Attilio Fontana - foto Ansa

Gran Milano

Guerra sull'autonomia, la Lega (di Fontana) scocca otto frecce

Daniele Bonecchi

Mauro Piazza, delegato dal presidente della Lombardia al dossier sull’Autonomia, spiega al Foglio gli ultimi step riguardo alla possibile attuazione della legge Calderoli: “Al di là del fumus referendario, l’iter è molto semplice. È una legge che precisa le indicazioni del dettato costituzionale"

Quando iniziò la battaglia – ai tempi di Bobo Maroni presidente – la Lega non immaginava che l’autonomia differenziata potesse diventare un giorno la sua Dunkerque: alle spalle il mare tempestoso, davanti il fuoco incrociato di maggioranza (da amici miei a falsi amici, nel giro di un’estate) e opposizione (Bonaccini dove sei finito?) e in più, dal cielo, gli anatemi della Cei. A quei tempi, e anche più di recente, quando i referendum regionali di Fontana e Zaia stravincevano, i partiti alleati di centrodestra erano per lo più accondiscendenti, e da sinistra sì sentivano forti segnali di consenso, non solo dai governatori del nord. Oggi nella palestra del Campo largo l’esercizio più accreditato è il tiro al bersaglio contro l’autonomia, referendum compreso. E così anche Beppe Sala, stanco di chiedere una toppa per la sua Città metropolitana, spara a palle incatenate contro Attilio Fontana. Peccato che la memoria corta di chi ha governato fino a ieri vacilli, senza ricordare i disastri dell’ex ministro Delrio, che ha minato di fatto, col Titolo V, le autonomie locali a spese di comuni, province e città metropolitane.
 

È stato proprio Fontana in questi giorni a ricordare che tra gli sponsor dell’autonomia, fino all’altro ieri, c’era Stefano Bonaccini (allora presidente dell’Emilia-Romagna) con la sua vice Elly Schlein di rincalzo. Ora Fontana, chiamato a una battaglia che proprio non voleva, cerca di schierare le sue truppe a difesa di un obiettivo sempre più difficile. Perché i leghisti-autonomisti non hanno dalla loro parte nemmeno gli alleati di governo, mentre chi governa la Lega, ovvero il Capitano Salvini oggi in difficoltà anche interna, dell’autonomia se ne è sempre infischiato. E in più, il partito è insidiato dalla spina nel fianco Vannacci. Insomma, l’autonomia è diventata l’ultima bandiera da issare sul Carroccio, a tutela del marchio e di un percorso politico ormai più che decennale. E dunque avanti, nah con l’idea di iniziare ad applicarla su quei temi che non richiedono di attendere i famosi “Lep”, i livelli essenziali delle prestazioni.
Mauro Piazza, delegato da Attilio Fontana all’Autonomia, spiega al Foglio gli ultimi step riguardo alla possibile attuazione della legge Calderoli: “Al di là del fumus referendario, l’iter è molto semplice. Anche perché la legge Calderoli è di natura procedurale, non definisce i contenuti, lasciati alla libera scelta delle Regioni e alla contrattazione con lo Stato per definire le funzioni da devolvere. È una legge che precisa le indicazioni del dettato costituzionale. Anche perché se è la Costituzione più bella del mondo, lo è sempre (anche con l’autonomia regionale ndr)”.
 

Ora, con la legge Calderoli, i tempi sono chiari: il ministro ha due mesi di tempo per rispondere alle Regioni. Noi ci aspettiamo già da ottobre di concludere il percorso delle otto deleghe che non hanno bisogno la determinazione dei Lep, con la convocazione del ministro Calderoli”. Si tratta delle deleghe su rapporti internazionali e con l’Unione europea; commercio con l’estero; professioni; protezione civile; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
La presunta divisione Nord-Sud provocata e amplificata dall’autonomia, a queste latitudini non ha un grande impatto. “Se è vero che esiste il problema del Sud, esiste anche un problema del Nord”, spiega Fontana. La Lombardia in questi ultimi anni sta raggiungendo dei vertici altissimi in tutte le classifiche di efficienza, di produttività e di competitività, ma lo stiamo facendo con le mani legate dietro la schiena, lo stiamo facendo correndo con delle regole che sono diverse rispetto a quelle degli altri paesi e delle altre regioni con cui dobbiamo competere”.
 

E allora, concretamente? “Facciamo il caso della protezione civile – insiste Piazza – la competenza regionale ci permetterebbe di semplificare tempi e procedure che, in caso di calamità naturali, sono essenziali. Oggi per attivare l’emergenza occorre un iter che coinvolge anche il Consiglio dei ministri, con tutte le lungaggini del caso”. E le emergenze idrogeologiche in Lombardia non mancano, con le nuove procedure l’intervento, compreso quello di ricostruzione, sarebbe più tempestivo. “Anche nelle relazioni internazionali, nel commercio con l’estero – come spiega il collega Guido Guidesi – avremo una capacità propositiva più incisiva, in grado di competere alla pari con le altre regioni d’Europa”, conclude Piazza.
 

Certo l’autonomia senza le 14 materie che richiedono i Lep, con gli standard minimi, risulterebbe monca. Si tratta di settori decisivi nel campo dei servizi, eccoli: istruzione, tutela dell’ambiente, sicurezza del lavoro, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, alimentazione, ordinamento sportivo, governo del territorio, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, ordinamento della comunicazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia e infine valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Ma per definire i Livelli essenziali delle prestazioni il governo si è dato due anni di tempo. Il governatore Fontana non ci sta: la Lombardia “ha bisogno di personale sanitario che paghiamo con i nostri soldi e non possiamo assumerlo o adeguare gli stipendi: questo ha provocato un disastro”. E ancora, il refrain valido fin dai tempi di Bossi: “Non possiamo fermare la parte del paese che corre perché lì ci sono politici che non intendono assumersi responsabilità. Al Sud imparino a votare”. Ma questa è già un’altra storia.