L'assessore alla casa Guido Bardelli spiega i motivi delle dimissioni durante il consiglio comunale a Milano (foto ANSA)

Gran Milano

Il problema del Pd a Milano non è l'assessore, ma un piano per il futuro

Fabio Massa

Dal deficit di circa cento milioni l'anno legato ad Atm allo scollamento tra area metropolitana e centro città, fino al futuro di  A2a e Sea. Le tante questioni aperte del partito di maggioranza in Comune per il dopo Bardelli

L’arcivescovo di Milano è sempre stato una persona ottimista. Andando a riprendere un discorso del 2023 dal titolo “Il coraggio uno se lo può dare”, si leggono domande importanti. Scriveva Delpini: “Ci saranno ancora, a Milano, uomini e donne che si fanno avanti per seminare fiducia? Ci saranno ancora, a Milano, uomini e donne, che seminano fiducia perché meritano fiducia? Ci saranno uomini e donne che aiutano la città a cambiare aria perché sono onesti, sinceri, dediti al bene comune, affidabili nelle parole che dicono, trasparenti nel loro operare, virtuosi senza esibizionismi, costanti senza testardaggine, pronti alle responsabilità senza arrivismi?”. A vedere quello che accade, nel periodo più buio per Milano dai tempi della crisi economica dei primi anni Dieci, l’ottimismo di una manciata di mesi fa si affievolisce, e la tentazione di rispondere no alle parole di Delpini si fa forte. Il fronte politico della maggioranza è sempre più dilaniato, l’accodarsi di una sua parte alle inchieste sull’edilizia, per colpire il sindaco e una intera parte del Pd nazionale, anziché utilizzare le domande che legittimamente sorgono dalle onchieste per aprire un dibattito serio sul futuro sono un segnale. Lunedì in Consiglio davanti alle dimissioni dell’assessore alla Casa Guido Bardelli ha fatto, la politica tutta ha risposto malino. Ma inchiste (e blocco edilizio) a parte, è soprattutto la debolezza dei partiti a farsi evidente.

 

                       

 

Il dibattito pubblico in città si è praticamente azzerato: ognuno parla con i suoi, e si fa bastare gli applausi della propria platea. Salvo rari casi, la destra batte sempre e solo sulla questione sicurezza, che peraltro è di competenza nazionale e che è un problema mitigabile ma non risolvibile in tutte le città del mondo. Nel giro di un anno comincerà il balletto sui nomi che dovranno sfidare l’egemonia culturale e elettorale (perché di questo si tratta) del centrosinistra cittadino, eppure una agenda Milano 2032 non si vede proprio. E a sinistra, non vengono affrontati i veri temi che sono sul piatto. Uno per tutti, di natura finanziaria. Come pensa il partito di maggioranza relativa in Comune di affrontare il deficit di un centinaio di milioni l’anno in capo alla mobilità (leggasi Atm), originato dal finanziamento delle nuove linee? Si tratta di spesa corrente, e visto che il silenzio dem sulla possibile fusione con Fnm evidentemente significa un diniego a questa possibilità, ci si chiede come si pensa di garantire alla città di continuare a muoversi, se non tagliando tutta la parte sociale legata alla tariffazione Atm (in soldoni: scontistiche per fasce deboli, incentivi al mezzo pubblico eccetera).

Sempre sul tema trasporti, altre due problematiche: si può forse negare lo scollamento tra l’area metropolitana e il centro città? I collegamenti con l’hinterland sono quelli che risentono di più della carenza di fondi e della carenza di autisti, problema irrisolto: semplicemente Atm non ne trova, perché il costo della vita a Milano è troppo alto. La soluzione più logica sarebbe alzare nettamente gli stipendi, ma con il deficit di 100 milioni di cui sopra questa diventa impercorribile. 

Il Piano casa abbozzato e ora lasciato in eredità da Bardelli servirebbe anche a questo. Una buona notizia, nel silenzio generale: Alessandro Capelli, segretario metropolitano del Pd, ha detto chiaro e tondo che il progetto bardelliano risponde tecnicamente a un bisogno fatto emergere proprio dai dem, nell’ambito di un “ripensamento” del modello Milano. Il segretario insiste nel suo lavoro di riconnessione della società milanese con la politica. E propone un Piano di governo del territorio tutto da rifare, magari confrontandosi con i sindaci dell’area metropolitana. Chissà quando arriverà. Per adesso continuiamo ad avere un Pgt il cui principio di base è stato sancito ai tempi di Masseroli e riconfermato (ed emendato) da De Cesaris. Il Pd ha detto la sua su San Siro, ma dopo mille tentennamenti e con voti contrari o con fortissimi mal di pancia: il partito di Capelli è per vendere l’area di San Siro e usare i 200 milioni ricavati per arrivare all’occupazione piena delle case popolari di MM entro il 2027. Chissà – visto che il presidente Simone Dragone è in scadenza, dopo due mandati di servizio e sacrificio, spesso in silenzio – chi arriverà a gestire questa impresa. Altra domanda, chissà se mai si arriverà da qualche parte sulla vicenda dello stadio.

Ci si consenta un po’ di pessimismo. Altre questioni aperte su cui sarebbe interessante avere una risposta politica dal Pd: come si pone nei confronti delle partecipate A2a e Sea. Finora sono state lasciate a prosperare. Oggi con la contrazione di bilancio c’è chi pensa di privatizzare, e chi pensa di impostare una politica di incameramento degli utili decisamente più aggressiva che in passato. Non si registra dibattito interno (figurarsi esterno), ma magari qualcosa si saprà proprio oggi alle 21 al Cam di Corso Garibaldi 27, all’evento “Avere di più, pagare di meno”, organizzato dal circolo Aldo Aniasi.

Al di là delle contingenze politiche – il nuovo assessore alla Casa dovrebbe essere scelto entro la settimana, e Beppe Sala ha detto “meglio politico che tecnico” – è il clima generale e di indirizzo da parte di una maggioranza divisa anche sui fondamentali a dare l’impressione di un impasse di lungo periodo. l’urgenza di chiarirsi le idee, specialmente nel Pd, è forte. ma alla destra non basta sventolare in Consiglio cartelli da assemblea condominiale per candidarsi al futuro.
 

Di più su questi argomenti: