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“Get Milan building again”. Come salvarsi dallo stallo giudiziario

Mariarosaria Marchesano

Governo e Parlamento si stanno arrovellando da mesi su come trovare una via d’uscita al blocco immobiliare che si è generato a Milano in seguito alle inchieste della procura su presunti abusi edilizi e che potenzialmente potrebbe interessare tutti i comuni del paese

"Get Britain building again” è lo slogan lanciato dalla neo cancelliera dello Scacchiere, Rachel Reeves, che ha sorpreso per la sua visione della spesa pubblica orientata alla costruzione di nuove case e a progetti infrastrutturali. Mentre i laburisti inglesi puntano a “costruire di nuovo la Gran Bretagna”, in Italia governo e Parlamento si stanno arrovellando da mesi su come trovare una via d’uscita al blocco immobiliare che si è generato a Milano in seguito alle inchieste della procura su presunti abusi edilizi e che potenzialmente potrebbe interessare tutti i comuni del paese.

A oggi si contano ben quattro emendamenti depositati da altrettanti partiti (Lega, Azione, Pd e Fratelli d’Italia) che se inseriti nel decreto Salva casa saranno la soluzione “politica” all’impasse che si è creata nel settore delle costruzioni. Il Salva casa, che deve essere approvato dal Parlamento entro luglio, rappresenta, infatti, l’unico strumento legislativo in grado di sciogliere la matassa in tempi brevi, prima che gli investitori internazionali prendano piena consapevolezza del gran pasticcio in atto e decidano che è meglio andare da un’altra parte.

Anche perché, se Milano è fuori legge nel campo della rigenerazione urbana e della regolamentazione urbanistica, allora lo è tutta la Lombardia: come emerge da un’indagine svolta su 50 comuni della regione, i quali in larga parte consentono di edificare sui propri territori con altezze superiori a 25 metri e con densità superiori a 3 metri cubi per metro quadrato senza la necessità di piani attuativi ma attraverso autorizzazioni semplificate come la Scia. In deroga, quindi, alla legge del 1942 che è la base giuridica del teorema accusatorio della procura. Vero è che a commissionare l’indagine è stato Bluestone, uno degli operatori immobiliari che sono finiti nel mirino dei magistrati per i progetti delle Torri di Crescenzago e di piazza Aspromonte e che lo ha fatto per sostenere la sua tesi difensiva, ma non c’è ragione di dubitare dei risultati di una ricognizione tecnica svolta da uno studio legale come Belvedere&Partners, con cinquant’anni di esperienza nel real estate e in particolare nella pianificazione urbanistica. Belvedere è andato a verificare, caso per caso, i criteri generali adottati in 50 comuni lombardi più popolosi, e in alcune altre regioni italiane, arrivando alla conclusione che solo nel comune di Lecco sono seguite norme più restrittive per gli interventi edilizi, ma esclusivamente per le nuove costruzioni e per alcuni ambiti molto specifici. Per il resto, i comuni non si discostano molto dalle regole adottate a Milano, comprese Brescia e Bergamo dove, però, non risulta ci siano indagini in corso a carico delle imprese di costruzioni.

Il punto è che dal 1942 a oggi le norme urbanistiche, in particolare in tema di ristrutturazione edilizia, hanno progressivamente perso la ratio iniziale che era quella del rispetto dell’opera preesistente fino ad arrivare alla legge 76 del 2020 che consente alla nuova opera di essere “in tutto o in parte diversa dal precedente” e di superare i limiti di altezza e densità di cubature senza bisogno di particolari autorizzazioni.

Giusto o sbagliato che sia è questo lo stato dell’arte in Italia, sebbene con diverse sfumature e differenze a seconda delle amministrazioni, per cui o si finisce per mettere tutti sotto processo, oppure deve intervenire il legislatore per scongiurare una paralisi nazionale nel caso in cui dovessero muoversi altre procure. Il paradosso di tutta questa storia è sintetizzato dal presidente di Bluestone, Andrea Bezziccheri, il quale racconta al Foglio che a un certo punto della sua vicenda è tornato dal Comune di Milano per chiedere dove avesse sbagliato e come poter rimediare, per sentirsi dire che era stato fatto tutto in piena regola e che la possibilità di un piano attuativo per i suoi progetti praticamente non esiste a meno che non si modifichi il Piano regolatore di Milano. Un operatore estero al suo posto sarebbe già scappato in Gran Bretagna. 

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