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Ordine, calma e sangue freddo. Parla il Questore di Milano

Cristina Giudici

La prima intervista a Bruno Megale. Microcriminalità, immigrazione, tensione politica in una città di grande respiro internazionale e capace di essere ancora attrattiva e inclusiva, dove gli abitanti ci mettono la faccia e non hanno paura a denunciare. Altro che Gotham City

"Non ci sono zone o vie dove la polizia a Milano non può entrare”, ci aveva detto tono sicuro il Questore Bruno Megale nella sua conversazione concessa in esclusiva al Foglio pochi giorni prima dei roghi e delle proteste scoppiate al Corvetto per la morte del diciannovenne di origini egiziane Ramy Elgami, avvenuta all’alba di domenica scorsa dopo un inseguimento da parte di una pattuglia dei carabinieri. E dopo che tutti o quasi hanno provato a descrivere il quartiere a sud di Milano come una terra di mezzo, o di nessuno, ha aggiunto: “Ogni volta che muore un giovane è un fallimento di tutta la società, ma io non vedo affatto il rischio banlieue a Milano. Ci sono solo alcune zone problematiche da monitorare con un maggior controllo per garantire la sicurezza di tutti”. Nel giorno del suo insediamento nel maggio scorso, un giornalista gli aveva detto, ironico: “Benvenuto a Gotham City dove i problemi legati alla sicurezza si moltiplicano, le università sono in subbuglio e la devianza minorile è in preoccupante aumento”.

 

             

Molti mesi dopo e tanta insistenza da parte nostra va dritto al punto. Schivo ma schietto, il Questore di Milano Bruno Megale non fa molti giri di parole quando deve parlare delle priorità dei milanesi: “I reati predatori sono diminuiti ma restano un problema che stiamo affrontando (passati da 1868 nel 2023 a 1807 nei dieci mesi del 2024) grazie a una maggiore presenza sul territorio”, spiega con piglio deciso. Per lui, che è considerato un grande esperto dell’antiterrorismo islamista e ha guidato la Digos di Milano negli anni difficili dopo l’attentato alle Torri Gemelle e la nascita di cellule terroriste che appartenevano alla galassia di Al Qaida, “il capoluogo milanese resta una città inclusiva che sa accogliere e metabolizzare la pressione demografica, l’enorme flusso di turisti, il milione di pendolari che ogni giorno arriva in città”.  

 

Ed è consapevole di quanto sia cambiata la città dopo il Covid, soprattutto per gli adolescenti disorientati e spesso violenti. “Abbiamo ricevuto delle accuse ingiuste, come quella di fare  profilazione razziale. Invece bisogna attenersi ai fatti che parlano chiaro: ogni giorno arrestiamo 20 persone che commettono reati predatori e le loro origini sono per lo più straniere perché Milano è una città che attrae anche flussi importanti di migranti irregolari e di minori stranieri. Fatta questa premessa, le classifiche che indicano Milano come maglia nera per l’insicurezza sono sfuocate perché si basano sulle denunce fatte in rapporto a un milione e mezzo di residenti e non al numero assoluto che circola in città di oltre tre milioni di persone. Non voglio sottovalutare il fenomeno che è serio ma contestualizzarlo, senza dimenticare la percezione che tende a ingigantire i crimini complessivamente diminuiti”, afferma Megale.

 

Attrattiva e inclusiva sono i due aggettivi che il Questore usa spesso durante il nostro incontro per descrivere una città che lui non considera affatto Gotham City. Il suo ruolo istituzionale non arriva in un momento facile per Milano che sarà pure inclusiva, come afferma lui, ma dove la forbice delle diseguaglianze si è allargata parecchio dopo la pandemia e dove la violenza minorile rappresenta un problema complesso da affrontare. E non solo. A Milano si scontrano anche polarizzazioni politiche e antagonismi. “Bisogna sempre mediare fra il diritto democratico a manifestare e il nostro dovere a disinnescare i conflitti provocati da un’ondata crescente di contrapposizioni”, ci dice. “Milano è una città che cambia in continuazione, perciò si devono tenere sempre le antenne dritte ma è anche una metropoli dove il tasso delle denunce è alto e questo fattore va tenuto in considerazione quando si fanno paragoni con le altre città”, osserva.

