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Autonomia, per bella che tu sia. Stop and go in vista in Lombardia
Fontana cauto, la Lombardia punta sulla sanità e chiede flessibilità, mentre in Veneto Zaia accelera. Matteo Salvini, anche post europee, ha lasciato intendere i suoi dubbi su un dossier che non sente suo
Ora che l’autonomia differenziata è legge è partita la corsa (e la frenata) per realizzarla. Luca Zaia, presidente del Veneto, ha bruciato il collega Attilio Fontana e e ha già mosso i passi per le prime 9 deleghe “leggere”, immagina di arrivarci entro fine anno. E la Lombardia invece? “Partiremo dalle deleghe che non hanno bisogno di Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) – spiega al Foglio il sottosegretario con delega all’Autonomia della Regione Lombardia, Mauro Piazza – la legge Calderoli dice quali sono gli ambiti. Noi chiederemo il massimo della velocità sulle 9 materie già disponibili, con 6 di assoluta priorità. Aggiungiamo due elementi che vogliamo verificare col governo: il tema della sanità, perché ha già dei Lea definiti, che sono gli unici livelli essenziali già determinati. Su questo vogliamo spingere perché le 9 materie sono importanti ma la sanità rappresenta il 90 per cento del bilancio regionale e ci permette di dare risposte importanti, senza chiedere un soldo in più. Ma chiediamo che il Fondo nazionale possa essere utilizzato in modo flessibile. Tanto che si adatti alle esigenze del nostro territorio: abbiamo bisogno di poter utilizzare le risorse anche per il personale che, altrimenti continuerà a guardare all’offerta competitiva dei vicini di casa della Confederazione elvetica. Ma potremo spendere meno soldi sul versante delle apparecchiature perché abbiamo sempre investito tutti i fondi disponibili. Anche su alcune materie ambientali i Lep sono già definiti, chiederemmo alcune funzioni ben definite”.
La questione politica, in Lombardia, è però un tantino meno lineare che nel veneto del Doge Zaia. La Lega “storica” non ha mai mollato (“mai mulà”) sull’autonomia, ma non è un mistero che Matteo Salvini, anche post europee, ha lasciato intendere i suoi dubbi su un dossier che non sente suo. Inoltre gli alleati non sembrano entusiasti dell’autonomia, la vedono come pura merce di scambio per ottenere la riforma del premierato. Fratelli d’Italia è da sempre ostile ma anche Forza Italia resta prudente. Piazza, davanti a queste notazioni, non si scompone e non teme frenate: “Mi rifaccio alle parole cristalline del presidente Meloni che ha parlato della sfida dell’autonomia come di una occasione straordinaria per riformare la macchina amministrativa del paese. C’è poi un tema caro a tutto il centrodestra, quello dell’efficienza della spesa pubblica”.
Attilio Fontana ha espresso soddisfazione: “Grazie alla Costituzione e grazie a chi ha avuto il coraggio, in questi anni, di accettare e dover respingere tante bugie e infamie, tante cose inesistenti che sono state raccontate. Ha vinto la Costituzione, che prevede l’autonomia differenziata. Ha vinto l’Italia, perché otterremo un paese più moderno ed efficiente, più capace di rispondere alle esigenze dei tempi attuali. Avremo una Regione Lombardia che saprà andare ancora più veloce e riuscirà a essere ancora più competitiva con i propri competitor europei e mondiali”. Non così, però, Matteo Salvini che ha usato l’argomento per giustificare la mezza legnata elettorale: “L’autonomia fa perdere voti, al Nord non li porta, al sud li toglie”. Non è che piantata la bandierina ora il gioco è a chi frena di più l’autonomia? “Come ha detto Calderoli l’autonomia è una sfida che cerca di risolvere la questione meridionale, un’occasione per invertire una tendenza che da 40 anni evoca un regionalismo indifferenziato, che ha aumentato le differenze nel paese. Va riformato però fino in fondo l’articolo V, per azzerare gli alibi delle classi dirigenti locali. Non basta accusare il centralismo romano”, insiste Piazza. A proposito di riforma delle autonomie locali resta il buco nero delle città metropolitane, senza poteri né danari, come può essere affrontato? “Tutte le cose fatte in fretta e furia dal centrosinistra hanno delle lacune (legge Delrio, ndr). Serve una messa a punto organica dell’architettura istituzionale degli enti locali, città metropolitane comprese. Anche per superare le troppe sovrapposizioni, pensando anche di ridurre il numero degli enti. La Lombardia non punta a un neo centralismo regionale, avevamo sottoscritto un accordo con Anci e Upl per lavorare al massimo della devoluzione delle competenze e in questo solco si va avanti, sapendo però che la città metropolitana non può essere l’unico attrattore di risorse”. Il Pd, dopo che i suoi governatori di punta avevano scelto l’autonomia differenziata, oggi grida “al lupo” e si prepara l’ennesimo referendum. Bobo Maroni nel 2017 aveva portato a votare sì tre milioni di lombardi, un risultato non da poco. Ora l’obiettivo è incerto, si vedrà, perché a remare contro sono in tanti, anche nella Lega.