proprio lui, il Pier. In molti si stanno convincendo che con un panorama così, a Milano, potrebbe addirittura vincere. Un po’ sottotraccia invece il gruppo degli ex Giovani democratici di Paolo Romano. Non sono più giovanissimi (anche se sono i più giovani del mazzo), hanno sicuramente ancora molta energia ma manca una visione politica comune sulle cose, sia locali che nazionali. E’ ancora presto per capire se dal loro movimento, magmatico e caldissimo, verrà fuori qualcosa di coerente e spendibile a livello di “gruppo” interno al Pd. Per adesso le elezioni sono sempre un successo così come gli eventi, perché la politica a Milano sempre di più è organizzazione e sempre meno elaborazione.


REGIONE LOMBARDIA

All’indomani delle elezioni, pagine su ipotetici rimpasti di giunta. Eppure chiunque frequenti da vicino Attilio Fontana sa benissimo che non è uomo da  rivoluzioni nella squadra, una volta che sono le persone nominate lo soddisfano. E che piuttosto di mandar via Guido Bertolaso è pronto a dimettersi lui. Quindi chiunque ipotizzi cambi nell’assessorato al Welfare o è un illuso, oppure mira politicamente ad altro. La sostituzione di Lara Magoni, che finisce in Europa, verrà sempre da Fdi. Nulla si muove sui Trasporti o sulle Infrastrutture. Così come rimangono tali gli equilibri nelle forze di maggioranza. In Fratelli d’Italia Carlo Fidanza è stato sostenuto da tutto il partito in Lombardia, Mario Mantovani ha ottenuto la sua elezione e il suo gruppo la sua dignità, Marco Osnato – ovvero la minoranza interna – riesce a eleggere due dei suoi in Europa, con lo stesso numero di preferenze: prova di grande solidità. Nella Lega nessuno ha sfidato a viso aperto Matteo Salvini, e il primo degli eletti è Roberto Vannacci. Quasi fuori dai giochi Angelo Ciocca, mai amato dal segretario federale: se il Capitano dirà a Vannacci di rimanere nel Nord-ovest, l’esponente pavese sarà out. Difficile, malgrado la furiosa incazzatura, che Salvini tocchi Umberto Bossi, anche perché lo stunt su Marco Reguzzoni (a urne aperte il Senatur ha affermato che avrebbe votato l’ex leghista oggi in Forza Italia) non ha portato voti al Reguzzoni stesso, che ottiene in FI un risultato modesto. Anzi, paradossalmente malgrado il vantaggio è proprio FI che vede al suo interno i movimenti più bruschi, le voci più insistenti: chi governerà in Lombardia nel prossimo futuro? Che cosa farà Antonio Tajani? E Letizia Moratti vola a Strasburgo  oppure si occuperà delle beghe locali? Lungi da lasciare una situazione più stabile, per i riformisti di destra e di sinistra, le europee – tra disastri terzopolisti, liste schleiniane (e dominio majoriniano), e giochi forzisti – hanno come esito macerie e tanti interrogativi.

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