 

I reati che restano invariati e non diminuiscono sono quelli relativi alle rapine negli esercizi commerciali (3258 nel 2023, 3806 nel 2024). “Parliamo anche di rapine a piccoli minimarket gestiti da cittadini stranieri che sono integrati nel tessuto della città”. Megale conosce bene Milano, che definisce una città di grande respiro internazionale. E non c’è verso di fargli ammettere che la narrazione sulla Grande Milano sia stata enfatizzata “un cicinin”, come dicono i milanesi. Ci parla delle 172 pattuglie che sono sempre presenti sul territorio e aumenteranno con 500 giovani agenti che stanno per arrivare per rinforzare il controllo territoriale di cui 330 della polizia (70 alla Polfer per il controllo sui treni), carabinieri e agenti della guardia di finanza “da formare, far affiancare da quelli più esperti, pur sapendo che un buon numero di loro poi cercheranno di tornare nei loro luoghi di origine perché vivere a Milano costa e quindi dobbiamo affrontare anche un turn-over molto alto”, afferma.

 
E poi c’è la guerra in Medio oriente che fa crescere la protesta, non sempre pacifica, a favore della Palestina. “L’allarme terrorismo resta alto e il monitoraggio per contrastare eventuali derive violente e antisemite è permanente”, ammette il Questore che deve sorvegliare un movimento rabbioso che può accendere altri roghi. Ecco perché, ci spiega, ha vietato la manifestazione di CasaPound che avrebbe voluto sfilare in corteo il 30 novembre, passando vicino a piazza Fontana, e invece dovrà accontentarsi di una manifestazione statica, in piazza Gorini. “La protesta organizzata dal Blocco studentesco di CasaPound non solo sarà contenuta, ma non potranno essere esposti simboli ed emblemi perché si sarebbe inserita in giornate complesse per la gestione dell’ordine pubblico: dalla protesta nazionale pro Pal allo sciopero generale; dalla manifestazione contro il ddl sulla sicurezza alle commemorazioni per la strage di Piazza Fontana e alla Prima della Scala”. E aggiunge: “Dopo gli scontri avvenuti a Bologna per la manifestazione di Casa Pound e gli scontri con la galassia antagonista, non voglio assolutamente che si ripetano anche a Milano”. Soprattutto nella città medaglia d’oro della Resistenza. 

 

                 
Il questore ci ha spiegato che non ha fatto sconti neanche a Mohammad Hannoun, presidente dell’associazione Palestinesi in Italia al centro di indagini giudiziarie per il suo sostegno finanziario ad Hamas, né a un cittadino egiziano che il 10 novembre scorso che ha esposto in piazza l’immagine di Yahya Sinwar, la mente degli attacchi del 7 ottobre: foglio di via a entrambi per istigazione all’odio e alla violenza e allontanamento dalle piazze di Milano. “La crisi in Medio Oriente esaspera le contrapposizioni che noi dobbiamo assolutamente impedire”, ribadisce con grinta. “Non spetta a me decidere chi abbia più ragione a protestare ma io devo assolutamente prevenire e reprimere ogni deriva di chi istighi alla violenza e al terrorismo”.

  
Uomo di poche parole e sarcasmi sfiziosi, Megale ribadisce che Milano è attrattiva anche per chi colpisce nel quadrilatero della moda diventata meta del turismo di lusso e di rapinatori che sono spesso maghrebini e vengono arrestati “senza alcuna profilazione razziale”, osserva con ironia dopo la polemica scatenata dal report del Consiglio d’Europa contro il razzismo e l’intolleranza (un organo indipendente di monitoraggio sui diritti umani) che ha accusato la polizia italiana di essere razzista. “Li abbiamo arrestati semplicemente perché responsabili dei furti”, ci dice per far capire che i poliziotti si occupano di prevenzione con centinaia di incontri nelle scuole (soprattutto rivolti a quella fascia di adolescenti disorientati e sempre più spesso inclini a adottare pratiche violente) ma non sono assistenti sociali. E infatti ci fa notare che ogni giorno vengono fatti 2 rimpatri di migranti, 500 nel 2024, perché irregolari o responsabili di reati.  

 
Bruno Megale, nato a Reggio Calabria, sposa la visione positiva di una città dove gli abitanti ci mettono la faccia e non hanno paura a denunciare. Soprattutto le donne vittime di violenza. La violenza di genere non conosce differenza di età, censo e provenienza geografica ed è un fenomeno rilevante. La legge che mi dà la facoltà di ammonimento e di diffida quest’anno ha raggiunto 400 uomini violenti ma il numero delle denunce sono in linea con quelle dell’anno scorso. A riprova che il lavoro di prevenzione ha funzionato”, conclude. E prima di congedarci, chiede beffardo: “Dopo tutto quello che le ho detto, metterete ancora nel titolo che Milano è Gotham City?”.