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L'afosa estate milanese di mostre e musei, blockbuster e poca creatività

Francesca Amé

I numeri vanno, ma la programmazione anche per l’autunno non brilla. Qualche voce critica sul modello Milano

A luglio, poetava Montale, “già il pensiero è entrato in moratoria / drammi non se ne vedono, / se mai disfunzioni”. Come quelle di questa (finalmente) afosa estate milanese della cultura: le iniziative non mancano (il Comune ha presentato un ricco programma di eventi, tra festival nei singoli municipi e rassegne varie), ma l’insieme appare un po’ sfuocato, specie quando ci si concentra sul cartellone delle mostre, oggettivamente sguarnito di questi tempi, fatta eccezione per la personale di Valerio Adami, pittore del pop intelligente, che apre il 17 luglio.

Ci concentriamo allora sui numeri, che dovranno pur dir qualcosa: a gennaio Palazzo Marino aveva promesso una cinquantina di mostre per il biennio 2024-25 e l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi, sul programma espositivo, aveva detto: “E’ un mosaico complesso”. Il sindaco Beppe Sala aveva lasciato intendere che “bisogna crescere ancora”, ché le Olimpiadi invernali si avvicinano e Milano non può permettersi armi spuntate. La stagione passata (parliamo del 2023) è stata felice: aumento del 40 per cento di pubblico nei musei cittadini rispetto all’anno precedente, con Palazzo Reale a fare da traino con i suoi 896 mila biglietti staccati. Merito dell’effetto-Erlich, lo ricordate? Il geniale e ultra instagrammabile artista argentino mise in fila 200 mila visitatori con quel genere di operazioni che fanno felici tutti e giovano ai bilanci. In questo primo semestre il ruolo di Erlich avrebbe dovuto essere di Dolce&Gabbana ma, al netto dei centomila ingressi registrati a oggi alla loro autocelebrativa mostra che chiude a fine mese, le code in ingresso non si sono viste. Si è saputo invece dell’accordo tra il brand e Palazzo Marino: circa un milione di euro donati per l’efficientamento della biglietteria di Palazzo Reale e vari restauri a tesori e mobili dell’edificio. Comunque sia, Palazzo Reale tiene: superato il milione di ingressi al mese di maggio, con la mostra sulla combo Cézanne-Renoir in vetta agli ingressi (si è chiusa da poco con 145 mila visitatori).

“Qui però siamo al gioco delle figurine Panini”, ci dice al telefono il critico d’arte Flaminio Gualdoni. “Mi paiono tutte mostre ‘telefonate’, di quelle decise altrove e poi portate in giro il più possibile. So che oggi il sistema è complesso: le produzioni costano e si cerca di arrivare presto al breakeven, però diciamolo che far cultura in una città è un’altra cosa”. Problema di soldi? “Direi di testa. A far mostre così si fatica meno, si campa senza rischiare. Oggi i grandi spazi espositivi come Palazzo Reale seguono una politica quantitativa che punta su nomi di richiamo, le mostre arrivano preconfezionate. Alla fine, è come quando prendi un surgelato, lo decongeli e ti dici che hai cucinato: non c’è nulla di male, ma non è verità”. Lo pensa anche Giuseppe Frangi, vicepresidente di Casa Testori: “Ci siamo abituati alle mostre a pacchetto e spiace vedere che si investe poco su una progettualità specifica della città. Milano si è messa nelle mani dei privati e della moda per ricevere finanziamenti e questo è comprensibile, ma rilevo una mancanza di coraggio e di reale apertura verso nuovi pubblici. Trovo più stimolante la programmazione teatrale di quella espositiva: nei musei mancano le novità, la ricerca”.

Il Pac fa la sua parte (ora è in corso la personale di Luisa Lambri), ma non basta. “Palazzo Reale-Museo del 900 uno a zero – rileva Matteo Bergamini, giornalista e critico d’arte attento alla scena contemporanea – Da questa città da tutti descritta come innovativa ci aspetteremmo una scena dell’arte più dinamica e invece, osservando quanto successo durante l’ultima Art Week, la programmazione degli spazi pubblici museali non è stata all’altezza. Aspettiamo fiduciosi i progetti futuri”. Con un Museo del 900 che da troppo tempo veste il ruolo della Bella Addormentata (ancora nulla si sa sui tempi della riorganizzazione degli spazi disegnati da Italo Rota né tantomeno del raddoppio nell’altro Arengario), Palazzo Reale si assicura anche per l’autunno il ruolo da protagonista. Si è appena chiusa la mostra “Picasso e la metamorfosi della figura” al Mudec con circa 56 mila visitatori e già vediamo in giro la pubblicità della prossima picassiana mostra, sostenuta da Marsilio Arte, un grande progetto che approderà a Palazzo Reale il 20 settembre: perché non coordinarsi meglio? A settembre approda in città anche Lady Mostre Iole Siena, capitana di Arthemisia, casa di produzione che miete successi in mezza Italia (suo anche il record della personale Leandro Erlich). Questa volta ha alzato la posta: porterà a Milano, dopo 40 anni, l’arte nordica di Munch, con una mostra-blockbuster poi in partenza (ovvio) per i lidi romani. Considerato che a dicembre arriverà anche Tim Burton alla Fabbrica del Vapore con un’installazione labirintica che farà la gioia dei suoi tanti fan, c’è da scommettere che il milione e mezzo di visitatori totalizzati nel 2023 dai musei cittadini quest’anno sarà superato. Quindi è vero: drammi non se ne vedono, se mai (tante, talvolta pesanti) disfunzioni. 

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