Urne per i populisti

Fabio Massa

Perché le amministrative di domenica (Sesto, Monza, Lodi, Como) sono un banco di prova per il M5s

Circa un anno fa Silvio Berlusconi ha visitato Brugherio, paese brianzolo famoso per l’Edilnord, la prima pietra dell’impero, che nel 2016 festeggiava i 50 anni. In quella sede, quando già aveva il mazzo di fiori di prammatica in mano, il Cav. pronunciò una delle sue famose battute, chiedendo all’organizzatore della giornata, dal palchetto, quale è la differenza tra un carciofo e una supposta. Chissà se a quella battuta un po’ sconcia sanno rispondere i dirigenti del Pd che si trovano a dover affrontare, domenica, uno dei passaggi più stretti degli ultimi anni, a livello di elezioni amministrative. Un passaggio stretto ed importante, giacché si tratta al contempo di un banco di prova per la forza del M5s, una cartina di tornasole per la rinascita di Forza Italia in ottica anche (ma non solo) anti-leghista, e ovviamente una prova generale in vista delle prossime e vicinissime regionali (che potrebbero coincidere con le politiche, forse). Quindi: occhi puntati sulle partite grandi e iconiche di Monza, Lodi, Como. E soprattutto Sesto San Giovanni. Qui Monica Chittò, probabilmente, non ce la farà al primo turno.

 

L’incognita è su chi la sfiderà: il candidato forzista Di Stefano, il moderato Caponi o il candidato pentastellato Foderaro? Stefano Buffagni, consigliere regionale che in molti vorrebbero uomo dei Cinque stelle per la presidenza regionale, la riassume così al Foglio: “Noi sappiamo di essere l’unica forza di cambiamento. L’unica forza capace di governare. Se a Sesto San Giovanni si vuol cambiare, siamo l’unica alternativa”. Messaggio è chiaro, con sottinteso: i pentastellati vogliono dimostrare di essere più governativi che talebani. Prendere la Stalingrado d’Italia avrebbe un significato enorme, per il M5s, e per il Pd che scommette sul Modello Milano sarebbe un brutto inciampo. Soprattutto ora che i guai di Penati sono finiti in gloria (ora si diletta con il basket). Da notare che gli altri due candidati, se non si elidessero, probabilmente eguaglierebbero la Chittò. Le urne daranno il responso ma se davvero moderati alla Parisi, forzisti e leghisti raggiungessero il 40 per cento nella Stalingrado d’Italia, allora una riflessione sul resto del paese andrà pur fatta.

Le storie di Lodi, Como e Monza sono diverse. Ma ognuna racconta qualcosa del tempo attuale. A Lodi, regno di Lorenzo Guerini. Ma anche un terreno fertile per i Cinque stelle e un banco di prova in un’area a vocazione imprenditoriale-agricola. Funzionerà? Oppure Carlo Gendarini del centrosinistra, che pare in leggerissimo vantaggio su Sara Casanova del centrodestra unito, prevarrà? A Lodi c’è un candidato di Sinistra Italiana: Stefano Caserini. Primo test anche in ottica regionali per il lato sinistro dello schieramento. A Como invece è avanti il centrodestra, con Mario Landriscina, malgrado il sindaco uscente sia un dem (che non si ricandida). Il centrodestra è forte, e Forza Italia pare lo sia anche di più. In un terrirorio che tradizionalmente amava la Lega di Bossi. Sarà un test, sotto questio profilo, anche per il moviemnto di MatteoSalvini. Ma il centrosinistra a Como ha cercato e trovato un Papa straniero in Maurizio Traglio, imprenditore, che ha cominciato a macinare consenso. Anche qui, i pentastellati pestano duro sull’onestà e la trasparenza (che altro?), con Fabio Aleotti. Infine, Monza. Tutti dicono che ri-vincerà Roberto Scanagatti.

 

Uno di sinistra, non renziano quando gli altri erano renziani, ora più vicino a Renzi di tanti renziani della prima ora. Scanagatti non passerà al primo turno, secondo i bene informati. Ma i Cinque stelle di fatto non esistono, azzoppati da faide interne che alla fine hanno portato alla candidatura di Danilo Sindoni, 17 voti alle consultazioni online, dopo il ritiro di Doride Falduto (Bedori-style). Il centrodestra, anche qui unito, è rappresentato da Dario Allevi, ex presidente della Provincia. Forza Italia è tonica, sta bene. “Gli abbiamo dato spazio noi, e loro sono tornati a lavorare. Per fortuna anche contro i Cinque stelle”, mormorano i dem. Chissà se qualcuno inizia a chiedersi la differenza tra un carciofo e una supposta.

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