Tech and the City. Ecco com'è fatto l'hub europeo di Alibaba
Cipriani Foresio è l’uomo di Jack Ma a Milano, e ci spiega come si fa a gestire un business potenziale da tre miliardi di euro
Non parla il cinese ma con Jack Ma, il grande capo, s’intende benissimo. Lingua troppo complicata, difficile, qualche lezione “ma non ce la si può fare”. Gli basta l’inglese, e poi quel suo modo di fare assai milanese, che rivela forza e tenacia, il gioco è fatto. Di Rodrigo Cipriani Foresio, 25 anni in Mediaset, ex presidente di Buonitalia e dell’Istituto Luce, dicono che potrebbe vendere il ghiaccio agli eschimesi. A lui bastano, per ora, quei 454 milioni di clienti che comprano su Alibaba, colosso dell’ecommerce cinese, il più grande marketplace al mondo nato 17 anni fa da un’intuizione di Jack Ma per aiutare le piccole medie aziende a fare business, e di cui Cipriani Foresio è oggi managing director per tutto il sud Europa (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia). E lo è da quando Alibaba ha deciso, nel 2015, di fare proprio di Milano, baricentro basso del sistema, il proprio hub nel Vecchio continente. Da una parte 12 milioni di aziende che vendono in Cina sulle piattaforme di Alibaba i loro prodotti e dall’altra milioni di clienti che acquistano. “Noi li mettiamo in contatto. E tra chi vende e chi compra ci sono in mezzo 2 miliardi di prodotti. Ogni giorno consegniamo circa 50 milioni di pacchi; nel nostro giorno speciale, l’ultimo single day, l’11 novembre del 2016, siamo arrivati a 657 milioni di pacchi in un giorno. Un termine di paragone: le Poste italiane ne fanno 100 milioni l’anno”.
Milano è il quartiere generale europeo. Il primo ufficio, vicino alla Stazione Centrale, era stato inaugurato nel 2015, ed è stato sostituito con quello attuale, in Corso Europa: 300 metri al settimo piano con vista sui terrazzi verdi della città. “Milano rappresenta la nuova strategia di internazionalizzazione del gruppo nonché una promessa mantenuta: quella fatta da Ma a Matteo Renzi, allora presidente del Consiglio, di un’apertura in Italia”. La scelta non poteva che cadere su Milano: “Il business è qui, le aziende sono qui , la finanza è qui, non c’era altra opzione. Sono andato a colpo sicuro. Milano è un eccellenza per l’export. Il fashion, la moda, il design, il food, il Salone del Mobile. Milano ha la responsabilità del sud Europa, Italia, Spagna, Grecia e Portogallo e da un mese (oggi prima riunione nei nostri uffici) coordinamento per l’apertura degli store in tutta Europa. Milano se l’è meritato”. Anche l’Expo ha dato una spinta notevole e il capoluogo lombardo, negli ultimi tre quattro anni, è cambiato in modo impressionante. “E’ servita anche perché quell’anno sono arrivati quasi tre milioni di cinesi e anche quest’anno se ne prevede l’arrivo di 3 milioni e mezzo. Si stima che nei prossimi anni queste cifre raddoppino”. Fondamentale, ci spiega, è far conoscere l’ecosistema Alibaba. Un esempio? Alipay.
“Un sistema di pagamento unico, usato da 550 milioni di cinesi che fa più transazioni di Mastercard, è un’app sul cellulare. Da tre mesi, in seguito a un accordo con Unicredit che stiamo perfezionando anche con Intesa Sanpaolo, Alipay è utilizzabile in oltre seimila negozi italiani, per la maggioranza a Milano. Quindi, il cinese che arriva e che spenderebbe non più di diecimila dollari, con Alipay può spendere molto di più. L’anno scorso i tre milioni di cinesi arrivati in Italia si stima abbiano speso tra i mille e i milleduecento euro a testa, che non è molto, ma tre milioni per mille fa tre miliardi. Ora con Alipay possono spendere tranquillamente il doppio. Un grande vantaggio per le aziende italiane, soprattutto locali. Obiettivo? Arrivare in ventimila punti vendita”.
Alibaba Italia ha una mission precisa: aprire alle aziende un mercato di oltre 490 milioni di consumatori, mettendo a loro disposizione una straordinaria e unica piattaforma, una porta d’ingresso sul mercato cinese. “La missione ultima del gruppo è infatti consentire a tutti di fare business in modo semplice, ovunque. Dopo due anni sono presenti più di 150 store italiani sulla piattaforme B2C Tmall e Tmall Global che vendono oltre mille brand italiani”. Le cifre parlano: “Alibaba si definisce anche una big data company che dice quali sono i brand emergenti. La Cina è in mano ai giovani, l’85 per cento dei nostri clienti ha meno di 35 anni. Alibaba, pur essendo una ecommerce company, sta comprando catene ‘fisiche’ nel settore fashion, elettronica e supermercati, crediamo molto nell’integrazione online con offline”.
Milano ha dimostrato di essere al passo con i tempi. “Il primo store che abbiamo aperto è stato con un’azienda milanese come Pirelli (seppure milanese non è più, ndr), anche Marco Tronchetti Provera ci ha creduto molto fin dall’inizio. Altro store legato a Milano è l’Alfa Romeo, aperto due mesi fa, un case history mondiale, citato anche alla presentazione dei dati di Alibaba alla Borsa, quando è stato chiuso l’anno tre mesi fa: sono state vendute 350 Giulia Milano in 33 secondi”. E piace molto ai cinesi, Milano. “La Rinascente è il loro luogo per eccellenza, senza dubbio vengono per lo shopping ma vanno pure a visitare il Cenacolo”. E non dimentichiamo che hanno fatto shopping nel calcio: “Non c’era alcuna trattativa con il Milan, tutto inventato, ma Alibaba ha comprato indirettamente l’Inter. In tanti non l’hanno capito: Il 20 per cento di Suning è di Alibaba quindi dell’acquisto dell’Inter se ne sono accorti in pochi. Berlusconi, uomo curioso, ha incontrato il presidente di Alibaba, ma ha parlato di altre cose e non della squadra di calcio, voleva sapere della nostra realtà”. Intanto su Alibaba, però, aprirà lo store del Milan. Così hanno già fatto la Juve, il Real Madrid, il Bayern Monaco e, nelle prossime settimane anche il Manchester City. Se il calcio è una passione, a Cipriani Foresio non spiace per nulla integrare le strategie del nuovo business cinese con le vecchie passioni personali, con quel tocco di fedeltà alle amicizie che è un tratto del carattere dei milanesi che piace molto ai businessman di Pechino. Così, pur con un lavoro da giramondo, Cipriani Foresio non ha mai dimenticato i compagni di scuola dello Zaccaria. Il loro professore li chiamava “quelli del bar del Giambellino”, come ne “La ballata del Cerutti Gino” di Gaber. Andrea e Lorenzo Pignataro, Marco Sala, Gianluca Lavizzari e tutti gli altri, almeno una volta l’anno se ne vanno a Muricci, nel Chianti, a giocare nel Real Muricci contro le squadre del luogo. E non finisce lì, perché Rodrigo si occupa perfino del Mazara calcio: “Quella è una cosa che ho fatto per affetto e per ricordo, perché mia moglie Ilaria, che è mancata due anni fa, era di Mazara e là ho passato tutte le mie estati da giovane con lei”. Globale, locale.