Foto LaPresse

GranMilano

Il capo di Confcooperative spiega perché il Piano casa s'ha da fare

Mariarosaria Marchesano

Per l'architetto e urbanista Alessandro Maggioni, si può uscire dal corto circuito politico-giudiziario che coinvolge Milano tenendo presente l’interesse delle famiglie che nei progetti sotto sequestro hanno comprato casa, per poi "ripartire con una edilizia più vicina alle possibilità della gente comune”

Alessandro Maggioni, architetto e urbanista, è un esponente di spicco del mondo cooperativistico di Milano che è pronto a sostenere la svolta in chiave sociale del nuovo Piano casa dell’amministrazione guidata da Beppe Sala, anche se la serrata dello sportello edilizia, decisa dai funzionari intimoriti dalle indagini della magistratura, rischia di aggravare il blocco immobiliare della città. “Proprio perché siamo pronti a costruire a Milano abitazioni finalmente accessibili alla classe media, dopo che si è anche un po’ esagerato con i quartieri per ricchi, sarebbe paradossale che questa decisione rallentasse un piano che cerca di rispondere ai bisogni di fasce più deboli”, dice in un colloquio con il Foglio Maggioni, che è presidente del Consorzio Cooperative Lavoratori (Ccl), promosso dalle Acli e dalla Cisl, e presidente nazionale di Confcooperative Habitat.

“Sono molto preoccupato per quel che sta succedendo – prosegue – Si è creato un corto circuito politico-giudiziario dal quale bisognerebbe uscire tenendo presente l’interesse delle famiglie che nei progetti sotto sequestro hanno comprato casa. E di lì ripartire con una nuova stagione che promuova un tipo di edilizia più vicina alle possibilità della gente comune”. Secondo il numero uno di Ccl, l’aumento delle disuguaglianze sociali degli ultimi anni ha alimentato un “elevato livello di malcontento nei milanesi che ha finito con il riflettersi nelle indagini giudiziarie sui cantieri che in molti casi sono partiti proprio da esposti dei comitati cittadini. La soluzione all’impasse non sarà facile da trovare ma nel lungo periodo la casa sociale è, per Maggioni, la risposta. E non solo per Milano. Proprio Confcooperative Habitat ha di recente ospitato Matteo Salvini in un convegno dal titolo emblematico (“Cooperare per l’eternità”) in cui il ministro ha espresso la volontà di incoraggiare il più possibile la componente sociale del pianeta casa in Italia. Da quanto ha spiegato (l’intervento integrale si trova su Youtube), sembrerebbe che gli obiettivi del ministero delle Infrastrutture e quelli del Comune di Milano sul mondo abitativo siano praticamente identici: realizzare alloggi a prezzi calmierati per soddisfare almeno in parte la domanda della classe media che si è impoverita e manifesta sempre più segnali di insofferenza. Per strade diverse, Salvini e Sala sono arrivati alla stessa conclusione che è quella di mettere un freno a operazioni di finanza immobiliare che soprattutto a Milano hanno contribuito a far crescere i prezzi. Vista così, si capisce ancor meno perché allora il “Salva Milano” – il decreto che dovrebbe “salvare” lo sviluppo immobiliare del capoluogo lombardo dalle inchieste della magistratura – sia ancora arenato in Parlamento nonostante Salvini abbia annunciato più volte l’imminente arrivo. Intanto, un punto fondamentale da stabilire è se la “case sociali” siano sostenibili o meno economicamente per chi le deve costruire.

 

                                            

 

E in questo senso Milano è un test di cui il sindaco Sala si è accollato l’onere chiamando come assessore alla Casa l’avvocato d’affari di estrazione cattolica Guido Bardelli, il quale ha annunciato un piano che prevede la realizzazione di 10 mila alloggi in 21 aree di proprietà comunale già individuate. Alle critiche avanzate dal fronte degli operatori di mercato, i quali obiettano che il tetto di 80 euro al metro quadrato all’anno è un parametro che non sta in piedi per definire il prezzo mensile di affitto, Maggioni replica con un’analisi dei conti che giunge alla conclusione opposta: “Le case sociali si possono fare grazie alle cooperative che hanno una finalità mutualistica e non di mero profitto”, afferma annunciando che il 28 novembre replicherà “punto per punto” allo studio dell’economista Carlo Cottarelli dal quale è emerso che il piano casa di Bardelli non regge.

Per Maggioni sul piano c’è, invece, convergenza non solo delle cooperative bianche, mondo dal quale lui stesso proviene, ma anche di Lega Coop. Quindi sia delle bianche che delle rosse “perché è il modello stesso cooperativistico, che non distribuisce gli utili ma li reinveste, a consentire di realizzare un’edilizia con fini sociali” precisa. Qualche paletto, però, lo mette pure il presidente di Ccl: “Ovviamente, a condizione che le aree siano cedute gratuitamente dal Comune, che i costi di bonifica vengano coperti, che l’Imu venga applicata solo quando l’appartamento è ceduto o affittato e non ricada sulla cooperativa, che ci siano banche disponibili a concedere prestiti per l’acquisto a tassi agevolati”. Il Comune pubblicherà il primo bando esplorativo per realizzare edilizia sociale ai primi di dicembre e riguarda quattro aree: via San Romanello (7 mila mq), via Sant’Elia (circa 18 mila mq), via Demostene (4.500 mq) e Porto di Mare (circa 144 mila metri quadrati). Ritiene, dunque, che ci sarà interesse a partecipare? “Ritengo proprio di sì e non credo che ci saranno problemi con i permessi su terreni che sono di proprietà del Comune, anche se è interesse comune liberare Milano dallo stallo immobiliare in cui è piombata”.