Granmilano
“Costruttori, venite a Londra!”. L'invito di un urbanista italiano
Lorenzo Pandolfi, architetto con studio a Londra, sarà a Milano per presentare le opportunità di investimento che si presentano nella City ora che il premier Keir Starmer ha posto lo sviluppo immobiliare al centro del suo programma politico
Non conosco a fondo le finezze giuridiche e normative, ma devo dire che, vista da qui, la tempesta di Milano è abbastanza singolare. A Londra è sempre la giustizia amministrativa a occuparsi di eventuali diatribe nell’edilizia ed è impensabile che un organismo della sfera penale intervenga su una particolare pratica urbanistica o addirittura su cantieri in essere”. Lorenzo Pandolfi, architetto e urbanista con studio a Londra, specializzato in “planning balance”, vale a dire l’attività professionale di negoziazione tra pubblico e privato in campo edilizio, il 29 gennaio sarà a Milano per presentare le opportunità di investimento che si stanno aprendo nella City ora che il governo laburista Starmer ha messo lo sviluppo immobiliare al centro del suo programma politico.
“Secondo questo indirizzo ‘densificare’ le aree urbane è una cosa auspicabile anche se c’è pressione sui comuni per aumentare l’housing sociale, in alcuni casi con aumenti delle quote previste superiori al 200 per cento rispetto ai target ereditati dal precedente governo conservatore”. Anche a Milano si sta cercando di imprimere una svolta in chiave sociale della pianificazione abitativa e residenziale tenendo conto dell’incessante aumento della domanda che arriva dalla classe piccolo borghese, studenti e lavoratori al primo impiego che non possono accollarsi prezzi esorbitanti. Il Piano Casa dell’assessore alla Casa, Guido Bardelli, va in questa direzione. Ma c’è una differenza sostanziale tra ciò che è possibile fare nel Regno Unito dove, non esistendo livelli intermedi come province e regioni, la complessità normativa è minima così come le discrepanze interpretative.
“Sia in un grande masterplan che in un piccolo progetto - prosegue Pandolfi - entra in gioco la negoziazione, che è uno dei pilastri del sistema inglese basato sulla common law”. Ma in sostanza, per l’housing sociale, come funziona a Londra che ha problemi di caro affitti anche più grossi di Milano? “Di ogni proposta vengono valutati i pro e i contro. Se, ad esempio, un comune prevede in una determinata area 100 case a canone calmierato, io costruttore posso dire che ne costruirò solo 50 offrendo in cambio altri tipi di servizi per persone in difficoltà che bilancino la richiesta pubblica. Oppure, se un progetto prevede un certo numero di case con metratura minima di 37 metri quadrati (in Italia è stata di recente ridotta a 28, ndr) posso provare a convincere il comune che ne costruirò un numero superiore di 30 metri destinando la differenza a una particolare categoria sociale. Insomma, qui si negozia tutto partendo da leggi che fissano determinati standard, ma c’è massima trasparenza: tutti i documenti di una determinata storia urbanistica si possono trovare online”. In questo modo è più semplice rendere sostenibili gli investimenti immobiliari con fini sociali? ”I costruttori devono sempre mettere sul piatto qualcosa e i comuni lo valutano, in questo modo si è sviluppato un mercato privato del sociale a cui partecipano molti fondi pensione”. Insomma, nel Regno Unito il settore privato contribuisce alla costruzione di case a prezzi calmierati, ma anche le politiche pubbliche più severe di singoli comuni possono essere messe in discussione dallo sviluppatore con l’aiuto di consulenti ed esperti che dimostrino che raggiungere un determinato target chiesto rende il progetto inattuabile e propongono, invece, un numero ridotto di unità o un contributo economico una tantum.
Esiste la possibilità di una fuga di investitori da Milano a Londra? “E’ naturale valutare diversi mercati e impiegare capitali dove il campo di gioco è più equo e trasparente”. Pandolfi si è laureato a Venezia in architettura, ma la sua passione è sempre stata il mondo anglosassone. La svolta è avvenuta quando ha lavorato per un ufficio pubblico di Brighton dove ha imparato l’abc sui permessi edilizi, poi l’assunzione in una multinazionale e in giro per il mondo a costruire grattacieli e infine lo studio in proprio. “Ora l’obiettivo è iniziare a costruire un ponte tra Milano e Londra per muovere idee, talenti e investimenti in entrambe le direzioni”. Di sicuro, dal modello inglese c’è qualcosa da imparare.