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Come scorre bene (e rende pure) l'acqua pubblica

Giovanni Seu

Consigli da Milano all'Italia assetata 

Nell’Italia dell’afa e della grande siccità e degli acquedotti colabrodo, e delle polemiche inutili sul “bene pubblico”, Milano ha qualche consiglio da dare. O meglio, trattasi di buon esempio. E’ finito il tempo in cui le società di gestione dell’acqua pubblica erano considerate semplici portatori d’acqua. Per MM, Metropolitana Milanese, che gestisce la città di Milano, e Cap Holding che rifornisce 196 comuni dell’area metropolitana il futuro è rappresentato da mega piani d’investimento per rendere più efficiente la rete con operazioni di raccolta fondi e la diversificazione delle attività. Il rapporto con la politica rimane stretto ma è cambiato rispetto al passato: ai soci non arriva più il dividendo che ogni anno serviva a rimpinguare la casse comunali, oggi gli utili vengono reinvestiti. In questo nuovo contesto risulta così superato il discorso di apertura parziale o totale ai privati: “Non è più attuale – spiega Stefano Cetti, direttore generale di MM – oggi il dibattito è tra buona o cattiva gestione. Siamo una multiservizio che si occupa anche di acqua, oltre che di case comunale e infrastrutture, e operiamo sul mercato come i privati”. Dello stesso avviso Alessandro Russo, presidente di Gruppo Cap: “Il tema è qual è lo strumento migliore per realizzare gli obiettivi: il sistema in house ha dimostrato di essere più valido, come insegnano i casi di Parigi, Berlino Budapest con il passaggio dal sistema misto a quello pubblico”.

   

I numeri dimostrano che le public utilities si iscrivono nel novero delle eccellenze industriali lombarde. MM, unico socio il Comune di Milano, gestisce una rete di 2.295 chilometri e serve una popolazione di oltre 1.200.000 che supera i 2 milioni considerando i city users. Le perdite d’acqua rappresentano il 12%, una cifra molto lontana dalla media nazionale del 32%, competitiva anche a livello europeo considerato che il benchmark è fissato al 15%. Dei 1.200 dipendenti 500 sono adibiti al settore idrico, il bilancio del 2016 ha prodotto ricavi per 213 milioni e un utile di 18. Gruppo Cap è controllato dai comuni dell’area metropolitana, tra cui Sesto San Giovanni e Monza, con circa 2.500.000 utenti e una rete di 6.483 chilometri che perde circa il 18%. L’ultimo bilancio presenta un fatturato di oltre 300 milioni e un saldo di gestione che sfiora i 30, i dipendenti sono 850. E’ sul versante degli investimenti che emerge in modo particolare l’approccio privatistico. MM per i prossimi tre anni ha elaborato un piano che sarà finanziato con un prestito obbligazionario di 100 milioni di euro e con un altro prestito di 70 milioni della Bei, la Banca europea degli investimenti. Operazioni che sono valse un giudizio di rating Investment Grade da parte di Moody’s (Baa2) e Standard & Poor’s (BBB-). “Sono iniziative importanti – afferma Cetti – che ci daranno una spinta per raggiungere maggiore efficienza e innovazione. Abbiamo fatto molto negli ultimi anni, tra le ultime cose ricordo i contatori intelligenti che consentono di calcolare una bolletta più giusta, ma non basta: dobbiamo diventare come le grandi aziende dell’energia e del gas”.

   

Il piano di investimenti del Gruppo Cap prevede 536 milioni di euro per il periodo 2017-21. Per finanziare i progetti di economia circolare, ovvero il recupero di energia di prodotti una volta classificati come rifiuti, è stato emesso un green bond di 40 milioni. Anche per la holding di Assago questo sforzo ha avuto il riconoscimento del Top Utility 2017, ovvero è stata premiata come la migliore azienda pubblica italiana. “Siamo in un momento di svolta – sostiene Russo – e siamo pronti a assumerci compiti nuovi come la gestione degli allagamenti e l’impegno in settori quali la produzione di fertilizzanti, il biometano dei funghi e la risistemazione della struttura energetica”. Sembra invece tramontato il progetto di fusione tra le due società, come pure l’ingresso di nuovi soci o la quotazione in Borsa. Il risultato per gli utenti? A Milano e nell’area metropolitana un metro cubo di acqua vale quasi un euro, una famiglia media spende circa 200-250 euro l’anno per l’acqua. Poco se si pensa che a Parigi un metro cubo vale 2,50 euro e a Berlino 3 con le bollette parametrate su questi valori.

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