Una fotografia di Gérard Uféras della mostra "Lo sguardo nascosto. La danza dietro al sipario" al Teatro alla Scala di Milano supportata da Ferragamo 

La leggerezza e la disciplina, essere ballerine alla Scala. In mostra

Fabiana Giacomotti

Nella mostra “Lo sguardo nascosto – La danza dietro il sipario”, le immagini inedite e tenere della vita quotidiana del corpo di ballo scattate da Gérard Uféras, raccolte in un ricco volume edito dal Saggiatore ed esposte nel Ridotto e nelle sale del Museo dedicate alle mostre temporanee

Le immagini della vita quotidiana del corpo di ballo del Teatro alla Scala scattate da Gérard Uféras, raccolte in un ricco volume edito dal Saggiatore ed esposte nel Ridotto e nelle sale del Museo dedicate alle mostre temporanee sono inedite, tenere, commoventi anche. Vi si coglie la disciplina, la ricerca ossessiva del gesto perfetto, la fatica, il sudore, ma anche le ambizioni temperate dalla solidarietà, le tensioni dissolte nell’amicizia, l’amore che sboccia anche dietro il magico sipario rosso. E nulla poteva rendere meglio la leggerezza e la forza di questa arte dei tutù, storici e contemporanei, riprodotti in carta da quell’artista eccezionale che è Caterina Crepax e che è figlia di Guido, naturalmente, ma anche nipote di Gilberto, primo violoncello nell’orchestra del Piermarini ai tempi di Arturo Toscanini (alla Scala, le storie di una certa Milano si intrecciano sempre). Sospese con invisibili fili di nylon lungo tutto il percorso della mostra “Lo sguardo nascosto – La danza dietro il sipario”, aperta lunedì scorso, le sculture di carta, arte molto amata in Giappone, quasi sconosciuta in Italia dove per storia e natura ci piace la dinamica contraria, cioè il marmo che sembra merletto, sono la trovata geniale della mostra, voluta dalla direttrice Donatella Brunazzi per “colmare una lacuna editoriale ed espositiva importante, visto che sul Corpo di Ballo scaligero esisteva infatti soltanto il volume di Luigi Rossi 1778-1970 per le Edizioni del Teatro, mentre nel 2022 l’ufficio stampa aveva pubblicato uno Speciale della Rivista di un centinaio di pagine, entrambi fuori commercio”. La cura, con Livia Corbò, Paola Calvetti, che oltre a essere la sceneggiatrice e scrittrice di romanzi preziosa che è, ha diretto lo stesso ufficio stampa per buona parte degli anni Novanta (dalla Scala non si esce mai definitivamente, dopotutto), e dunque ha curato anche il libro. Insomma, essendo una mostra costruita e realizzata da gente che conosce e vive il teatro, il percorso per esempio è di Margherita Palli che in questi giorni sta curando la scenografia di “Evgenij Onegin” con la regia di Mario Martone al debutto la prossima settimana, l’esposizione è molto riuscita. Interessante la videoinstallazione “Oltre il velo” della coreografa e regista Valentina Moar, un’opera che trasforma il movimento in un flusso di immagini e suoni, utili i pannelli introduttivi sulla storia del balletto alla Scala, e naturalmente utilissima la sponsorizzazione di Ferragamo, che dopotutto ha la creazione delle calzature per ballerine come Katherine Dunham, Alicia Markova e Anna Pavlova inscritta nella propria storia. Ma, visto che in ogni esposizione bisogna sempre trovare un elemento che rapisce il cuore, quell’elemento è per molti visitatori il primo che si incontra lungo il percorso, e che esce, finora inedito, dell’archivio del teatro. Sono le scarpette di Fanny Elssler, la prima vera diva del balletto insieme, in realtà opposta, a Marie Taglioni: sensuale interprete di “danze spagnole” vere come la cachucha o inventate ma comunque popolarissime, grande teorica del mimo, bellissima. Insomma, perfetta per la Scala, che amava le novità e le grandi bellezze, non fosse stato per le origini austriache e, come scrivevano i libelli dell’epoca, la collusione forse sentimentale, di sicuro politica, con Metternich. Fatto sta che nel febbraio del 1848, alla Prima del “Faust” di Jules Perrot, fece crollare il teatro dai fischi dopo essersi rifiutata di ballare se le allieve della scuola di ballo non si fossero tolte dal collo una medaglietta col ritratto di Pio IX, su cui si erano accentrate le speranze dei patrioti italiani. Si vide costretta a lasciare Milano di gran carriera, la rivoluzione scoppiò un mese dopo. Le sue scarpette, minuscole, usatissime, sono rimaste lì.