Il sindaco di Milano Beppe Sala - foto via Getty Images

Gran Milano

Tre grane non facili e molti tagli per Milano e dintorni

Fabio Massa

Rimpasti di giunta, case popolari e olimpiadi invernali: sono questi i temi che scombussoleranno la vita politica lombarda da qui ai prossimi mesi. Una rassegna di problemi e attori in campo

Rimpastiamoci le maniche

Beppe Sala si era dato come scadenza questo venerdì. Percorsa la Milano-Cortina in bici, fatto un piccolo pit stop, era pronto per il rimpasto di giunta. A questo punto, nel momento in cui scriviamo, è tutto un po’ più complesso. Perché da una parte c’è l’insopprimibile fastidio del sindaco nel mancare un appuntamento (la sua puntualità è proverbiale, e difficilmente sfora le tempistiche), dall’altra parte c’è l’insopprimibile necessità delle strutture romane di mancarli tutti, gli appuntamenti. Così non c’è ancora certezza sull’elezione di Pierfrancesco Maran in Europa, perché gli spogli non sono ufficiali e la Corte d’Appello non ha ancora deciso dove scatterà il seggio. Dopodiché, una volta accertato che sarà scattato nel Nordest (come pare sarà), c’è da attende Alessandro Zan che liberi la poltrona. In tutto questo, che cosa succederà nel rimpasto di giunta lo sa solo Beppe Sala. C’è chi pensa che possa essere Marco Mazzei a entrare nella compagine di governo, con deleghe sulla mobilità dolce e magari un po’ dell’ambiente, andando quindi a suddividere le competenze di Arianna Censi ed Elena Grandi. C’è chi invece vocifera di un possibile  supertecnico (nome ignoto, coperto da segreto massimo: sarà un avvocato?) da mettere al posto di Maran, magari proprio sulla casa, che nelle idee di Sala dovrebbe essere uno degli argomenti su cui sfidare il governo romano. Peraltro le case popolari sono in seno al ministero di Matteo Salvini, e quale occasione migliore per ingaggiar battaglia con il Capitan? Il tema delle case popolari, che la politica ignora tranne quando si tratta di andare a racimolare dei voti, e dove l’astensione record è il frutto delle speranze disilluse da decenni, interseca profondamente il welfare, i trasporti, il divario sociale tra centro e periferia e – soprattutto – la sicurezza. Sarebbe una bella sfida, se fosse accompagnata da idee e fatti concreti, ma per adesso è difficile esprimersi. E il Pd? Pare abbia un cielo sgombro di nubi nel rapporto con il sindaco: traiettorie chiare e nessun incidente diplomatico. Sempre che ovviamente Pierfrancesco Maran vada in Europa, Corte d’Appello e Alessandro Zan permettendo.

Tagliare per fermare il declino

L’opportunità politica c’è tutta, per la maggioranza al governo. Non ci sono elezioni alle porte, la maggioranza è solidissima dopo le Europee. Se ci sono da fare interventi drastici e duri, è il momento. Qualche avvisaglia c’è già stata, a due settimane dal voto. Il governo ha ipotizzato e varato un taglio da 250 milioni di euro per comuni e città metropolitane. Poca cosa, per il bilancio dello Stato. Ma è anche un segnale agli obiettivi grossi, ovvero i centri di spesa delle Regioni, che se fanno sacrifici le città devono farli anche tutti gli altri. Ovviamente – si ragiona nelle stanze dei conti – il governo potrebbe decidere altrimenti. Potrebbe, ad esempio, aspettare con tutta calma che si insedi la Commissione europea, che arrivino gli atti conseguenti all’apertura della procedura di infrazione. In questo modo passerebbero molti mesi senza manovre di lacrime e sangue, e comuni e regioni potrebbero andare avanti per la loro strada. Ma il governo non pare proprio di questo avviso, andando invece ad anticipare l’infrazione tagliando proprio sugli enti locali (nel frattempo si fanno le notti insonni per approvare l’Autonomia differenziata, se sentite odore di farsa avete un buon naso). Scelta questa strada il punto è uno solo: quanto sangue e quante lacrime? Per ora non è dato saperlo. Ed è proprio in questo clima di incertezza che alligna la preoccupazione di chi tiene i conti a Palazzo Marino e nel grattacielo di piazza Città di Lombardia. Per adesso la scelta è stata per un taglio lineare molto duro, nell’ottica del rigore e della prudenza, ma si naviga a vista.

Olimpiadi caduta libera

I giochi invernali del 2026 chi se li prende in carico? Il governo? La Regione? Il Comune? Di chi sono figli? La questione è chiara: ogni grande evento ha un padre. Nel caso di Expo fu Milano la protagonista, e il governo si mise sullo sfondo, in supporto. Nel caso delle Olimpiadi chi cercherà di spingerle, promuovendole e prendendosi anche la responsabilità per la buona riuscita dell’evento? Il Comune di Milano e la città di Cortina? Difficile. Le due amministrazioni hanno condizioni differenti. Cortina è troppo debole per contare davvero. E Milano pare presa da mille altre preoccupazioni: urbanistiche, di sicurezza, di rimpasti. Il coinvolgimento della città è pari a zero, a malapena c’è chi si ricorda che ci saranno i Giochi. Occorre uno sforzo extra negli ultimi due anni, appena finita Parigi, che peraltro non pare neppure “caldissima” per l’evento che sta per ospitare. Chi lo farà questo sforzo, anche a livello di budget? Non sarà il Comune. Lo farà Regione Lombardia? Può essere, visto che giocare forte per le Olimpiadi vuol dire anche intestarsi la legacy delle Olimpiadi. Ma per adesso non ci sono segnali. E il governo? Pare molto più interessato al Giubileo. L’incubo – raccontano gli informati – è che le Olimpiadi alla fine potrebbero essere come la Bella di Torriglia, che tutti la vogliono ma nessuno la piglia.

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