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L'analisi

Rai, Olimpiadi e Meazza: le partite che Pazzali lascia aperte

Fabio Massa

Era capace di portare avanti progetti su progetti. In alcuni casi per la sua capacità di problem-solving, in altri si proponeva come un Mr. Wolf che andava effettivamente a risolvere i problemi degli altri. Per tutti “il manager più bravo” 

Il più bravo manager pubblico in Lombardia, by far. Questa era la definizione di Enrico Pazzali, il quasi ex presidente di Fondazione Fiera, autosospesosi settimana scorsa, sul quale oggi discuterà il Consiglio generale sotto la guida del vicepresidente vicario Davide Corritore e che in tempi brevi potrebbe lasciare definitivamente la guida della Fondazione. Definizione, quella del “più bravo2, che oggi in molti si sono dimenticati di aver pronunciato. Non tutti, a partire da Attilio Fontana, che ha rinnovato la sua stima con la coerenza che lo contraddistingue. Al netto ovviamente della vicenda penale, che avrà il suo corso e che ha stupito tutti i suoi amici, che gli uomini affronteranno con piglio garantista e i caporali con piglio giustizialista. Se Enrico Pazzali sarà colpevole lo si deciderà dopo i necessari gradi di giudizio. Anche se la solita condanna pubblica è già stata scritta e comminata, in uno strano tourbillon di eventi e carte giudiziarie che – come al solito – fanno passare per santi e vittime pure quelli che non lo sono affatto.

 

Detto questo, la vera domanda su cui riflettere è un’altra. Perché Pazzali, da destra e da sinistra, dal Comune e dalla Regione, dal governo di centrodestra e dal governo di centrosinistra (quello che lo nominò alla guida dell’Eur, anche se qualcuno vorrebbe scordarselo), veniva ritenuto un ottimo manager pubblico? Per una ragione molto semplice. Perché era capace di portare avanti progetti su progetti. In alcuni casi per la sua capacità di problem-solving. In altri casi si proponeva come Mr. Wolf che andava effettivamente a risolvere i problemi degli altri. Il quesito è dunque quali siano i temi sui quali era concentrata l’operatività di Pazzali e della Fondazione Fiera, e a che cosa dovrà badare chi prenderà il suo posto con il rinnovo di tutte le cariche, cosa che con tutta probabilità – se la politica avrà un briciolo di buon senso – avverrà dopo l’approvazione dell’esercizio finanziario, nel corso del prossimo anno. A tenere il punto adesso è il vicepresidente vicario Davide Corritore, persona di grande equilibrio che nella sua carriera ha rivestito molti ruoli super partes, e che ha già cominciato il suo lavoro.

 

Per prima cosa, la Rai. Ormai l’iter è incardinato per il trasferimento della Rai al Portello, e le interlocuzioni sono state di altissimo livello e tutte positive in questi mesi. Ma c’è una resistenza forte, tutta romana, al progetto. Non è un segreto che una parte dell’azienda non voglia dare a Milano nuovi e più performanti spazi, per paura di perdere scampoli di centralità. La Rai al Portello è un progetto fondamentale per la Rai ma anche per Fondazione Fiera, per molti motivi, anche economici e logistici. Circa un anno fa il cda Rai dava il via libera all’accordo quadro vincolante, che prevedeva la fine del trasloco per il 2029. Gli spazi, individuati su una porzione denominata MiCo Nord, saranno in locazione per 27 anni. Pazzali ha lavorato moltissimo sul dossier, mettendolo al riparo da eventuali attacchi politici. Secondo punto: le Olimpiadi Milano-Cortina. Il 22 maggio 2023, dopo un braccio di ferro con Torino, Fondazione Fiera ha iniziato la costruzione della pista di pattinaggio di velocità di 400 metri, del tunnel sotto l’anello di ghiaccio temporaneo, di una tribuna da circa 6.500 posti.

 

In Fieramilano i padiglioni 22 e 24 diventeranno poi un campo da hockey di 60 metri, con tribune di 5 mila posti a sedere. E infine i padiglioni 13 e 15, che diventeranno una sede polifunzionale per grandi eventi, congressi fino a 12.500 posti a sedere e concerti con fino a 30 mila posti al coperto. Un investimento complessivo di 25 milioni di euro e un disegno strategico messo a terra da Pazzali: far sì che la Fiera potesse contare su strutture per sviluppare il settore dell’entertainment da affiancare all’attività congressuale, un comparto in forte cambiamento in tutto il mondo che cerca sviluppi e prospettive nuove. Ma non c’è solo questo. Perché i bene informati sapevano di un interessamento di Fondazione Fiera a entrare come soggetto protagonista, insieme a Milan e Inter, nella complicatissima vicenda dello stadio Meazza. Una vicenda che si è progressivamente ingarbugliata fino alla stasi, salvo gli ultimi passi avanti che non si sa se avranno esito oppure no. In ogni caso quest’ultima linea programmatica pare che finirà in stand by. Pazzali aveva messo a disposizione il know-how amministrativo e di progettazione, sempre nel solco di un protagonismo della Fondazione in tutti i temi di rilievo per la città. Perché il motto era sempre lo stesso: per rovinare tutto spesso è sufficiente non fare niente. E su questo la città, il Comune e la Regione, il complesso sistema di rapporti e relazioni che sono l’anima dell’eccellenza meneghina, deve riflettere profondamente.

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