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Decreti, procura, costruttori e  assessori. La vera guerra della casa a Milano

Mariarosaria Marchesano

Per sbloccare i cantieri e salvare la città dalla paralisi immobiliare non serve un emendamento “sanatoria” ma un chiarimento di legge. Chissà se il governo lo ha capito

C’è l’emendamento del governo e c’è il “contro emendamento” delle opposizioni. Per sbloccare i cantieri di Milano e salvare la città dalla paralisi immobiliare in cui è piombata con le inchieste della procura sui presunti abusi edilizi, la Lega aveva elaborato un emendamento al decreto salva-Casa che deve essere convertito in legge dal Parlamento entro luglio. Ma la bozza circolata alla vigilia della sua approvazione è stata “bocciata” proprio negli ambienti più cari al partito di Salvini, quelli dei costruttori e degli operatori immobiliari, oltre che dal sindaco Beppe Sala, perché, spiegano al Foglio fonti bene informate, suonava proprio come la classica sanatoria e non era stato scritto, come invece invocato da più parti, come un’interpretazione autentica della legge urbanistica 76 del 2020 che è all’origine del gran pasticcio nel mattone. Questioni di lana caprina, materia per giuristi, si dirà. Forse, ma la differenza è sostanziale perché una sanatoria o un condono confermerebbero che ci sono stati abusi, e quindi i magistrati avrebbero fatto bene il loro dovere nel bloccare 150 progetti di ristrutturazione edilizia e rigenerazione urbana, mentre una nuova norma che chiarisca la precedente sancirebbe la piena legittimità delle pratiche milanesi e di quelle, eventualmente, che sono state seguite in altre città d’Italia (non a caso, l’Anci, l’associazione dei comuni, sta seguendo con attenzione tutta la vicenda). Anche quando a occhio nudo si vede che si è esagerato con il numero dei piani degli edifici e con le cubature – questo sarebbe il senso di una norma chiarificatrice – andrebbe in ogni caso riconosciuto che tutto è stato fatto secondo le prescrizioni della legge 76. Quest’ultima, va ricordato, fu approvata dal governo Conte e nessuna forza politica ha mai avuto da obiettare alcunché perché erano i tempi pandemici e bisognava far ripartire l’economia. A distanza di qualche anno e con decine di iniziative avviate e bloccate dalla procura si cerca una via d’uscita sul piano legislativo, l’unica che potrebbe mettere la parola fine al corto circuito imprese-comune-magistratura.

Il termine per la presentazione degli emendamenti al salva-casa è scaduto ieri alle 12 e da quello che si apprende la prima versione leghista (sanatoria) è stata modificata recependo l’obiezione arrivata dal mondo imprenditoriale e dell’amministrazione meneghina, accomunati dalla volontà di arrivare a una soluzione definitiva ma anche accettabile sul piano della reputazione. “Se arriva una sanatoria non ci aiuta e sarebbe suscettibile di essere impugnata. E poi qui non c’è nulla da sanare”, ha osservato Giancarlo Tancredi, assessore alla Rigenerazione urbana del Comune di Milano durante il suo intervento alla convention immobiliare ReItaly di qualche giorno fa. Su questa scia di malcontento si sarebbe mossa anche Azione, il partito di Calenda, presentando, secondo quanto riferito dal Giornale, un emendamento a firma di Mariastella Gelmini e Giulia Pastorella, che negli ultimi giorni avrebbero cercato di coinvolgere altre forze dell’opposizione. E’ difficile, però, che il governo si lasci sfuggire l’occasione per vestire i panni del “salvatore” di Milano sebbene sia guidata da un sindaco di una forza politica concorrente. Neanche alla maggioranza conviene che l’immagine della città esca offuscata da questa vicenda perché, come ha ricordato sempre Tancredi, gli investitori internazionali interessati ad affacciarsi non ci metteranno molto a rendersi conto che qualcosa non funziona più. Senza contare che ci sono 100 milioni di oneri di urbanizzazione che il Comune doveva incassare con le nuove iniziative e non ha incassato, secondo una stima che sempre Tancredi ha ufficializzato, con il rischio che venga a mancare un’importante entrata al prossimo bilancio comunale già messo a dura prova dalle rate per la nuova metropolitana. E questo non può essere un problema solo dell’attuale giunta. Intanto, dietro le quinte si prepara il neo assessore alla Casa, Guido Bardelli, l’avvocato-urbanista di estrazione cattolica che Sala ha voluto al posto di Pierfrancesco Maran, per il quale ieri sera è arrivata la conferma dell’elezione al Parlamento europeo. In molti hanno interpretato la scelta di Sala con la necessità di avere al suo fianco un supertecnico in grado di gestire la complessità della situazione anche nei rapporti con la magistratura. Interpretazione che con gli intimi Bardelli smentisce seccamente confidando di avere in testa una sola idea: fare di Milano la città delle “case sociali”. Auguri.

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