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L'Atm vola (a Parigi) e l'ad Giana corre (in Aspi). L'ora delle scelte

Daniele Bonecchi

L’azienda dei trasporti meneghina si è aggiudicata la gestione di 18 linee di autobus nella capitale francese, mentre il manager che la guida da tre anni è pronto a sbarcare in Autostrade. Toccherà a Beppe Sala sbrogliare la matassa, e al momento sul tavolo ci sono due nomi “pesanti”

C’era una volta la Prima Repubblica. Quando i capi azienda delle municipalizzate (oggi partecipate) erano esponenti di razza dei partiti, forgiati nelle amministrazioni locali, in Parlamento e poi, per garantire l’indirizzo delle aziende di servizi che accompagnavano i cittadini nella vita di tutti i giorni, venivano piazzati alla loro guida. Non senza qualche effetto degenerativo. Gianfranco Rossinovich (Pci) all’Aem (oggi A2A), Maurizio Prada (Dc) all’Atm, Giovanni Manzi (Psi) alla Sea. Oggi sono i manager puro sangue a occupare le posizioni di vertice, molto spesso con risultati positivi. E’ il caso di Atm, l’azienda dei trasporti di Milano, invidiata da molti per l’efficienza, eternamente in competizione con la cugina regionale Trenord. Bobo Maroni e Giuliano Pisapia, saggiamente, avevano iniziato a ragionare di una fusione e comunque sulla necessità di far collaborare le due aziende, visto che quegli 800 mila passeggeri di ogni giorno, ancora oggi, saltano giù dai vagoni di Trenord e s’infilano nella metropolitana di Atm.

Negli ultimi tre anni Atm – che ha subito in questi giorni un attacco hacker ai propri abbonati (senza conseguenze) – è stata guidata da Arrigo Giana, manager coi fiocchi, già negli organici dell’azienda di Foro Bonaparte dal 2000 al 2013, poi alla Cotral di Roma, sempre o quasi alla guida di aziende di trasporti. Negli anni l’azienda – che oggi è paradossalmente in difficoltà in casa, nel trovare personale disposto ad affrontare il costo della vita della città-vetrina – si è imposta anche a livello internazionale, vincendo numerose gare all’estero: a Copenaghen gestisce 4 linee metropolitane a guida automatica, 44 stazioni, e una Light Rail con 29 stazioni; a Salonicco, è impegnata a guidare una linea della metropolitana per 13 stazioni. Ma il gol più bello Atm l’ha fatto a Parigi, in casa del colosso Ratp, dove si è aggiudicata la gestione di 18 linee di autobus della Croix du Sud, nella zona sud-ovest della capitale francese. Milano, col completamento della linea 4 del metrò fino a Linate, si è pienamente allineata agli standard europei accompagnando i passeggeri in un quarto d’ora nel City airport: una svolta per la città del business. Coi prolungamenti delle linee metropolitane in programma Milano potrà offrire, grazie ad Atm, un servizio eccellente, certificato anche dalla mappa dei valori immobiliari (di cui il Foglio ha scritto di recente). 

 

                             

 

Come capita spesso ai manager, però Giana è in procinto di lasciare Atm: è stato designato alla guida della società Autostrade che, dopo la tragedia del ponte Morandi è tornata a essere pubblica. Un incarico difficile ma importante. Toccherà a Beppe Sala sbrogliare la matassa dell’azienda dei trasporti meneghina. Il cda, presieduto da Gioia Maria Ghezzi, una manager del mondo assicurativo con esperienze in McKinsey e alla presidenza di Ferrovie dello stato, scade nell’aprile del prossimo anno. Difficile che il Pd tocchi palla con un candidato di bandiera. Toccherà a Sala decidere se pescare nel cda, con tutti i rischi del caso, o scegliere l’usato sicuro. Infatti in Foro Bonaparte al momento ci sono due nomi “pesanti”. Quello del direttore operativo dell’azienda, Amerigo Del Buono, ad della linea 4 della metropolitana, già direttore d’esercizio di Atm, laureato al Politecnico, spiccate doti manageriali e una competenza invidiabile nel campo dei trasporti pubblici, ha tutte le carte in regola per guidare l’azienda nel segno della continuità. L’altro nome è quello di Alberto Zorzan, formatosi in Atm, oggi direttore generale di Atac, Azienda del Trasporto Pubblico di Roma. La soluzione del rebus potrebbe essere vicina. La palla è nel campo di Beppe Sala, sempre che non si affacci il male di stagione: l’amichettismo. Ma non è lo stile del sindaco.
 

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