GranMilano
Mancava solo l'insulsaggine dell'Onu per complicare il traffico
Jean Todt parla di sicurezza stradale per conto delle Nazioni Unite, dando vita a un iniziativa di discutibile utilità: mentre Sala e Salvini litigano sull'aumento degli autovelox, Milano continua a soffrire di un trasporto pubblico dimezzato rispetto alle altre città europee
Che l’Onu sia un’organizzazione costosa e sostanzialmente inutile, quando non dannosa, basterebbero le pessime dichiarazioni e le molte omissioni di António Guterres, dal 7 ottobre in poi, a chiarirlo. Ma Milano non ha mancato di contribuire alla voce spese inutili, così il settembre cittadino si è aperto con lo show francamente non imperdibile di Jean Todt, un vita nell’industria automobilistica e ora diventato “a tempo pieno” inviato speciale dell’Onu per la sicurezza stradale. E’ venuto a lanciare l’allarme per una “pandemia silenziosa” che produce 1,19 milioni di morti all’anno sulle strade e a sponsorizzare, come rimedio, una campagna di sensibilizzazione costituita da poster ti in cui campioni dello sport come Drogba inviano a “indossare la cintura di sicurezza”, o Kylie Minogue a non guidare se sei è stanchi. Soldi sottratti alla Fao, diciamo. Ma c’è poi la sostanza. Secondo i dati forniti il 90 per cento degli incidenti mortali avviene in paesi in via di sviluppo, dove sono addirittura la principale causa di morte tra i 5 e i 29 anni. In Italia, dove dal 2001 il tasso di mortalità è calato con le stesse percentuali di quello europeo (meno 42 per cento) i morti per incidenti stradali sono meno dell’1 per cento. Dato che resta tanto e si dovrà impegnarsi a farlo scendere ancora, ma l’utilità in tal senso della campagna Onu è tutta da dimostrare. Ma il red carpet di di Todt a Palazzo Marino lunedì ha avuto un senso politico chiaro, seppure sfumato e senza nessun confronto diretto (non previsto dal cerimoniale).
Da un lato c’era Beppe Sala, il sindaco che ha consacrato il suo secondo mandato, mercé scelte discutibili e discusse dei suoi assessori alla mobilità e all’ambiente, alla diminuzione del traffico privato e a porre le basi per una sua futura totale abolizione. Sala ha sposato in pieno le linee della campagna Onu (“la sicurezza stradale è una materia sulla quale dobbiamo trovare una sintesi”) e ribadito le sue idee guida: limite dei trenta all’ora nelle strade scolastiche; più autovelox (“servono le sanzioni”), allargamento dei marciapiedi. Dall’altra parte c’era il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, con più promesse che proposte, molta antipatia per gli autovelox e il nuovo Codice della strada ancora tutto da verificare in promozione. Su chi abbia ragione si sospenderà il giudizio, e di certo Sala fa bene a ribadire che il problema della sicurezza stradale è importante, anche senza dover prendere sul serio le bellurie di Todt.
C’è però un serio problema, su cui Salvini mostra di non avere idee e su cui Sala invece svicola con l’abilità di un ciclista: Milano (e la Città metropolitana) ha bisogno di sicurezza, ma anche di aumentare la mobilità. E stringere le strade anche a grande percorrenza, aumentare i balzelli d’ingresso (in ogni caso, le strette su Area B non hanno funzionato) e togliere parcheggi non risolve, anzi aggrava, il problema di chi si muove per lavoro e, se proviene dai comuni dell’hinterland, non ha nessuna alternativa reale all’auto o al furgone. In più, alla faccia della mobilità dolce, Milano resta una città con la metà delle metropolitane delle altre parigrado europee e Atm nel frattempo riduce le corse e perde personale. Forse il Comune dovrebbe interessarsi per prima cosa di queste debolezze strutturali.